Salta al contenuto principale

Valentino Rossi, una carriera da paura

Valentino Rossi può ben dire di aver mangiato pane e motori fin da piccolo: Graziano, il papà, era uno dei protagonisti del Mondiale, a due anni e mezzo Vale aveva già avuto in regalo il primo motorino e a nove anni correva in minimoto. Ecco tutte le tappe di una carriera spettacolare e, per molti versi, inimitabile
Predestinato
Valentino Rossi può ben dire di aver mangiato pane e motori fin da piccolo: Graziano, il papà, era uno dei protagonisti del Mondiale, a due anni e mezzo Vale aveva già avuto in regalo il primo motorino e a nove anni correva in minimoto.
Nel 1992 Claudio Lusuardi gestiva le Cagiva ufficiali nel Campionato Italiano Sport Production 125 e a fine anno gli arrivò la telefonata di Virginio Ferrari: “Claudio, il figlio di Graziano vuole correre in moto ma non ha una lira. Dobbiamo aiutarlo”. Le moto ufficiali erano già tutte assegnate ma ne montarono una per lui assemblando i ricambi e con quella esordì nel campionato.
Sbagliava tanto ma andava forte e l’anno dopo, il 1994, era già nella squadra ufficiale Cagiva. Lottò per la vittoria del campionato con Stefano Cruciani, all’ultima gara finì a sportellate ma alla fine il titolo fu di Valentino.
L’Aprilia non si fece scappare quel ragazzino promettente e gli fece un contratto per tre anni. Inserito nella squadra di Mauro Noccioli, Rossi partecipò al campionato europeo 125 in sella a una RS, finì al terzo posto e vinse il titolo tricolore della classe 125 GP. Era già pronto per correre nel Mondiale, e da protagonista.

L'approdo mondiale e la nascita del mito
Passò al massimo campionato nel 1996 e il team manager Giampiero Sacchi gli costruì la squadra attorno, sempre con Noccioli come direttore tecnico. Valentino era giocherellone, perennemente in ritardo agli appuntamenti, ma imparava in fretta ed era dannatamente veloce: sesto alla prima gara, il GP Malesia; sul podio alla 10ª, il GP Austria; a quella successiva pole position e vittoria sul circuito di Brno, Repubblica Ceca. L’anno dopo il titolo, con 11 vittorie su 15 gare e un margine di 83 punti in classifica generale.
La storia era destinata a ripetersi in 250: Rossi nel 1997 debuttò nella classe superiore con l’Aprilia ufficiale, nel team diretto da Rossano Brazzi, e alla prima stagione si fece onore conquistando cinque vittorie, ma per soli 3 punti mancò il titolo, andato a Loris Capirossi. L’anno dopo, era il 1998, di nuovo centrò il bersaglio alla seconda stagione nella stessa categoria vincendo 9 gare e il suo secondo Mondiale. È in quella stagione che il pesarese fu protagonista della famosa gag di Jerez: dopo la vittoria, durante il giro di rallentamento si fermò lungo il tracciato e corse dentro un WC a bordo pista come se fosse stato colto da un bisogno impellente, facendo sbellicare dalle risate i telespettatori di tutto il mondo. Era l’inizio di quella che per parecchio tempo è stata una buffa tradizione, le scenette dopo la vittoria: Robin Hood, la bambola gonfiabile eccetera. Rossi, che le aveva inventate, continuava ad accrescere la sua popolarità. Tentarono malamente di copiarle anche i suoi avversari, non sempre con i medesimi risultati: ricordate quando Lorenzo, nel 2010, per festeggiare la vittoria si buttò nel laghetto di Jerez bardato con tuta e casco, rischiando di affogare? Venne salvato da due commissari che si buttarono in acqua.

