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Le moto della Parigi Dakar: dai grossi bicilindrici alle 450 da gara

Il rally più famoso al mondo è cambiato completamente, così come le moto impiegate. Nei primi anni '80 la maratona africana era il terreno per sperimentare le soluzioni più diverse, oggi c'è uno standard unico dettato dal regolamento. E se un viaggiatore volesse ricalcare le orme delle prime edizioni? Whip fornisce le tracce dell'edizione 1983 per i più temerari

Qual è stata l'evoluzione delle moto che hanno corso al Dakar? E oggi sarebbe possibile tornare a calcare quelle piste, con che moto eventualmente? Dopo l'articolo di raffronto tra le vecchie e le nuovi edizioni del rally più famoso al mondo, riprendiamo nuovamente quanto pubblicato da Whip per entrare nelle pieghe della storia della grane maratona africana.

 

Un inizio avventuroso

Agli esordi del Dakar, non c’era una particolare regolamento che limitasse le motociclette in gara, chiunque poteva prendere una qualsiasi moto in produzione e attrezzarla come meglio riteneva per affrontare la competizione.

Per esempio, la vincitrice della Parigi-Dakar 1983 fu la bicilindrica BMW 980. Nonostante il peso mediamente superiore di una cinquantina di chili rispetto alle concorrenti (Yamaha XT e Honda XR), si dimostrò un mezzo vincente, grazie alla potenza del motore da 60 cv e alla sua affidabilità sulle lunghe distanze. La R80 G/S aveva già conquistato l'edizione 1981 e aveva fatto capire che nella scelta tra monocilindrici e bicilindrici la tendenza sarebbe stata in favore di questi ultimi. Ma ci furono anche esperimenti più arditi: la Yamaha FZT 750 del 1986 montava addirittura un 4 cilindri in linea raffreddato a liquido con 5 valvole per cilindro e una potenza di 85 cavalli.

 

Figli delle norme

La più grande svolta regolamentare si ebbe nel 2006, quando furono vietati i motori bicilindrici, per limitare le velocità di punta che arrivavano a toccare anche i 200 km/h. Nel 2011 fu introdotto il tetto di cilindrata a 450 cc limitando le velocità a 150 chilometri orari. L'era delle quattroemmezzo (tuttora in vigore) ha segnato anche il passaggio di tutte le marche a moto pensate appositamente per le competizioni, tanto in termini telaistici che di motore. Oggi non esistono più moto “consumer” che poi vengono portate in gara, e una dakariana non è un mezzo che può tornare utile in nessun modo nell'uso quotidiano.

 

Dalla bussola al gps

Nei primi anni '80 la navigazione era supportata solamente dal roadbook cartaceo (inizialmente su blocknotes, che i piloti strappavano al raggiungimento degli waypoint), e dalla bussola. Dal 1985 venne introdotto il roadbook a rotolo con avvolgimento a mano per evitare di perdere preziose informazioni nel caso si sbagliasse strada. Dal 1990 venne introdotto il roadbook con avvolgimento elettronico che permise ai piloti di scorrerlo senza staccare le mani dal manubrio.

Le moto di oggi navigano sia col roadbook cartaceo che col gps, quest’ultimo viene utilizzato principalmente come riprova ai dati cartacei e supporta la sicurezza dei piloti.

 

La proposta di Whip

Questo articolo riprende in parte le informazioni fornite da Whip, l'azienda di supporto digitale allo sport fondata da Gioele Meoni e alcuni suoi colleghi. Per chi fosse interessato, Whip ha messo a disposizione degli interessati sul proprio sito il percorso della Parigi-Dakar 1983 (attraverso Algeria, Niger, Burkina Faso, Mali, Mauritania e Senegal). Per chi ha una buona dose di coraggio e uno spiccato senso dell'avventura, il deserto è lì ad attendere. Con che moto? Quelle erano Dakar nelle quali non c'era tutta la sabbia di oggi, ma tanta pista. Una bicilindrica sotto i 200 chilogrammi di peso può essere una buona compagnia per un viaggio del genere, a meno che non si voglia vivere il fascino vintage di un'avventura in sella a una vecchia gloria come una R80 G/S, una Africa Twin o un Super Ténéré.

 

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