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Renzo e Jarno, 40 anni fa

20 maggio 1973: sono passati 40 anni dal terribile incidente di Monza in cui morirono Renzo Pasolini e Jarno Saarinen. Quella tragedia chiuse l'epopea di un motociclismo sportivo profondamente diverso da quello attuale, fatto di persone e non di idoli, di rischio assaporato con indifferenza insieme a qualche sigaretta nei box, di olio bruciato e di mito

Olio maledetto

I fatti sono noti, ormai confinati in una cronaca tanto gelida quanto ancora misteriosa: 20 maggio 1973, si corre a Monza il Gran Premio d'Italia del Motomondiale. E' il turno della classe 250: nella 350 vinta da Agostini una manciata di minuti prima, la Benelli di Walter Villa rompe il motore, disseminando olio su tutta la pista. Anche, e forse soprattutto, sulla Curva Grande, che si percorre in pieno. In sesta marcia, a quasi 250 km/h, su moto che oggi fanno sorridere per telaistica, pneumatici e impianto frenante. Chi ha corso in 350 si precipita in direzione gara sottolineando la cosa con forza: Kent Andersson sventola sotto il naso degli organizzatori il casco imbrattato d'olio chiedendo la pulizia della pista prima di partire per la gara successiva. Non solo non viene ascoltato, ma viene cacciato in malo modo. Volano anche minacce d'arresto: la 250 deve partire, non c'è tempo da perdere.


Renzo e Jarno

Il periodo storico è di quelli in cui ci si allinea al via senza sapere con certezza se si arriverà al traguardo vivi: come sempre, deve accadere qualcosa di epocale perché qualcuno che tira i fili del circo prenda provvedimenti. Al via, tra i tanti piloti, ne spiccano due con stati d'animo opposti, il sole romagnolo e l'algida luna finlandese. Renzo Pasolini ha grippato in Parabolica mentre era al comando in 350: è riuscito a tirare la frizione per tempo evitando il bloccaggio della ruota posteriore, cavandosela con un dritto e mille imprecazioni per la vittoria sfumata e lasciata al rivale di sempre, il Divino Ago. Jarno Saarinen, per contro, è serafico. Lancia l'ultimo sguardo alla compagna Soili, bella come una Dea pagana, e abbassa la visiera.
 

Il sole e la luna

Sette anni di età dividono Renzo e Jarno, ma le differenze sono ben più profonde. Istintivo il primo, capace di incendiare le folle. Dicono che non ci veda bene, Renzo: e lui, che – sotto la scodella porta gli occhiali – ha già risposto correndo con due occhi dipinti sul casco. E' da una vita che rincorre il Mondiale: sulla sua strada la sfortuna, qualche infortunio e un certo Giacomo Agostini. Non è predestinato come Ago, Pasolini. Ma ha cuore, polso e benzina nelle vene, da buon romagnolo DOC. Quel 1973 può essere il suo anno: la carta d'identità segna quota 35, non c'è molto tempo da perdere. Jarno Saarinen, invece, è un computer arrivato dalla Finlandia: nelle sue prime uscite iridate, usa il carro funebre dell'azienda di famiglia per caricare le moto. E' ingegnere meccanico, appassionato di fotografia: la sua vita è divisa tra le moto e Soili, che a sua volta vede la propria esistenza racchiusa nell'etereo Jarno. E' terribilmente veloce, Jarno, il primo a curvare cercando l'asfalto con il ginocchio: nel 1972 ha vinto il Mondiale 250, è reduce dalle vittorie nella 200 Miglia di Daytona e nella 200 Miglia di Imola, e – in 500 – ha già vinto due gare su due. Ha già in mente un'idea: ancora un paio d'anni in sella e poi, a fine 1974, il ritiro dalle competizioni. Qualcosa cui Renzo mai avrebbe pensato.
 

Il fatale Curvone

Niente giro di ricognizione, si parte. E, come consuetudine, lo si fa a spinta: il tedesco Braun è il più veloce e guadagna la testa. Percorre il Curvone in quinta, guardingo (se così si può dire). Dietro di lui, gli inseguitori intenzionati a colmare il gap. Non c'è tempo, perché l'inferno è dietro l'angolo: al Curvone Pasolini perde l'anteriore, punta il guard rail assurdamente presente e ancor più assurdamente coperto da balle di paglia disposte a spina di pesce, lo colpisce con violenza inaudita. Per lui è la fine. La moto rimbalza in pista, falciando Saarinen e disegnando a tinte fosche l'Apocalisse. Dicono che abbia grippato, Renzo: ma un grippaggio innesca il bloccaggio della ruota posteriore. E di “virgole” sull'asfalto, Pasolini non ne ha lasciate. Se ha grippato, il Paso, è riuscito a tirare la frizione per l'ultima volta.


Senza una verità

Un perché non esiste, non è mai esistito. Anni dopo, Walter Villa, intervistato a Sfide, commenta così: “Che la moto di Pasolini abbia avuto un grippaggio è una cosa risaputa, e sembra sia stata accertata….. ma che la causa della caduta di Pasolini sia dovuta al grippaggio, questo non è stato ancora appurato. Personalmente non credo che la causa della caduta sia dovuta ad un grippaggio, credo anzi che Renzo abbia tirato la frizione per tempo”. Quarant'anni fa, a Monza, caddero dodici piloti durante il primo giro di una gara maledetta. Due non si rialzarono più, altri lo fecero pagando il prezzo di lunghe degenze ospedaliere. Le loro ferite sono quelle del motociclismo di allora. Quelle che hanno chiuso un'epoca, che hanno narrato il mito con l'epica. E che non devono mai perdere Memoria.
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