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Doppia tassa da 5 euro sugli acquisti online: l'era dei pacchi gratis è finita

Dal 2026 le spedizioni di piccolo valore subiranno un aumento costante: l’Italia prevede 2 euro su ogni pacco, mentre l’Unione Europea ha approvato 3 euro per gli acquisti extra UE. La mossa dovrebbe colpire soprattutto le piattaforme cinesi come e proteggere il commercio europeo al dettaglio

Da anni ormai anche noi motociclisti siamo abituati a fare la spesa online, abbigliamento, caschi, accessori, pezzi speciali... Si trova di tutto spesso son spedizione gratuita. Irresistibile! Ma questa pratica ormai potrebbe diventare un ricordo. Governo Italiano e Unione Europea autonomamente hanno deciso di introdurre due tasse simili che ricadranno su tutti i consumatori. Vediamo perché.

Piccoli pacchi, grandi tasse

La manovra 2026 ha acceso i riflettori su una nuova tassa da due euro sui pacchi di valore inferiore ai 150 euro. Una misura che, almeno nelle intenzioni iniziali, nasce per colpire l’enorme flusso di spedizioni a basso costo provenienti dall’Asia, e in particolare dalla Cina, attraverso piattaforme come Temu, Shein e AliExpress. Ma nelle ultime ore il quadro si è complicato: anche l’Unione Europea ha deciso di intervenire, introducendo una tassa da tre euro a partire da luglio 2026. Il rischio, ora, è che le due misure si sovrappongano. Ma andiamo con ordine…

La tassa “italiana” da 2 euro

L’emendamento inserito dal governo nella legge di bilancio 2026 prevede un contributo fisso di due euro per i pacchi sotto i 150 euro. Formalmente viene definito come rimborso delle “spese amministrative” legate alle pratiche doganali, ma il bersaglio è chiaro: l’e-commerce a bassissimo costo che, grazie a spedizioni continue e prezzi minimi, sta invadendo il mercato europeo. Il problema, però, è giuridico prima ancora che politico. Introdurre una tassa limitata solo alle merci extra-UE da parte dell'Italia rischierebbe di configurarsi come un dazio, materia che rientra nelle competenze esclusive dell’Unione Europea. Per evitare questo scoglio, la soluzione allo studio è stata quella di estendere il contributo a tutte le spedizioni online, indipendentemente dal Paese di provenienza. Una scelta che, di fatto, finirebbe per colpire anche i pacchi spediti dall’interno dell’Unione e persino quelli provenienti dall’Italia. 

Dietro la misura non c’è solo una questione fiscale. I piccoli pacchi rappresentano un problema strutturale: generano costi elevati per dogane e corrieri e, soprattutto, mettono sotto pressione il commercio al dettaglio, già fortemente indebolito dalla concorrenza dei colossi dell’e-commerce. Non a caso, accanto alla tassa generalizzata, resta sul tavolo l’ipotesi di un contributo specifico per i grandi marketplace, da Amazon a eBay, passando per Temu e Shein.

La tassa europea da 3 euro 

Mentre l’Italia discute la propria manovra, da Bruxelles è arrivata una decisione destinata a cambiare lo scenario. L’Ecofin, che riunisce i ministri delle Finanze dei 27 Paesi UE, ha approvato una tassa da 3 euro sui pacchi importati nell’Unione Europea di valore inferiore ai 150 euro, in vigore dal 1° luglio 2026. Che combinazione! La misura nasce da numeri considerati ormai insostenibili: secondo la Commissione Europea, nel 2024 sono arrivati nell’UE 4,6 miliardi di pacchi sotto i 150 euro, di cui oltre  il 90% provenienti dalla Cina. Finora queste spedizioni erano esentate perché considerate di scarso valore, ma le imprese europee denunciano da tempo una concorrenza ritenuta sleale, anche perché molte aziende extra-UE non sono soggette alle stesse regole ambientali e sul lavoro. L’Ecofin aveva già deciso di eliminare definitivamente l’esenzione dal 2028 e la nuova tassa da 3 euro rappresenterebbe in tal senso un regime transitorio anticipato, introdotto perché il problema è stato giudicato urgente.

Due più tre uguale cinque

Ed è qui che le due vicende si intrecciano. La tassa europea da 3 euro e quella italiana da 2 euro non sono formalmente collegate. Questo significa che, se l’emendamento nazionale (il nostro) venisse approvato senza modifiche, i due contributi potrebbero sommarsi, facendo salire il costo di ogni piccolo pacco fino a 5 euro. 
Resta però aperta un’altra possibilità: con l’entrata in vigore della misura europea, il governo italiano potrebbe decidere di fare un passo indietro e ritirare o rimodulare la tassa nazionale. Ma non è affatto scontato. I due euro italiani potrebbero restare in vigore, sia per fare cassa, sia come strumento di tutela del commercio al dettaglio, sempre più falcidiato dall’e-commerce globale.

Si colpiscono i colossi o i consumatori? 

Per i consumatori lo scenario è ancora fluido, ma la direzione è chiara. Gli acquisti online a basso costo, soprattutto sulle piattaforme internazionali, sono destinati a diventare più cari. Le piattaforme potrebbero assorbire i costi nei prezzi finali oppure scaricarli direttamente sugli acquirenti (un po’ come faranno le compagnie assicurative in vista degli aumenti sull’RC)  mentre i corrieri potrebbero richiederli al momento della consegna. Ci perderanno i colossi o saranno i consumatori a pagarne il prezzo? Nel bene o nel male, una cosa appare a questo punto certa: l’era dei pacchi “gratuiti” sta per finire. Forse non è una buona notizia...

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abcde
Sab, 13/12/2025 - 14:52
Sporchi parassiti abusivi, eletti da nessuno, che si appellano a leggi inventate per giustificare la loro continua predazione sulla popolazione finalizzata ad alimentare il loro marcescente habitat. Bisogna spremere il cittadino, evitare che in qualche modo risparmi...per poi bruciare miliardi in quel maleodorante buco ucraino foraggiando torme di ratti affamati. Il commercio al dettaglio lo hanno distrutto loro. Schifosi sabotatori che hanno permesso a vari grandi gruppi di distruggere la piccola economia ramificata che era tipica dell'Italia per favorire interessi stranieri. Anche per questa ultima trovata si troverà l'escamotage atto ad aggirare le gocciolanti fauci delle grandi zecche