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Intervista esclusiva, Massimo Rivola: “Aprilia ora ha una nuova credibilità”

Ex Ferrari, per il 2019 Massimo Rivola ha deciso di cambiare "vita" e passare dalla Formula 1 alla MotoGP con Aprilia. Abbiamo potuto fare due chiacchiere con lui, per scoprire come ha vissuto questo primo anno di "passaggio" alle due ruote e quali obiettivi si è posto per il 2020
"Gli eventi MotoGP sono più belli di quelli di F1"
Dopo vent’anni passati tra le quattro ruote in Ferrari, Massimo Rivola ha deciso di cambiare ambiente, di ridurre il numero delle ruote e di lavorare per un altro marchio "storico". È arrivato come amministratore delegato in Aprilia Racing, ha conosciuto il mondo della MotoGP e si è impegnato per portare in alto la casa di Noale. La nostra Serena Zunino ha potuto fare due chiacchiere con lui tra passato, presente e futuro.

Ormai la stagione è finita, che bilancio fai di questo 2019?
Nonostante la classifica, che come casa costruttrice ci vede in fondo dietro a KTM, ritengo che il bilancio non sia così negativo. Aprilia quest’anno doveva dare dei segnali di crescita, e questi ci sono stati: ad Aragon per la prima volta le due moto erano in Q2, a Phillip Island un’Aprilia è stata davanti a tutti in maniera sportivamente meritata. È durato poco, ma fin lì ci siamo arrivati e questo per noi è un grosso stimolo.

Questo è stato il tuo debutto in MotoGP, che idea ti sei fatto?
Nel mio primo anno di conoscenza di questo sport, questo mondo e soprattutto di Noale, devo dire che mi sono fatto un’idea di tutte le aree dove bisogna intervenire, con più o meno urgenza. Abbiamo cominciato a fare qualche intervento. Ovvio che quando si cerca del personale qualificato, ti scontri con le tempistiche. A fine anno riusciremo ad avere delle persone valide e avremo bisogno di tempo prima di vedere il frutto del loro lavoro sulla moto nuova.

Cosa c’è da aspettarsi dalla moto?
L’idea di fare un qualcosa di completamente nuovo nasce dal fatto che questa RS-GP sia arrivata ad un punto di sviluppo tale per cui non sappiamo quanto ancora si possa migliorare. Del resto è un prodotto molto maturo, in questi quattro anni di evoluzione è sempre cresciuta e oggi ci giochiamo quasi costantemente l’ingresso in Q2. Tante volte l’abbiamo perso, ma non voglio parlare di sfortuna, si è trattato di alcune circostanze accadute nei tempi sbagliati. Mi riferisco agli infortuni che Aleix (Espargaro) ha avuto a Barcellona, Andrea (Iannone) a Jerez e Misano. Questi infortuni sono anche colpa nostra per non aver dato al pilota il mezzo che gli desse la fiducia necessaria.



Aleix è pilota Aprilia già da tre stagioni, cos’ha portato l’arrivo di Iannone?
Andrea, oltre ad avere una guida diversa da quella di Aleix, ci ha aperto un mondo grazie alle sue esperienze in Suzuki e in Ducati. Ci sta dicendo: “Quello che fa Aleix è il modo migliore per andare veloce con quello che abbiamo, ma per andare forte in assoluto dovremmo fare anche qualcos’altro”. Tante volte il pilota si adatta alla moto, ne prende il massimo, ma poi finisce lo sviluppo perché hai preso il massimo e si perde il focus su quello di cui c’è bisogno per essere ancora più veloci.

Di cosa c’è da essere soddisfatti in questo 2019?
La cosa più importante è che abbiamo costruito credibilità. Il fatto che persone valide, come il capo di elettronica Stefano Romeo che viene da Ferrari, abbia deciso di venire da noi, vuol dire che crede che abbiamo un programma che a medio lungo termine porterà dei frutti. Questo è importantissimo oggi.

Aprilia poi ha anche un nome importante e prestigioso...
È bellissimo vedere che ci sia ancora l’amore per questo brand. Abbiamo fatto l’evento All Stars al Mugello e sono arrivate più di 10mila persone, al di sopra delle nostre aspettative che erano di 2mila, 3mila.

