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Maxi o storiche, al Transitalia preparazioni per tutti i gusti

All'evento di mototurismo organizzato da Mirco Urbinati si poteva partecipare con super enduro o mezzi costruiti prima del 1993. In entrambi i casi si sono viste belle "speciali". Noi abbiamo scelto due Honda agli antipodi per età, configurazione di motore e livello di elaborazione: il CRF1000L ex Africa Race di Paolo Ceci e il Dominator reduce dalla Gibraltar Race di Luca Alessandrini
Ci sono molti modi diversi per partecipare a un evento come il Transitalia Marathon: il nostro Guido Sassi è andato a curiosare al parco chiuso di Rimini per vedere chi e come si apprestava a partire per la quattro giorni di mototurismo.

Le categorie sono due: la prima dedicata alle maxi enduro e la seconda alle moto storiche, prodotte entro il 1992. In entrambi i casi una moto di serie con alcuni accorgimenti può tranquillamente affrontare la manifestazione. Io per esempio mi sono iscritto con un Honda Dominator prima serie, anno 1988, debitamente equipaggiato con pneumatici dual (Continental Tkc80) e posso dire che il numero di moto vintage era piuttosto importante. Allo stesso tempo non è mancata una gran quantità di moderni Bmw GS, Ktm Adventure e Honda Africa Twin gommati per l'uso off road ma sostanzialmente originali. Comunque, anche il numero di preparazioni viste lungo i quasi novecento chilometri del Transitalia non è stato trascurabile, sia per quanto riguarda le moto più moderne che le “vecchiette”. A titolo di esempio e rimanendo in casa Honda abbiamo voluto fare un focus su due esemplari agli antipodi per concezione e realizzazione, la prima in campo maxi moderne, la seconda legata invece ai grandi mono del passato.

La bestia "africana"
Iniziamo così dal CRF1000 di Paolo Ceci, una moto che innanzitutto ha una storia: nel 2017 il pilota modenese in sella al proprio esemplare ha partecipato all'Africa Eco Race: “Abbiamo vinto tre tappe e siamo rimasti a lungo in lotta per il podio” spiega il pluricampione italiano motorally. A differenza di altre Africa Twin che pure hanno partecipato al rally africano, la moto di Ceci è un vero prototipo: il reparto sospensioni è quanto di meglio si possa immaginare, e diciamo immaginare perché sia la forcella Showa all'anteriore da 49mm che il mono posteriore sono di provenienza Hrc e non si trovano in commercio. Le piastre della forcella in alluminio sono ricavate dal pieno; in quanto a carbonio ce n'è in giro un po' dappertutto, a incominciare dal paramotore. In previsione della gara Ceci e il suo meccanico Daniele Santunione avevano dedicato molto tempo ad aumentare l'autonomia di carburante, aggiungendo due serbatoi posteriori supplementari per una capacità totale di 10 litri: “Gli scarichi sono Termignoni, i radiatori maggiorati, i tubi in treccia metallica e poi ci sono la torretta di strumentazione rally e un impianto luci led dedicati”. Tra aggiungere e togliere, la lancetta della bilancia è salita e scesa parecchie volte, e l'Africa Twin di Paolo è ora una creatura che si aggira sui 210 chili a secco: un risultato non trascurabile. “Tra le dune della Mauritania è comunque un peso importante. La sabbia è fine e molto soffice ed è un attimo andare giù”. Il problema ovviamente non si pone al Transitalia e più in generale sui nostri sterrati, dove anzi la creatura di casa Ceci ha un discreto vantaggio in chilogrammi rispetto a tante altre moto simili.

Cura di bellezza per un'anziana signora
Tutt'altro percorso quello seguito da Luca Alessandrini, che ha lavorato parecchio su un vecchio Dominator del 1992, fino a farlo diventare “quasi” un'altra moto. In questo caso il peso si aggira sui 150 chili, già un bel risultato su un mezzo di una certa età. Il Domy di Luca ha partecipato a due Gibraltar Race e quest'anno, fino a pochi giorni dall'arrivo di Finisterre era anche in lizza per un buon risultato: “Poi è scoppiato il mono posteriore” spiega Alessandrini. La moto di Luca ha una forcella con molle Hyperpro dedicate così come l'ammortizzatore posteriore, una torretta Boano Racing con gruppo luci specifico e un trip che sostituisce la normale strumentazione. Pedane maggiorate, sella e fianchi rivisti, il serbatoio in plastica è maggiorato ma non interferisce nella guida in piedi: “Il suo sviluppo è verticale e con queste modifiche la moto è comoda da guidare”. Completa la preparazione uno scarico Arrow. Non sono interventi che hanno stravolto il mezzo, ma così attrezzato il Domy si guida bene e non soffre troppo, nemmeno con quella caratteristica ruota da 17” al posteriore.

Interventi pochi, ma necessari
In generale chi vuole affrontare avventure come il Transitalia o una Hardalpitour non ha bisogno di stravolgere la moto, ma alcune modifiche sono davvero utili a evitare guai e a guidare in sicurezza. Il primo intervento è il più semplice e riguarda gli pneumatici: un paio di coperture dual tendenti al tassellato sono imprescindibili e appena sufficienti nel momento in cui si va incontro al fango. Le camere d'aria rinforzate sono una tranquillità in più, a maggior ragione se si inizia a scendere con la pressione degli pneumatici sotto l'1.5. Il comfort di guida ne guadagna: certo, sulle peggiori pietraie una moto vecchia difficilmente non farà soffrire le braccia, ma il secondo intervento diventa più impegnativo economicamente. Lavorare sulle sospensioni ha un costo decisamente più importante, e non è mestiere che si possa intraprendere a digiuno di competenze. Mettere mano alla forcella generalmente richiede di intervenire anche al posteriore. Soprattutto però, oltre al lavoro di sostituzione la parte più complessa riguarda la taratura dell'insieme. Ci vuole un attimo a ritrovarsi con un cavallo imbizzarrito da guidare e dopo avere speso qualche bel soldino la sorpresa diventa piuttosto difficile da digerire. L'ultimo intervento suggerito può sembrare marginale e invece diventa quasi indispensabile nelle manifestazioni dove la navigazione la fa da da padrona. Uno strumento valido è importante, ma conta ancora di più la posizione in cui lo si mette sulla moto. Montarlo sul manubrio o sul traversino può essere una soluzione immediata, ma la lettura - soprattutto in piedi- diventa quasi impossibile. È necessario perciò portarlo in una posizione più frontale, aiutandosi con un supporto diverso o ragionando su una combinazione torretta-impianto luci differente. A seconda dei gusti estetici e delle possibilità economiche di ognuno non mancano diverse soluzioni praticabili.

Photo Credits: Alessio Corradini e Massimo Di Trapani

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