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Intervista esclusiva - Jacopo Cerutti: "Aprilia è come una grande famiglia"

Per il ritorno nelle gare off road Aprilia ha puntato tutto su Jacopo Cerutti. Abbiamo fatto una chiacchierata con il comasco che ci ha raccontato come sta vivendo questa nuova avventura da pilota ufficiale

Una nuova sfida tutta italiana
Lo scorso gennaio Aprilia ha annunciato il ritorno in veste ufficiale nell'off road. Un impegno importante affidato a uno dei migliori piloti del panorama nazionale: Jacopo Cerutti. Classe 1989, il comasco ha alle spalle quattro titoli italiani, un Europeo Enduro e sei partecipazioni alla Dakar. Ora ha deciso di abbracciare con questo nuovo progetto e ci ha raccontato le sue sensazioni in questa intervista esclusiva.

Jacopo, com’è nato il sodalizio con Aprilia?
Già da qualche tempo sapevo che volevano lanciare questo progetto coinvolgendomi. A fine 2022 avevo già un accordo con Husqvarna per continuare insieme a loro ma non avevo ancora firmato. Nel frattempo mi hanno chiamato i Guareschi parlandomi di Aprilia, mi hanno poi telefonato Christian Barelli (brand manager Aprilia) e Massimo Rivola che mi ha chiesto di andare da loro. Da lì ho deciso di lanciarmi in questa nuova avventura.

Cosa significa per te rappresentare la casa di Noale?
È bellissimo. Sia perché sono un loro pilota ufficiale, sia perché esserlo di una Casa italiana è stupendo. È una specie di grande famiglia. L’ambiente è bello, è un gruppo molto unito di persone. Le moto e tutti i pezzi vengono fatti lì. Se c’è un problema parlo direttamente con Guareschi o con Noale. Si sentono e risolvono le cose anche molto in fretta, come se fosse la bottega di casa. Per me è bellissimo.

Com’è andata la prova a fine febbraio in Marocco?
Ho avuto buone sensazioni considerando che non è la moto definitiva, ma è quella sviluppata da Guareschi nel 2022. L’ho guidata per poter dare le prime impressioni nel deserto, non è ancora la moto pensata proprio per quello scenario, ma è andata bene e ho potuto dare un po’ di indicazioni.

In Marocco con te c’era anche il collaudatore MotoGP Lorenzo Savadori, com’è andata?
Si è divertito tantissimo, non era mai andato sulle dune. Gli ho dato qualche dritta per affrontare un po’ il deserto, ma ha imparato subito. Mentre io ero impegnato con lo shooting vedevo lui che prendeva la moto e spariva, si faceva dei bei giri. Ci siamo ripromessi che, visto che l’ho portato nel deserto, lui mi porterà a fare un po’ di asfalto, a mettere il ginocchio per terra se riesco (ride). E poi ci siamo uniti alla Tuareg Experience per una mattina, facendoci una novantina di km insieme, è stato piacevole.

Quali sono state le tue principali richieste dopo il test?
Avere più stabilità e più motore, ma erano indicazioni che già avevano ben presenti. Abbiamo sfruttato questo shooting per iniziare a conoscerla tra le dune.

Quando avrai la moto definitiva?
Arriverà in vista della prima gara dell'Italiano Motorally, quindi a fine mese, e poi verranno fatti altri interventi. È un progetto sempre in evoluzione, ma comunque loro hanno già un anno di esperienza nel Campionato Italiano. Per il deserto invece bisogna aspettare: c’è da fare tutto lo sviluppo in questo 2023. Vorremmo tornare a correre nel deserto nel 2024, ma andiamo per gradi. Il campionato italiano ci permetterà di sviluppare la moto da tutti i punti di vista.

Quali aspettative hai per questa stagione?
Spero di vincere, però obiettivamente non so a che punto siamo con il progetto. È piuttosto giovane, quindi prendiamo quello che viene. Io e Aprilia puntiamo a stare davanti, ma anche i risultati negativi servono per sviluppare la moto e cercare di migliorarla sempre di più.

Quali saranno i tuoi prossimi impegni per sviluppare la moto?
Spero ci sia un test prima dell’estate e un altro subito dopo. In base alle tempistiche di sviluppo della moto cercheremo di fare questi step, almeno due o tre test per la moto da deserto. Invece con quella dell’italiano abbiamo già fatto un test, ne avremo un altro prima dell’inizio e sono test più facili perché li facciamo qui in Italia.

Quale pensi sarà la prima gara tra le dune?
La cosa più probabile è che sarà l’Africa Eco Race 2024, in concomitanza con la Dakar. Se avremo una moto competitiva la faremo, altrimenti rimanderemo il debutto in Africa. Speriamo poi che la Dakar riapra ai bicilindrici e alle moto più grosse di 450.

Quanto ti manca la Dakar?
Dipende, dal punto di vista della prestazione non mi manca tanto, perché sta diventando sempre più esagerata. Come la Formula 1 e dopo un po’ di anni che sei dentro è come essere in una lavatrice. Mi manca molto la parte di avventura, di fatica, di stanchezza, quella più bella di resistenza. Insomma quella più nostalgica. Però spero di ritrovare queste sensazioni nel 2024 quando magari torneremo a correre in Africa - e non in Arabia Saudita - nei luoghi più legati alla storia della Dakar.

Cosa ti ha stupito di Aprilia?
Il reparto corse. Sono stato un paio di volte a Noale e mi ha stupito molto vedere che è un’azienda relativamente piccola, ma che si prende soddisfazioni importanti come vincere gare in MotoGP, fare podi e lottare per la vittoria con Case motociclistiche molto più grandi. Loro fanno tutto lì, sono un gruppo di persone veramente competenti, che lavorano insieme e hanno una mentalità competitiva, e lottano ad armi pari con dei colossi. Mi è piaciuto tanto. Da quei due capannoni escono moto che hanno battuto Honda e Yamaha in MotoGP. Veramente pazzeschi.

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