Salta al contenuto principale

E-bike, aumenta la produzione in Europa

Le bici a pedalata assistita costruite in Europa sono più che raddoppiate, una conseguenza delle misure antidumping introdotte nel 2019 per i modelli importati dalla Cina. Le previsioni sono di triplicare la produzione del Vecchio Continente con vantaggi per l’occupazione e l’ambiente
Incremento di 1,4 milioni di unità
La produzione europea di bici a pedalata assistita è più che raddoppiata negli ultimi due anni, passando da 1,0 a 2,4 milioni di unità dal 2017 al 2019, ed è destinata a triplicare entro i prossimi 5 anni. Ad affermarlo è Moreno Fioravanti, il segretario generale dell'Associazione europea dei costruttori di biciclette (EBMA, European Bicycle Manufacturers Association), che identifica diverse ragioni per l’ascesa del comparto. Oltre alla domanda crescente di e-bike, a stimolare la produzione nel Vecchio Continente sono state soprattutto misure antidumping per i modelli importati dalla Cina introdotte lo scorso gennaio. Un provvedimento che ha stimolato la nascita di nuovi stabilimenti di grandi dimensioni per la produzione di e-bike, in particolare in Romania e Bulgaria, e di telai in lega di alluminio, come quelli in Polonia, Bulgaria e Turchia, e in carbonio, come il nuovo impianto in Belgio. Una tendenza, lo ricordiamo, che riguarda anche l’Italia come dimostra lo stabilimento di Fantic Motor inaugurato lo scorso 30 maggio in provincia di Venezia. Altro fenomeno rimarcato da Fioravanti è l’avvio di nuovi impianti da parte degli ex importatori europei di cicli e l’apertura di sedi in Europa da parte degli ex esportatori cinesi. Un ulteriore fattore a favorire la produzione europea è stata la crescita delle vendite online che, per essere soddisfatta, richiede un sistema produttivo più veloce e flessibile, quasi impossibile da ottenere con lunghe linee di fornitura che si estendono verso l'Asia. Allo stesso modo, le limitazioni alla circolazione di capitale previste per le transazioni extra Ue comporta problemi per la programmazione della produzione in Asia delle e-bike più costose che, quindi, si preferisce costruire in Europa.

Più lavoro e meno inquinamento
Gli effetti dello sviluppo di una filiera industriale di e-bike europea hanno diverse ripercussioni positive. La principale è l’incremento dei posti di lavoro. Secondo Fioravanti, “per ogni 1.000 e-bike prodotte in più all’anno vengono generati da quattro a cinque posti di lavoro sostenibili e di lunga durata, in particolare da giovani altamente qualificati e giovani ingegneri elettronici”. Con l’andamento in corso i 110.000 impiegati europei in 900 piccole e medie imprese presenti in 24 Stati membri possono lievitare di circa 5.000 unità all’anno e anche di più. Le previsioni di Fioravanti per i prossimi cinque o sei anni sono di arrivare a una produzione europea di 7 o 8 milioni di e-bike all'anno ed elevare l'occupazione fino a 160.000 o 170.000 addetti. Di rilevo è pure il risparmio in termini di emissioni di anidride carbonica e di inquinanti dovuti al trasferimento della produzione dalla Cina all’Europa. Secondo il segretario generale di EBMA l’importazione dalla Cina di una bici tradizionale o elettrica comporta tra 91 e 123 kg di emissioni pericolose extra. A generarle sono soprattutto l’ampio utilizzo del carbone con fonte di energia per i stabilimenti cinesi e il rilascio di inquinanti delle navi porta container, una delle maggiori fonti di sostanze tossiche nell’Unione europea. Se l’intera produzione di cicli per il mercato europeo (circa 20 milioni di unità all'anno) fosse effettuata in oriente, afferma Fioravanti, si avrebbe un aumento delle emissioni di circa due milioni di tonnellate di CO2 e di anidride solforosa.

Aggiungi un commento