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L'Auto Racing dà la paga a sportive e motardone

In questo video virale una specie di moto da speedway si "beve" su un catino d'asfalto sportive e motard racing, pur essendo partita per ultima. Lo strano oggetto è una moto da Auto Racing, specialità giapponese seguita da un gran numero di appassionati. Ecco la sua storia
Japan style
Con più di 4 milioni di visualizzazioni, il video qui sotto ha praticamente fatto il giro del mondo: si vede una strana motoretta, guidata da un pilota con una tuta piuttosto "spallata", che in poco tempo raggiunge e supera motard e sportive di ogni genere. Una sequenza spettacolare, ma pochi di quelli che l'hanno vista conoscono per bene la vincitrice. Almeno al di fuori del Giappone. Già, perché la velocissima moto dalle strane sembianze è una di quelle che partecipa all'Auto Racing, un campionato particolare che si disputa su ovali in asfalto che si trovano solo nel paese del Sol levante. Vediamo di conoscerlo meglio.
L’Auto Racing nasce nel Giappone degli anni ’50, un paese devastato dalla guerra, ma con una gran voglia di lasciarsi il passato alle spalle e di distrarsi dalle miserie e dalla sofferenza portate dal conflitto. La massiccia presenza militare americana ha senza dubbio contribuito alla “scelta” di circuiti ovali per queste sfide, un soluzione tipicamente USA che permette a tutti gli spettatori di vedere sempre cosa accade in gara. Su queste "strane" (per noi europei) piste asfaltate, si sfidavano moto ispirate a quelle da speedway (semplici ed economiche da costruire) ed equipaggiate, all’epoca, con motori inglesi Triumph. Le discendenti di oggi sono cambiate poco, montano però bicilindrici paralleli Suzuki da 599 cm3 e 59 CV e, come le progenitrici fedeli alla tradizione Speedway, sono prive di freni. Spicca poi il minuscolo serbatoio (1,9 litri), sufficiente per completare i sei giri in senso antiorario (poco più di 4 km, cioè circa di 3 minuti) di una gara, “aggrappati” al manubrio asimmetrico, sagomato per facilitare il controllo del mezzo che viaggia costantemente in piega. Anche a livello di ciclistica le moto sono semplici: telaio rigido, abbinato a un'esile forcella, mentre la trazione è assicurata da pneumatici Dunlop KR73 con profilo specifico per garantire la massima prestazione a moto inclinata. I tracciati sono dei catini "infernali" con tifo sempre alle stelle, in tutto il Giappone se ne contano sei.



Boccone per la Yakuza
I piloti indossano tute in stoffa dai colori vivaci per essere ben riconoscibili con protezioni per le spelle simili a quelle dei giocatori di footbal americano. Come nell'ippica le scommesse fanno parte integrante della gara, per questo motivo le gare di Auto Racing sono state storicamente una preda golosa per la Yakuza (la mafia giapponese) che, soprattutto negli anni ’60, fece enormi profitti truccando le gare. Ecco perché la Federazione Motociclistica Nipponica intervenne con un regolamento severo: anche oggi, prima della gara i piloti si “ritirano” in spazi privati chiusi al pubblico, come in un conclave dove i cellulari non sono ammessi. Difficile dire se serva davvero... È certo invece che i migliori interpreti dell'Auto Racing guadagnano milioni di dollari all’anno (tra loro ci fu anche Mitsuo Abe, padre della stella MotoGP Norifumi) e sono idolatrati dai fan: qualche anno fa la scomparsa di un pilota in gara provocò praticamente un lutto nazionale. Oggi tra le loro fila s’iniziano a vedere anche le donne, d’altra parte i requisiti richiesti per correre sono pochi ma selettivi: almeno 17 anni, statura di non più di 152 cm e peso non oltre i 60 kg. Poco più di un fantino.
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