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Ciclismo: il "doping" si fa con le ebike

 Sette partecipanti a due importanti corse ciclistiche professionistiche italiane sono stati pizzicati con motorini elettrici nascosti nella bici. il merito va tutto al canale France Television, che, servendosi di telecamere termiche, ha mostrato la variazione di calore indice della presenza di un dispositivo illecito. Le critiche sono invece tutte per l’Uci, accusata di non predisporre sufficienti controlli
Doping motorizzato
Da France Television, canale televisivo d’oltralpe, arriva notizia di una nuova truffa sportiva: sette partecipanti a due importanti corse ciclistiche professionistiche italiane - la Strade Bianche di Siena e la Coppi & Bartali di Riccione - sono stati pizzicati con un motorino elettrico nascosto nella bici. In cinque casi i motorini erano nel movimento centrale e spingevano sui pedali, in due erano invece nel pacco pignoni, fornendo così  trazione posteriore. La denuncia - riportata anche dal Corriere della Sera - non riguarderebbe tuttavia soltanto il fatto in sé, certamente e comunque grave, quanto piuttosto l’inefficienza dell’organo deputato ai controlli, l’Unione Ciclistica Internazionale. I ciclisti sarebbero infatti stati smascherati grazie all’operato dello stesso canale pubblico francese che, servendosi di telecamere termiche camuffate da normale attrezzatura, avrebbe mostrato le sensibilissime variazioni di temperature dovute al calore generato dal motore.
Unico caso simile smascherato negli anni riguarda quello relativo alla belga Van den Driessche ai Mondiali di cross del dicembre scorso, incastrata dalla polizia che indagava, in realtà, su tutt’altro.  Il merito se lo prese l’Uci, che non perse l’occasione per sbandierare l’efficienza dei controlli, messa poi in discussione dal direttore uscente dell’Agenzia francese antidoping Jean-Pierre Verdy,: che denunciò “Lo scorso luglio ci arrivarono informazioni attendibilissime sull’uso di motori al Tour, con nomi e cognomi di atleti top. Avvertimmo l’Uci: nessuna risposta, nessun controllo”.
Per scoprire come funzionano questi motori nascosti, il Corriere ha interpellato Alessandro Bartoli, titolare di una bottega a Empoli dalla quale ogni settimana escono, a 10 mila euro a modello, quattro bici da corsa indistinguibili da quelle normali, ma, appunto,  dotate di un propulsore cilindrico da 200 watt nascosto nel tubo obliquo: “Ai clienti spiego che l’uso in corsa è vietato. Poi ognuno risponde alla sua coscienza” ha detto Bartoli. Simili, ma ancora più potenti, i motori realizzati a Budapest nel laboratorio di Istvan Varjas: minuscoli (5 centimetri contro 20) e leggeri, questi hanno una potenza modulabile fino a 250 watt, fornendo, a seconda della posizione,  trazione anteriore o posteriore. Piccoli e ben nascosti, simili congegni potrebbero essere scoperti mediante, appunto, l’utilizzo di telecamere termiche, alle quali l’Uci, tuttavia, continua a preferire i teslametri, generalmente poco affidabili per la natura sfuggente del campo magnetico, oggi utilizzati pre gara per scoprire l’eventuale presenza dei motorini spenti. Inoltre, visti i superficiali controlli eseguiti dall’Unione alla Roubaix (tra le 196 bici esaminate non ve ne era alcuna appartenente a uno “dei big”) si potrebbe anche sospettare ad un modus operandi carente e non del tutto involontario…
Prima che l'Uci possa decidere in merito all'uso di telecamere termiche, queste ultime potrebbero diventare in poco tempo obsolete. L osviluppo tecnologico non aspetta e Varjas ha infatti svelato l'esistenza di una ruota a induzione magnetica formata da una carcassa in carbonio con inserite all’interno placche magnetiche al neodimio. Grazie a un “ponte” generato da un magnete a spire nascosto sotto la sella - ha spiegato il costruttore - si potrebbero così guadagnare almeno 60 watt senza alcuna variazione di calore. Un giochetto da quasi 50mla euro, smascherabile solo mediante l’uso di potentissimi rilevatori di campo.
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