KTM si salva e diventa indiana?
Il 23 maggio è la scadenza decisiva per KTM: entro quella data deve versare 600 milioni di euro per evitare la liquidazione. A quanto pare ci penserà la casa indiana Bajaj a coprire il "buco"

Il conto alla rovescia era partito da mesi. Il 23 maggio 2025 era la data chiave: entro quella scadenza, KTM avrebbe dovuto versare circa 600 milioni di euro su un conto vincolato, gestito dall’amministratore fallimentare Peter Vogl, per onorare il piano di ristrutturazione approvato dai creditori lo scorso 25 febbraio. In gioco non c’era solo la sopravvivenza del marchio, ma l’intera struttura del gruppo, con KTM AG, KTM Components e il reparto Ricerca & Sviluppo coinvolti nella procedura d’insolvenza aperta a fine novembre 2024. Fino a pochi giorni fa, però, la domanda era ancora aperta: da dove sarebbe arrivato quel denaro?
La mano di Bajaj
La risposta, per quanto non ufficialmente confermata da Mattighofen, sembra ormai chiara: da Bajaj, il colosso indiano infatti è già socio storico di KTM con una partecipazione (indiretta, via Pierer Mobility) prossima al 50%.
Secondo quanto riportato dal The Economic Times, proprio Bajaj avrebbe infatti aperto un finanziamento da 566 milioni di euro: una mossa che ha permesso a KTM di dichiarare, con tre giorni d’anticipo sulla scadenza, di aver ottenuto “le necessarie garanzie finanziarie per adempiere al piano di ristrutturazione”. Il significato implicito è evidente: il gruppo indiano ha di fatto salvato KTM, rafforzando però – in parallelo – la propria influenza sulla casa austriaca. A questo punto la domanda è un’altra: quanto resta ancora di “austriaco”?
Il futuro è ancora in Austria?
Se fino a oggi KTM ha mantenuto la produzione dei modelli di media e alta cilindrata a Mattighofen, mentre demandava agli stabilimenti indiani le piccole cilindrate fino a 400 cm3, la nuova fase potrebbe ridisegnare gli equilibri. Il rischio – o per alcuni, la naturale conseguenza – è che parte della produzione venga progressivamente spostata in India o nel Sud-Est asiatico, dove i costi sono minori e i volumi potenzialmente più alti. In questo scenario, KTM rischia di diventare sempre più un marchio “a controllo indiano” e sempre meno una realtà produttiva radicata in Austria. Il tempo dirà se si tratterà solo di una transizione gestionale o di un cambio più profondo dell’identità industriale e strategica del brand.
Le ottimiste ma caute parole del nuovo CEO
Nel frattempo, a firmare il comunicato ufficiale che annuncia la “salvezza” della KTM AG è Gottfried Neumeister, subentrato a Stefan Pierer al timone dell’azienda. Il nuovo CEO ha parlato di “un forte segnale di fiducia nella capacità futura del gruppo e dei suoi marchi”, definendo l’operazione un “traguardo importante per la stabilizzazione e il rilancio strategico della KTM AG”, in particolare per “dipendenti, clienti, concessionari, fornitori e l’intera community KTM”. Parole che rassicurano, ma che non nascondono le incognite: il salvataggio è arrivato, ma ora si apre una nuova fase fatta di ridefinizione, riorganizzazione e – inevitabilmente – di nuove decisioni strategiche.