Voglia di libertà: a Teheran la rivoluzione silenziosa delle donne in moto
A Teheran cresce il numero di donne che si spostano con le moto. La legge non lo vieta, ma nemmeno lo regolamenta chiaramente ed il governo valuta come rendere legale una pratica ormai diffusa
Più donne in sella
Nella capitale iraniana, cresce il numero di donne che guidano scooter e moto. Il traffico, i costi elevati di auto, benzina e assicurazioni e le esigenze quotidiane legate al lavoro e alla famiglia hanno spinto molte donne a scegliere moto e scooter come mezzi per gli spostamenti. Una tendenza che, per certi versi, sembrerebbe sfidare consuetudini sociali e norme non esplicite. Rimane però il nodo legislativo: il codice della strada non vieta loro di guidare, ma non chiarisce nemmeno se possano ottenere la patente. Ora il governo sta valutando come regolamentare questa pratica.
Il nodo legale

La situazione legale resta ambigua. L’articolo 20 del codice della strada stabilisce che la polizia possa rilasciare patenti agli uomini, senza includere le donne. Come ha spiegato il capo della polizia stradale, generale di brigata Teymour Hosseini: “La patente per le donne richiederebbe modifiche formali alla legge, e le forze dell'ordine erano in attesa di una notifica ufficiale sulla guida motociclistica femminile per poter procedere. La Costituzione non vieta alle donne di possedere motociclette. Possono detenere documenti di immatricolazione ufficiali a proprio nome, quindi logicamente dovrebbero anche poter ottenere la licenza di guida”.
Secondo la vicepresidente per le donne e gli affari della famiglia, Zahra Behrouz-Azar, non sono necessarie nuove norme: “Il motociclismo femminile non è diverso dal lavoro delle donne pilota o autiste. Vediamo già donne attive nel trasporto nazionale, internazionale e aereo, ed è naturale che abbiano bisogno di motociclette per la mobilità quotidiana”, precisando che l’applicazione delle leggi esistenti richiede collaborazione tra le autorità.
Regole non scritte
Negli ultimi anni, i grandi movimenti di protesta, come quello scatenato dalla morte di Mahsa Amini, stanno cambiando profondamente le regole non scritte della società iraniana. Nonostante la repressione rimanga intensa - solo nei primi nove mesi del 2025 si sono registrate oltre 1000 esecuzioni - il governo guidato dal riformista Pezeshkian adotta un approccio relativamente cauto sui temi dei costumi sociali. Una prudenza dettata anche dalle circostanze economiche e politiche: con la crisi finanziaria in corso e l’isolamento internazionale del Paese, un inasprimento della repressione rischierebbe di scatenare nuove rivolte interne.
Zahra Abedini, la pioniera
In questo contesto, le donne iraniane stanno conquistando spazi di libertà sempre più ampi. È, per l’appunto, il caso di Zahra Abedini, considerata una delle pioniere del motociclismo femminile in Iran. Sedici anni fa, la sua passione per le moto la costringeva a nascondersi e a subire prese in giro. In un’intervista a France24, Abedini raccontava: “Trovai una pista fuori città che accettò di insegnarmi, e iniziai a fare motocross. A quel tempo, conoscevo solo altre quattro donne appassionate di moto. Per sei mesi tenni tutto nascosto alla mia famiglia, finché mio padre lo scoprì. Quando mi vide saltare con una moto da cross sulle rampe di terra, rimase terrorizzato. Ci volle molto tempo prima che riuscisse ad accettarlo”. Oggi, invece, Abedini non solo guida liberamente, ma organizza tour e gite fuori porta per altre donne, condividendo con loro la stessa passione che una volta doveva nascondere.
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