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La mia Hat parte prima: la magia del villaggio tra vecchie glorie e ultimi preparativi

Il racconto della vigilia: il diluvio dopo la siccità, "vecchiette" che non vogliono partire, i campioni che vivono il parco chiuso insieme ai semplici appassionati. L'Hardalpitour è soprattutto una festa, ma più la partenza si avvicina più si fa fatica ad aspettare di aprire il gas
L'Hardalpitour è un'avventura: diversa per ognuno, con il comun denominatore della passione per le due ruote che unisce gli appassionati di ogni estrazione. Guido Sassi ha partecipato alla Classic con una Honda Dominator prima serie: il nostro reporter ha raccolto lungo il percorso parole e immagini di una festa lunga tre giorni. 

La Hat in salsa vintage
Se corrisponde a realtà il detto che dice “Quel che non c'è non si rompe” è vero pure che l'off road con una moto agée implica un rapporto particolare con il proprio mezzo meccanico. Le certezze di un'equazione matematica che regola il funzionamento di una moderna due ruote lasciano spazio a una relazione molto più complessa: teoria, sentimenti, manualità e superstizione si fondono in una corrispondenza non sempre simmetrica, ovviamente sbilanciata in favore della propria creatura.
La Honda Dominator è una delle più robuste e affidabili dual mai prodotte e nei giorni precedenti l'Hardalpitour 2019 ho ricevuto solo incoraggiamenti riguardo all'intenzione di partecipare alla Classic con la mia prima serie, anno 1988. La Rossa tra l'altro aveva sempre girato come un orologio, per cui non c'era ragione per temere tradimenti di sorta. La Hat inoltre è per eccellenza uno degli eventi che danno spazio alla voglia di macinare chilometri anche con enduro d'epoca e il mio non era certo un caso isolato: basti pensare che al via erano presenti svariati TT, XT, DR e la regina delle antenate: una meravigliosa Bmw R80 GS del 1983, al settimo giro di contachilometri. 357mila chilometri e non sentirli!
Per fare la Hat non servono preparazioni particolari (della moto): una revisione generale del mezzo, un cupolino più protettivo per non rischiare di ammaccare il navigatore e due camere rinforzate su pneumatici semi-tassellati possono bastare ad affrontare l'avventura in serenità. Certo, bisogna pregare di non trovare troppo fango e accettare di sentirsi un po' Lucio Battisti nella guida notturna: comunque i boschi al 6 settembre si presentavano reduci da un'estate povera di precipitazioni e le luci del Domi sono pur sempre meglio che guidare a fari spenti, per cui non c'era ragione di nutrire eccessivi timori.



Scherzi dell'ultima ora e preparativi frenetici
Detto questo, alla mattina di venerdì mi apprestavo a partire per Sanremo da Genova sotto la versione contemporanea del diluvio universale e la moto per la prima volta nel corso del nostro matrimonio si rifiutava categoricamente di partire. Con due ore di ritardo sul programma e grazie al provvidenziale avviamento a pedale alla fine riuscivo a mettermi in marcia.
All'arrivo nella Città dei Fiori il pomeriggio di registrazioni e già una felicità per gli amanti della moto: il parco chiuso/village della Hat è in riva al mare, zona vecchia stazione di Sanremo. L'atmosfera della partenza è un misto tra gara e festa: ha quell'inconfondibile fascino fatto di saluti a vecchi amici, frenesia degli ultimi preparativi e chiacchiere da bar. “Sono alla mia prima Hat – dice Simone, da Fossano-. Mi sono iscritto alla Classic con un gruppo di ragazzi del mio paese, ci siamo conosciuti su Facebook”. “ Era un po' che la volevo fare – aggiunge Walter- quest'anno ho trovato la compagnia e così siamo qua”. “Abbiamo ricevuto qualche dritta da un nostro illustre concittadino – proseguono-. Roberto (Boano, ndr), ci ha consigliato un sonnellino prima di entrare nella parte di sottobosco sabato notte/domenica mattina, in modo da affrontarla più riposati”. Simone è iscritto con una Africa Twin RD04 completamente rivista dallo specialista piemontese, un vero gioiello tra tante altre belle moto. C'è poi chi è sceso dalla Val d'Aosta e ha già preso un bell'antipasto di pioggia, ma i partecipanti alla Hat hanno la scorza dura e un animo da casalinga: fanno un riposino con i panni stesi su un albero, asciugandosi in attesa della partenza notturna dell'Extreme.



I campioni non mancano
Molti gli stranieri, soprattutto di lingua tedesca e francese, ma non mancano i campioni che hanno fatto la storia tra le dune del deserto. Bruno Birbes ha legato il proprio nome alla casa dell'Elica e con una Bmw si appresta a partecipare alla Hardalpitour per l'ottava volta, insieme all'amico Aldo Winkler: “Sono qui con la replica di una Evum Bmw, una Gr.5 con cui negli anni '70-'80 i tedeschi correvano alla 6 Giorni e al Valli Bergamasche. Siccome però sono un po' vintage anche io, ora abbiamo l'avviamento elettrico, che al tempo ovviamente non c'era”. 75Cv per 160kg, la Evum è una vera moto da enduro con qualche moderna attenzione: per ottenere l'omologazione FIM deve avere sospensioni originali, ma il mono, uguale esternamente, è un moderno Bilstein.
Nel villaggio della Hat pochi metri separano tra loro diversi decenni di evoluzione motoristica: al fianco della Evum e delle Gilera Rc600 (anche queste replica) di Birbes c'è Renato Zocchi, con il suo fedele Honda X-Adv. Centralina tarata su un nuovo scarico SC-Project e un ammortizzatore posteriore regolabile esternamente sono le ultime modifiche, per uno “scooter” che pesa 240kg ma sembra non sentirli: “È molto maneggevole, questo è l'evoluzione di quello che ha fatto la Gibraltar Race. Certo, in frenata il peso lo senti ma la moto si guida benissimo”.
Terminato il rito delle iscrizioni c'è ancora tempo per l'aperitivo, la cena e il briefing: i partecipanti alla Extreme partono nella magia della notte, un centinaio di fari che illuminano i primi chilometri di oltre 800. Per noi invece c'è un comodo letto che ci porterà fino al mattino del sabato, quando da  programma anche Discovery e Classic partiranno dal palco della Hat.

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