Piloti che gente: quando corrono con le ossa rotte
Nella storia del motociclismo, il coraggio e la determinazione di tanti piloti hanno spesso vinto sul dolore fisico. Da Nuvolari a Lorenzo, sono numerosi gli esempi di chi ha saputo ignorare infortuni e fratture per salire in sella e correre verso la vittoria...
Quando “la volontà si tempra nel dolore”
C’è stato un tempo in cui, per i piloti, era normale correre “sopra” ai problemi. Anche quelli fisici. Fratture, stiramenti, traumi di ogni sorta ed entità, poco importava: si scendeva in pista, sempre e comunque. La domenica si correva, magari a denti stretti e qualcuno vinceva pure!. Era un’epoca in cui l’elettronica era poca o nulla, e la tenacia contava quanto – se non più – del talento. Il dolore si gestiva, la paura si ignorava. Uno degli ultimi ad aver incarnato questo spirito è stato Jorge Lorenzo, che ad Assen nel 2013, dopo una caduta e un intervento chirurgico alla clavicola, tornò in pista appena due giorni dopo. E corse. Ecco alcuni degli esempi più famosi dei tempi eroici.
- Tazio Nuvolari
Leggenda dell’automobilismo che nasceva, in realtà, come motociclista. Secondo gli annali, dopo essersi rotto entrambe le gambe a seguito di una brutta caduta, pur di non perdere il Gran Premio di Monza, si sarebbe fatto legare alla moto dai propri meccanici…
- Omobono Tenni
Fu il primo non britannico a vincere il Tourist Trophy,nonchè protagonista di un episiodio che ha dell’incredibile. Mentre si allenava sulle strade del Lario per partecipare alla corsa Milano-Napoli nel 1937, un carro sbucò all'improvviso da una traversa e Tenni non poté evitarlo, centrandolo in pieno. L'impatto fu tremendo e dal piede del pilota si staccarono due dita. Tenni non fece un lamento, le raccolse da terra e le mise in tasca avvolte in un fazzoletto, mormorando: "Chissà che non le possano riattaccare". Trasportato in ospedale, durante le cure le due dita rimasero nella tasca del pilota, stordito e dolorante. Quando uscirono dalla sua tasca, le medicazioni erano già state fatte, ed era troppo tardi per tentare un intervento di ricucitura…
- Alex Gramigni
Nel 1992 il toscano si fratturò tibia e perone in Spagna, e fu regolarmente al via nel Gran Premio di casa, quello del Mugello. Vi arrivò in scooter (appunto: letteralmente "di casa"), indossò uno stivale venne issato in sella sull'Aprilia e arrivò undicesimo al traguardo.
- Kevin Schwantz
Nel 1994, in 500, Kevin Schwantz, grande affezionato cliente dei reparti d'ortopedia di mezzo mondo, si fratturò il polso sinistro ad Assen: gareggiò comunque, stringendo i denti e arrivando quinto. Rimane ancora un mistero, smentito dall'ordine d'arrivo, come facesse a comandare la frizione...
- Loris Capirossi
Nel 2000, sempre ad Assen, Loris Capirossi cadde nel warm-up, fratturandosi la mano sinistra. Niente gara? Macché! Curato del dottor Costa, superò per miracolo i test dei dottori olandesi e a scendere in pista. Arrivò terzo, scrivendo una delle più belle pagine della propria carriera. Tagliò il traguardo provato, dolorante oltre ogni immaginazione. Svenne.
- Casey Stoner
Campione indiscusso anche in termini di sopportazione del dolore, l’austrialiano dimostrò nel 2012 un coraggio da leone. Maschera di dolore dopo una frattura alla caviglia con interessamento ai legamenti, chiuse quarto a Indianapolis. Prese il via arrivando alla propria Honda sorretto dalle stampelle, fu a lungo in zona podio, chiudendo dopo un ottimo Dovizioso forse, soltanto a causa del dolore acuto che, immaginiamo, lo tormentò per l’intera gara…
- Jorge Lorenzo
Ultimo della lista il maiorchino campione del mondo. Non a tutti simpatico, si guadagno un posto d’onora tra i piloti più “duri” dopo l’episodio di Assen quando, a poche ore dall'operazione che gli gli rimise in sesto la spalla fratturata (una frattura scomposta, cioè con disallineamento osseo), corse (quasi) come se nulla fosse. L'impresa riuscì: arrivò quinto limitando alla grande i danni in ottica campionato.
E gli altri?
Quelli che abbiamo ricordato sopra sono solo alcuni dei casi più sensazionali. Molti altri piloti, che pur furono costretti a ritirarsi a causa del doloreo dell’impossibilità pratica di guidare, ci provarono comunque, dimostrando che, tutto sommato, ciò che conta sono il coraggio e la determinazione. Un esempio? Quando il buon Petrucci subì una frattura ai metacarpi durante i test a Phillip Island nel 2016, non si diede per vinto e, raccogliendo le forze, volò comunque a Losail per il Gran Premio del Qatar, dove fu però costretto a ritirarsi a causa del dolore e della difficoltà di guidare con la mano infortunata…
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