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Head Turner: della Suzuki GSX1100 è rimasto solo il motore

Il customizer francese Karl Renoult ha ribattezzato la sua creazione “Head Turner” perché quando passa fa girare le teste... Della Suzuki di partenza in effetti è rimasto ben poco

Se alcune moto sono nate per andare veloci e altre per colpire l’attenzione con il loro fascino, per questa Suzuki GSX1100 (qui sotto il modello di partenza) la catalogazione è difficile. Il effetti l'appassionato che si è rivolto ad Ed Turner è a sua volta un designer, l’intesa è stata dunque abbastanza facile. “L'uomo ha gusto, ed è un ricercatore di emozioni”: così lo descrive il customer francese, che aggiunge “siamo andati subito d'accordo”. Dopo solo due telefonate, il progetto era già nato. 
 

Tanto motore e poco altro

L’idea alla base era semplice: un grande motore, racchiuso in una confezione estrema. Con quattro cilindri, sedici valvole e un centinaio di cavalli alla ruota, la Suzuki GSX1100 del 1980 è stata scelta come donatrice perfetta per il cuore di questa special. Karl sapeva che il modo migliore per mettere in evidenza il carattere del motore era ridurre al minimo tutto ciò che gravitava intorno a esso: dopo un duro lavoro di riduzione, tutto ciò che restava era il blocco motore e una coppia di tubi di acciaio. 
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Il motore è una scultura meccanica
 
Anche se il piano originale era di modificare solo il telaietto posteriore, Karl ha deciso di creare un telaio completamente nuovo (qui sotto), in cui ha incastrato un piccolo serbatoio in vetroresina: contiene solo 6 litri, ma Karl calcola che è più che sufficiente per un paio di corse da un quarto di miglio. 
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Da una Buell Karl ha ricavato la forcella a steli rovesciati e i cerchi da 17 pollici (con relativo disco anteriore), che montano ora pneumatici Maxxis Goldspeed. Inoltre, Karl ha montato un monoammortizzatore Hyperpro abbinato a un nuovo forcellone. D’effetto lo scarico quattro in-due. Il faro arriva da una Ford Mustang: è montato su staffe fatte a mano e ricoperte in pelle. Curiosa la provenienza del gruppo ottico posteriore: “È stato fornito dall’amministrazione penitenziaria”, dice Karl, “sono le luci poste sopra le porte delle celle: i detenuti le usano per chiamare 'il servizio in camera'".
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