Codice della strada 2013 - Multe in base al reddito: c’è chi dice no (almeno in Italia)
Codice della Strada 2013 - In Europa le multe commisurate al reddito del sanzionato sono una realtà che funziona, il sistema potrebbe essere importato anche da noi, ma secondo l’Asaps in Italia rischierebbe di essere inadeguato: “C’è troppa evasione e pagherebbero solo i più poveri”. Dubbi anche sul sistema di calcolo in base alla cilindrata del mezzo
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Italia, paese difficile
La proposta, nata da un’idea della giornalista Milena Gabanelli (Report, RaiTre) e poi ripresa e proposta in Commissione Trasporti dal deputato del M5S Michele dell’Orco, sembra semplice: introdurre un meccanismo di proporzionalità per multe. Secondo questa idea, l’importo delle sanzioni verrebbe parametrato a in base al reddito del multato. Un sistema che funziona in diversi paesi d’Europa dove chi è più ricco, inevitabilmente paga di più e il numero di multe “inevase” è molto basso (in Italia sfora il 90%). Il criterio utilizzato è il “day fine” e prende come base l'importo du un giorno di salario di chi ha violato la legge. In Finlandia il day fine è applicato alle violazioni gravi e l’importo si calcola in base al reddito di chi commette l’infrazione. Per calcolarlo si sottraggono 255 euro (cifra considerata limite per il sostentamento di un uomo) al reddito mensile netto del trasgressore e si divide il resto per 60. In Svizzera, invece, il massimo della pena sono 360 day fine. Tale sistema, in caso di reddito elevato, porta a importi da record, un esempio è quello capitato in Danimarca (altra nazione che utlizza questo tipo di calcolatore) al calciatore Nicklas Bendtner (ex Juventus), colto a guidare ubriaco e contromano a Copenaghen: per lui patente sospesa per tre anni e multa da 113.000 euro, corrispondenti al suo reddito annuale diviso per 2,5 e moltiplicato per il tasso alcolemico riscontrato nel suo sangue... un sistema un po’ complicato ma efficace. In Italia, qualcosa del genere funzionerebbe? Secondo l’Asaps, Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale, assolutamente no: "Funziona nei paesi scandinavi – spiega Giordano Biserni, Asaps – ma in Italia, dove ristoratori e gioiellieri dichiarano in media 15mila euro all’anno, c’è il rischio che le multe più salate arrivino ai pensionati e ai dipendenti, gli unici i cui redditi sono verificabili con esattezza. Il principio è giusto, ma è applicabile solo dove c’è la certezza che il reddito dichiarato è reale.” Anche la proposta ventilata di basare le multe in base alla cilindrata del veicolo mostra il fianco a critiche: “Perché mai chi ha un fuoristrada 4mila di cilindrata del ’90 dovrebbe essere più ricco di chi possiede una Golf 2.0 del 2013? Posso solo immaginare la pioggia di ricorsi che ricadrebbe su giudici di pace e tribunali, senza contare che migliaia di agenti dovrebbero essere spostati negli uffici a calcolare le sanzioni e verrebbero sottratti al servizio in strada.” Insomma, la strada per questa proposta, sembra decisamente in salita.
La proposta, nata da un’idea della giornalista Milena Gabanelli (Report, RaiTre) e poi ripresa e proposta in Commissione Trasporti dal deputato del M5S Michele dell’Orco, sembra semplice: introdurre un meccanismo di proporzionalità per multe. Secondo questa idea, l’importo delle sanzioni verrebbe parametrato a in base al reddito del multato. Un sistema che funziona in diversi paesi d’Europa dove chi è più ricco, inevitabilmente paga di più e il numero di multe “inevase” è molto basso (in Italia sfora il 90%). Il criterio utilizzato è il “day fine” e prende come base l'importo du un giorno di salario di chi ha violato la legge. In Finlandia il day fine è applicato alle violazioni gravi e l’importo si calcola in base al reddito di chi commette l’infrazione. Per calcolarlo si sottraggono 255 euro (cifra considerata limite per il sostentamento di un uomo) al reddito mensile netto del trasgressore e si divide il resto per 60. In Svizzera, invece, il massimo della pena sono 360 day fine. Tale sistema, in caso di reddito elevato, porta a importi da record, un esempio è quello capitato in Danimarca (altra nazione che utlizza questo tipo di calcolatore) al calciatore Nicklas Bendtner (ex Juventus), colto a guidare ubriaco e contromano a Copenaghen: per lui patente sospesa per tre anni e multa da 113.000 euro, corrispondenti al suo reddito annuale diviso per 2,5 e moltiplicato per il tasso alcolemico riscontrato nel suo sangue... un sistema un po’ complicato ma efficace. In Italia, qualcosa del genere funzionerebbe? Secondo l’Asaps, Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale, assolutamente no: "Funziona nei paesi scandinavi – spiega Giordano Biserni, Asaps – ma in Italia, dove ristoratori e gioiellieri dichiarano in media 15mila euro all’anno, c’è il rischio che le multe più salate arrivino ai pensionati e ai dipendenti, gli unici i cui redditi sono verificabili con esattezza. Il principio è giusto, ma è applicabile solo dove c’è la certezza che il reddito dichiarato è reale.” Anche la proposta ventilata di basare le multe in base alla cilindrata del veicolo mostra il fianco a critiche: “Perché mai chi ha un fuoristrada 4mila di cilindrata del ’90 dovrebbe essere più ricco di chi possiede una Golf 2.0 del 2013? Posso solo immaginare la pioggia di ricorsi che ricadrebbe su giudici di pace e tribunali, senza contare che migliaia di agenti dovrebbero essere spostati negli uffici a calcolare le sanzioni e verrebbero sottratti al servizio in strada.” Insomma, la strada per questa proposta, sembra decisamente in salita.
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Delle multe in base al reddito avevo letto credo su "Quattroruote" diversi decenni or sono, quando la giornalista Milena Gabanelli era una bambina. Non sono d'accordo non solo perché inapplicabile nel Paese delle dichiarazioni infedeli, ma perché c'è chi vive come un affronto ogni multa, ricco o polvero che sia, e chi invece le considera un semplice imprevisto. Se ai maleducati che se ne infischiano delle regole venissero applicate sanzioni non venali (dalla semplice sberla che le madri si son dimenticate di dar loro fino al fermo di polizia per un certo tempo) forse, vivaddio, scomparirebbero gli agguati per far cassa e magari impareremmo l'educazione.
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