KTM è fuori dalla crisi e resta in Austria, ma gli indiani sono chiari: bisogna tagliare
L’acquisizione da parte di Bajaj mette in sicurezza il futuro di KTM, ma apre una fase di profonde riflessioni industriali. Tra ricerca, sviluppo e assemblaggio, Mattighofen resterà il cuore del marchio, ma la riduzione dei costi sarà un passaggio obbligato. Un film già visto?
Tra Austria e India
Il messaggio che arriva dall’India è chiaro, almeno nelle intenzioni: KTM resterà un’azienda austriaca. Altrettanto chiaro è però il “sottotesto” che accompagna il sì di Bajaj: senza una drastica riduzione dei costi, il futuro del marchio di Mattighofen non è sostenibile. Dopo il perfezionamento definitivo dell’acquisizione di maggioranza da parte del colosso indiano, in Austria sono tornati a circolare timori già sentiti: tagli, razionalizzazioni e, soprattutto, una possibile delocalizzazione produttiva. A fare chiarezza è stato l’incontro tra una delegazione economica dell’Alta Austria e il vertice Bajaj, avvenuto direttamente in India. Vediamo cosa è emerso dall’incontro…
Il sì di Bajaj a Mattighofen
Durante il confronto con il consigliere regionale Markus Achleitner, Rajiv Bajaj - CEO di Bajaj Auto - ha ribadito un concetto che suona come una rassicurazione: KTM resterà un’azienda austriaca, con il proprio baricentro in termini di ricerca, design e produzione di modelli specializzati. KTM e Bajaj, nelle parole dell’imprenditore indiano, continueranno a essere due realtà distinte, ciascuna con un ruolo ben definito. Tradotto: l’identità del marchio non è in discussione. Lo è però il modo in cui questa identità verrà “sostenuta economicamente”.

Produzione globale, DNA europeo
Lo schema, in realtà, è già noto. La produzione di massa continuerà a essere concentrata in India, mentre a Mattighofen resteranno le attività a più alto valore aggiunto: sviluppo, progettazione e assemblaggio dei modelli che devono incarnare la “qualità KTM”. Un equilibrio che consentirà a KTM di beneficiare dei vantaggi di costo garantiti dalla filiera indiana e, allo stesso tempo, a Bajaj di attingere al know-how industriale e tecnico austriaco e, questo lo aggiungiamo noi, beneficiare del “prestigio” goduto da una casa europea come KTM. Un film già visto, verrebbe da dire: componenti fondamentali realizzati dove costa meno produrli, assemblaggio finale in loco e marchio saldamente ancorato alla propria origine europea.
Il nodo dei costi
Se il messaggio sull’identità è rassicurante, quello sull’efficienza lo è molto meno. Bajaj non ha mai nascosto l’intenzione di “passare al setaccio” l’organizzazione KTM alla ricerca di margini di risparmio. A ribadirlo è stato anche Pradeep Shrivastava, membro del board di Bajaj Auto: l’obiettivo è rendere lo stabilimento del Innviertel più efficiente e riportare l’azienda a una redditività stabile. I numeri, del resto, parlano da soli. Un esempio su tutti: produrre un cambio per moto in India costa il 78% in meno rispetto all’Alta Austria. Una differenza che pesa come un macigno sui conti e che rende inevitabile una riflessione su cosa abbia davvero senso continuare a produrre in Europa.
KTM sì, ma a nuove condizioni
La sintesi è forse tutta qui. KTM continuerà a sviluppare e assemblare moto a Mattighofen, ma dovrà farlo in modo molto più snello, selettivo e razionale. La manifattura resta in Austria, sì, ma solo laddove aggiunge valore reale. Per il resto, la globalizzazione della filiera sembra un passaggio obbligato.
D'altra parte, qualcosa l'avevamo già intuito: Bajaj: il futuro di KTM non può essere in Europa (che è morta)