La classe regina, quella vera
Con il cambio del millennio, nel 2000 Vale salì nuovamente di cilindrata e passò alla 500, alla Honda e alla squadra di Jeremy Burgess, il capotecnico australiano che aveva lavorato con Doohan, con il quale formò un sodalizio fortissimo. C’era grande intesa tra loro due e infinite volte si trovarono a risolvere i problemi di messa a punto all’ultimo momento, confrontandosi e trovando la soluzione “magica” la mattina stessa della gara. All’esordio nella massima cilindrata Valentino vinse due Gran Premi (Gran Bretagna e Brasile) e salì 10 volte sul podio ma finì il campionato in seconda posizione; ad aggiudicarsi il titolo fu Kenny Roberts Junior, figlio del grande “King Kenny”.
Come da copione, alla seconda stagione nella nuova categoria Rossi vinse un'altra volta il titolo, il terzo, dominando il campionato: 11 vittorie, alle quali si aggiunse la soddisfazione del successo nella prestigiosa Otto ore di Suzuka, in equipaggio con Colin Edwards. Eravamo nel 2001 e fu anche l’anno delle scintille con Biaggi, dalle gomitate in pista nel Gran Premio del Giappone al diverbio dopo quello di Barcellona, dove rischiarono di passare alle mani.

La MotoGP, e il salto nel buio con Yamaha
Il 2002 fu la prima stagione dell’era MotoGP, il regolamento permetteva di correre sia con le 500 a due tempi che con le 990 a quattro tempi e Vale era piuttosto scettico sulla competitività di queste ultime. Si ricredette molto presto, si convinse a usare la MotoGP e con la Honda RC211V centrò il successo nella prima gara della categoria; a fine campionato aveva accumulato 11 primi posti su 16 gare, conquistò la corona iridata con 140 punti di vantaggio. Successo replicato nel 2003, 9 vittorie e titolo. Valentino si sentiva sicurissimo e forse è per quello che nel 2004 si arrischiò a compiere una mossa storica: lasciò la Honda super competitiva , si tirò dietro Jeremy Burgess e passò alla Yamaha, che da 12 anni non vinceva il titolo e anche in quella stagione aveva dimostrato di essere poco competitiva. Nell’inverno stravolse la moto e alla prima gara con la YZM-M1 salì sul gradino più alto del podio, in Sudafrica. Sarebbero seguiti altri otto successi, lo spagnolo Sete Gibernau tentò invano di contrastarlo nella sua rincorsa al sesto titolo. Fu nuovamente dominio nel 2005, anno in cui il campione di Tavullia conquistò altre 11 vittorie e il settimo titolo battendo Marco Melandri con 147 punti di vantaggio. Ma non è sempre domenica. Nel 2006 il “dottore” dovette fare i conti con parecchi problemi tecnici, vinse  cinque gran premi ma il titolo andò a Nicky Hayden e alla Honda.

Da Stoner a Marquez, il nemico "in casa" Jorge Lorenzo e il salto in Ducati
Intanto si stava preparando il ciclone Casey Stoner: il 2007 fu il primo anno delle MotoGP 800 cm³, la Yamaha accusò nuovamente problemi tecnici mentre l’australiano e la Ducati facevano faville. Il titolo iridato finì a Borgo Panigale, secondo fu Dani pedrosa e solo terzo Valentino. Si rifece nel 2008, anno in cui passò dagli pneumatici Michelin ai Bridgestone: arrivarono l’ottavo titolo, nove vittorie in gara e il famoso sorpasso al Cavatappi di Laguna Seca ai danni di Stoner, destinato a rimanere nella leggenda. Con sei vittorie e altri sette podi l’anno dopo Rossi conquistò il nono titolo iridato. Sarebbe stato l’ultimo.
Nel 2010 cominciarono i guai: prima l’infortunio alla spalla mentre si allenava con la moto da cross, poi la frattura esposta della tibia destra riportata nella violenta caduta del Mugello, in prova. Un infortunio serissimo, eppure Vale ritornò in pista solo 41 giorni dopo l’incidente. Fu Lorenzo a vincere il campionato ma Rossi si fece onore concludendo comunque al terzo posto nonostante il calvario.
Poi nel 2011 il passaggio alla Ducati. Una nuova sfida, come lo era stato quello alla Yamaha, ma il risultato fu molto diverso. La Ducati di allora era scorbutica e richiedeva di essere guidata a modo suo: il feeling non scattò mai e per la prima volta Rossi concluse una stagione di Motomondiale senza essere riuscito a vincere nemmeno una gara. Fu l’anno della morte di Marco Simoncelli, nell’incidente di Sepang in cui fu incolpevolmente coinvolto anche Vale.

