Bajaj: il futuro di KTM non può essere in Europa (che è morta)
Il nuovo proprietario ha spiegato senza filtri la strategia per rilanciare KTM: ridare identità al marchio e abbattere i costi. Come? Ovvio, spostando la produzione
Un nuovo capitolo
Qualche settimana fa, in occasione di un’intervista rilasciata ai colleghi di Cycle World, Gottfried Neumeister, CEO di KTM dalla primavera scorsa, aveva presentato una lucida analisi circa le scelte sbagliate che, almeno a sua detta, avevano portato al disastro: eccessivi investimenti nel comparto delle bici elettriche, acquisizione di MV Agusta e sovrapproduzione.
Ammessi i problemi e riconosciuti gli errori, la speranza, dicevamo, è che adesso, archiviata la fase di insolvenza, KTM possa con Bajaj guardare avanti ad un futuro più roseo. Un futuro per forza di cose “condiviso”: gli 800 e passa milioni messi sul tavolo dal colosso indiano pesano parecchio e, con loro, le idee e le intenzioni dei nuovi “soci”. Impossibile a tal proposito ignorare quanto recentemente dichiarato da Rajiv Bajaj, numero uno del gruppo indiano.
"La manifattura europea è morta"
Ospite dell’emittente CNBC-TV18 (qui sotto ecco il video), Rajiv Bajaj ha spiegato senza giri di parole cosa, secondo lui, serve per riportare KTM sulla giusta strada: ridare identità al marchio e azzerare i costi. La seconda affermazione fa paura, ma partiamo dalla prima: per Bajaj, il settore moto si divide in due grandi aree. Da un lato ci sono i produttori di massa, con modelli di piccola cilindrata (fino a 350 cm3) venduti in milioni di esemplari, come Honda, Yamaha, Royal Enfield, TVS e la stessa Bajaj. Dall’altro i brand premium, come Harley-Davidson, Triumph, Ducati e, per l’appunto, KTM. “Primo - ha detto il boss indiano - dobbiamo restaurare il marchio, perché con il successo, purtroppo, si tende a disperderlo entrando in troppi segmenti, anche oltre quello principale. Questo porta a una proliferazione di versioni che complica tutto, dalla R&D alle officine dei concessionari".
Poi l’affondo: “La seconda cosa da fare è azzerare i costi. Per dirlo chiaramente: la manifattura europea è morta. L’industria, compresa quella delle auto, lo sa bene. È ovvio - ha spiegato Bajaj senza usare mezzi termini - che ci siano pressioni politiche e sociali che impediscono di spostare tutto fuori dall’Europa, ma guardiamo a Triumph: già 15 anni fa Mr. Bloor ha trasferito in Thailandia il 100% della produzione. Oggi ogni moto Triumph esce da lì o, più recentemente, dall’India. Se Triumph ha potuto farlo allora, perché non KTM?”.
Parole che pesano come una pietra tombale, ma a cui è difficile dar torto, specialmente a fronte di quanto ulteriormente ricordato da Mr. Bajaj “Mentre KTM fatica in Europa, le moto prodotte ed esportate dall’India generano un margine EBITDA superiore al 30%. Merito della competitività della filiera indiana e dei nostri fornitori”.
Ecco l’intervista rilasciata a CNBC - TV18
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