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Botturi: nel 2014 sarò protagonista

Da poco tornato dal Sudamerica, Alessandro Botturi ci racconta la sua ultima esperienza alla Dakar e quello che lo ha fatto innamorare del deserto. L'italiano migliora di anno in anno e, anche se il suo futuro è ancora incerto, l'obiettivo è sempre quello: vincere il rally raid più difficile e famoso al mondo
Hai ammesso di essere soddisfatto di come è andata questa Dakar, difficile non esserlo, ma a parte la sfortuna cosa avresti migliorato nel tuo approccio alla gara?
"Ero venuto alla Dakar per fare innanzitutto esperienza per capire in cosa migliorare: sono al sesto rally in carriera quando i miei avversari ne fanno 6 solo in un anno. Sicuramente, ma già lo sapevo e ne ho solo avuto la conferma, devo allenarmi molto sulla navigazione, quest’anno poi è stata ancor più determinante.
L’altra cosa che mi è mancata è stata la confidenza con la moto: la grande opportunità di correre con Husqvarna è arrivata in dicembre, a 25 giorni dalla partenza per il Perù,  quando la moto da gara già era sulla nave per il Sudamerica...
Il team Speedbrain, comunqu è stato straordinario: mi ha messo a disposizione da subito una TC449 da allenamento e abbiamo fatto una settimana di ritiro in Spagna sulla TE449RR, anche se quella che abbiamo usato nei test non era esattamente identica a quella preparata dalla Dakar. Però, anche se mi sono trovato benissimo da subito, questa incognita all'inizio un po’ ha pesato.
Volevo innanzitutto imparare, è vero, ma ammetto che speravo di ripetere o di migliorare leggermente la posizione in classifica dell'anno precedente: questo obiettivo è stato parzialmente centrato visto che in 12 tappe ho sempre tenuto il passo dei primi cinque piloti dell'assoluta, ho ottenuto un podio, e nessuno mi ha mai dato nessun distacco importante.
Queste erano le conferme che cercavo ... per cui mi posso dichiarare soddisfatto, anche se so che posso migliorare ancora."

L'Husqvarna si è dimostrata una moto veloce ma poco affidabile in alcune occasioni, conoscevate questo rischio o siete stati presi alla sprovvista?
"La potenza dell’Husqvarna mi aveva già colpito nei rally  di questa stagione: in Marocco ad esempio quando la vedevo passare era sempre la più veloce, e sembrava avere un motore che non finiva mai di spingere...
Alla Dakar siamo rimasti tutti sorpresi dai problemi che  ci sono capitati: al di là della rottura del mio motore che è stata puramente sfortuna, gli altri “problemini” che hanno tagliato fuori Barreda dalla lotta per la classifica generale erano assolutamente inattesi.
In tutta la stagione tutte le Husqvanra TE449RR hanno sempre concluso tranquillamente i rally a cui hanno preso parte, peraltro arrivando al successo al Rally dei Faraoni con Barreda, dove notoriamente è fondamentale avere un motore performante, potente e affidabile, per poter vincere..."



- Correre la Dakar è il sogno di molti, tu sei riuscito a realizzarlo, cosa si prova a partecipare a questa gara e a correre nel deserto?
"Beh, siamo qui a parlarne proprio perché la Dakar è stata il mio sogno sin da ragazzo, quando ancora mai avrei pensato a un futuro nelle corse... Con il tempo, quando sono entrato nel modo dell’enduro, avevo maturato l’idea di “regalarmi” la Dakar quasi “da turista” a fine carriera, poi, l’anno scorso, è arrivata la possibilità di esordire nei rally e subito alla Dakar “ad alto livello”.
Il deserto regala sempre emozioni fortissime: non c’è niente che dia soddisfazione come navigare, aprire la strada in mezzo alle dune, uscire dalla speciale per primo. Alla Dakar c'è tutto: la sabbia arida del Perù e dall’Atacama, gli orizzonti sconfinati all’Argentina, le migliaia di guadi da affrontare, i trasferimenti incredibili a quasi 5.000 metri di altitudine, il fango, il caldo, il freddo. E poi la gente: decine di migliaia di persone a Lima per la partenza, ali di folla in moltissimi tratti del percorso, spettatori nei posti più impensabili...
Non ho mai corso la Dakar africana, ma penso di poter dire che il bello di correre in Sudamerica è questo: il pubblico, il correre in mezzo a gente che è lì per noi, per vedere la gara, a 40 °C sotto il sole per applaudire fino all’ultimo equipaggio...
E poi l’atmosfera al bivacco ogni sera è unica: professionisti e “privati”, team ufficiali e chi corre per arrivare in fondo e realizzare il sogno di una vita tutti insieme. La Dakar è davvero unica, emozioni così difficili da spiegare..."