Il ritorno in Yamaha e l'ultima vittoria datata 2017
La situazione tecnica non migliorò nel 2012, anno in cui il regolamento portò a 1000 cm³ la cilindrata delle MotoGP; Rossi ottenne qualche podio e qualche piazzamento, e terminò la stagione al sesto posto. Su quella moto proprio non si trovava, come era successo a molti altri piloti prima di lui. Già a metà dell’anno era stato comunicato che il rapporto con la Ducati si sarebbe concluso a fine stagione e Rossi sarebbe tornato alla Yamaha, in squadra con il campione in carica, Lorenzo. Quella del 2013 fu una stagione di alti e bassi, Rossi vinse ad Assen ma non riuscì quasi mai a inserirsi nella lotta per il titolo, conteso da Lorenzo, Marquez e Pedrosa.
Nel 2014 il pesarese toccò il tetto di 300 Gran Premi disputati in carriera e conquistò diversi piazzamenti, ma soprattutto una vittoria a Misano e una in Australia. Il titolo però fu di Lorenzo. Vale aveva compiuto 35 anni e si difendeva ancora bene: lo dimostrò nel 2015 vincendo la gara d’apertura in Qatar, e poi ancora in Argentina, Olanda e Gran Bretagna, salì innumerevoli volte sul podio. In Malesia, al culmine di un durissimo duello con Marquez, il contatto che costò la caduta allo spagnolo. Alla fine del campionato mancava solo una gara; Valentino, che era in lotta con Lorenzo per il titolo, venne sanzionato con l’obbligo di partire dall’ultima posizione, non riuscì a risalire oltre il quarto posto e il Mondiale finì nelle mani dello spagnolo.
Il 2017 fu l’anno dei record: a Termas de Rio Hondo il pesarese festeggiò il suo 350º Gran Premio, in Olanda conquistò il 115º successo e con 38 anni e 129 giorni di età divenne il più anziano vincitore nella storia della MotoGP, mentre in Gran Bretagna toccò il traguardo di 300 partenze nella classe regina. Fu anche l’anno della sua ultima vittoria. Finì il campionato al quinto posto e sebbene l’anno successivo, il 2018, lo vide al terzo posto della classifica finale, non riuscì mai a salire sul gradino più alto del podio. Rossi non sfigurò nel 2019, conquistando numerosi piazzamenti e arrivando a 400 Gran Premi in carriera, ma accusò diversi ritiri e un finale opaco, motivo per cui finì la stagione solo al settimo posto.

Il Covid e il passaggio in Petronas
Il 2020 è ormai storia di oggi: Rossi conquista il terzo posto in Andalusia ma seguono soltanto anonimi piazzamenti a punti, nella seconda parte di stagione non entra mai nei primi 10 e per giunta devi saltare i Gran Premi di Aragona e Teruel a causa della positività al COVID. In classifica generale è 15º, il suo peggiore piazzamento di sempre nel Motomondiale.
Quest’anno Vale ha traslocato dal team Yamaha ufficiale alla squadra satellite Petronas Yamaha SRT ma la situazione non è migliorata. Tutt’altro. Da qui l’annuncio che a fine stagione si chiuderà una carriera irripetibile. Nuove sfide attendono Valentino, ma non con il casco in testa.
Leggi altro su:
Aggiungi un commento