-Che preparazione psicologica e fisica c'è dietro questa gara? Su cosa bisogna concentrarsi maggiormente per essere veloci e costanti?
"Il difficile per me che ero abituato a gare corte, è stato abituarsi a tenere il ritmo alto per così tante ore e così tanti giorni.
Per la preparazione fisica i miei allenamenti si sono spostati dalla ricerca di potenza “esplosiva”, per le brevi prove speciali dell’enduro alla ricerca della resistenza aerobica della fatica prolungata. Questo mi aiuta anche per lavorare sulla concentrazione, perché la stessa durata degli allenamenti aumenta, ed è sempre importante esserci con la testa...
Oltre alle sessioni di pesi in palestra faccio molta bicicletta sulle salite intorno a casa mia a Lumezzane e lunghe camminate in montagna. E poi ho un bisogno quasi fisiologico di andare in moto: io se non vado in moto sto male, quindi almeno tre dei miei allenamenti settimanali sono in moto, tra enduro, pista da cross e test con il roadbook.
D’altra parte, per me che sono ancora agli inizi uno degli allenamenti fondamentali è il correre i rally: per il ritmo e per la navigazione in gara, ma soprattutto per il continuo confronto con gli avversari, che sono molto forti e molto esperti."


- Despres, Coma, Barreda, Lopez. Parlaci dei tuoi avversari per come li hai conosciuti in gara, cosa li rende così forti secondo te?
"Metto Despres e Coma un gradino sopra tutti gli altri. Di sicuro l’esperienza specifica nei Rally e nel deserto è quello che li rende così forti, insieme alla cura di ogni minuscolo dettaglio, dalla navigazione allo studio delle tappe, dalla preparazione della moto all’attrezzatura.
La forza di Barreda, invece, è la velocità: va forte da sempre, ma ora sta anche maturando nella gestione della gara, perché ha capito che non basta andar forte per vincere un rally come la Dakar. Credo sia lui l’uomo del futuro: nonostante sia il più giovane ha già molta esperienza e riuscirà presto a fare il piccolo salto di qualità che gli manca.
Chaleco è prima di tutto un amico: quest’anno ci siamo allenati molto spesso insieme, anche per parecchi giorni sulle montagne di casa mia a Lumezzane. La sua forza è il grande cuore che ci mette in tutto, la tenacia, il coraggio ..."


- Chi sono i tuoi miti nel mondo delle corse? a quali figure ti ispiri per dare il meglio?
"In realtà non ho un mito vero e proprio: da quando sono entrato in questo mondo e ho capito davvero cosa vogliono dire queste gare, ho cominciato ad apprezzare e a stimare ogni pilota che dà il massimo in questo sport ogni giorno e in ogni gara."

- Programmi per il 2013? Rimarrai con Husqvarna fino alla prossima Dakar?
"Il mio accordo con Husqvarna e Speedbrain era per la Dakar 2013, e ora sto valutando cosa fare per il futuro. Di sicuro sono entusiasta di questa prima esperienza in Husqvarna. Sono stati tutti splendidi con me, di una correttezza davvero rara, e tutto il team, piloti, meccanici, staff e team manager si sono rivelate persone straordinarie, e sarei felice di continuare a correre in questo gruppo. Detto questo, il mio obiettivo resta chiaro e ben definito: correre da protagonista la Dakar 2014, e sono molto fiducioso..."
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