Che paragone si può fare con KTM?
Non abbiamo fatto l’expolit che possono aver fatto loro, che sono stati molto bravi a Misano ad aver conquistato la prima fila. KTM con Pol Espargaro ha fatto un bel salto, però la vedo un po’ come Honda: c’è un pilota che la riesce a guidare fortissimo, e gli altri che fanno un po’ più fatica.

Guardando al 2020, che obiettivi vi ponete con questo progetto?
In primis di crescere, quanto sarà sempre da valutare. Poi di accrescere la nostra credibilità. L’obiettivo che ci dobbiamo porre adesso è quello di avere due moto che lottano sempre per la top 10, di rendere la squadra sempre più forte. Corriamo contro produttori che sono da rispettare, per lo più sono dei colossi, ma credo che noi, Noale, siamo un fiore all’occhiello della tecnologia italiana. Credo che si possa arrivare a risultati di primissimo ordine con budget e personale leggermente inferiore. Questo perché a Noale c’è una cultura della moto, del motorsport, della ciclistica, della tecnologia che è fuori dalla norma.



Quale pensi sia il punto forte di Aprilia?
Aprilia fa parte di un gruppo importante come Piaggio, questo dev’essere un punto di forza e non di debolezza. Quando c’è un gruppo forte alle spalle ci sono procedure molto strutturate, e questo rallenta il processo. Del resto un elefante si muove più lentamente di un gatto. Lo vedo come un punto di forza perché sai di avere le spalle protette.
Dal punto di vista della moto, credo sia decentemente equilibrata, che vada abbastanza bene in più piste. La forza di Aprilia credo che sia Noale, un gruppo di persone super appassionate e con una struttura che tecnologicamente ha tutto per poter fare bene. Ovvio che dobbiamo tornare ad avere anche più persone per utilizzare quello che abbiamo a disposizione.

Cosa ti ha fatto accettare questa sfida?
Sono sempre stato appassionato di moto e ho sempre avuto nel cuore Aprilia, che è stata la mia prima vera moto 125. Ho sempre visto le RSV4 come una moto speciale, adoro i motori a V4 e Aprilia l’ho sempre percepita come un brand giovane, ma con tantissima tecnologia. Tutto questo unito al fatto che in Formula 1 ero stato vent’anni, di cui dieci in Ferrari, ed ero arrivato alla conclusione di un progetto, mi ha dato la spinta di voltare pagina.

Qual è la differenza principale tra Formula 1 e tra MotoGP?
Dal punto di vista dell’evento, quelli della MotoGP sono bellissimi ovunque. In qualunque appuntamento paddock e tribune sono pieni di gente, in F1 il paddock è più triste perché c’è poca gente perché è molto più rigido. Ci sono alcuni Gran Premi come Monza, Montreal, Melbourne, Silverstone, bellissimi, mentre altri sono deserti, e questo è molto triste. Probabilmente perché i prezzi dei biglietti sono troppo alti. La Formula 1 è molto staccata dalla gente. Lo spettacolo offerto dalla MotoGP è palesemente molto più bello di quello offerto dalla F1. La F1 a me piace perché conosco certi tecnicismi e leggo le gare in maniera diversa da un tifoso normale. Conosco dei retroscena, la metà dei piloti li ho visti crescere.
Qui si respira una grandissima passione, l’utente della moto è un appassionato e anche chi si avvicina che non è un motociclista diventa subito appassionato di questi tipi di eventi. C’è anche il rumore della moto che ha un effetto adrenalinico sullo spettatore. La macchina la vedo molto più come un business, ci sono case automobilistiche coinvolte che spendono centinaia di milioni. Qui c’è l’aspetto umano del pilota che ha un effetto sulla prestazione enorme. Non è detto che quello che la moto potenzialmente  ingegneristicamente più veloce sia il più veloce per tutti i piloti. Devi ritagliare un vestito su misura, quest’anno ci sono state dimostrazioni palesi.

Cosa ti manca della Formula 1?
La domenica sono stato seduto per 12 anni su un muretto e avevo un ruolo attivo. Potevo far parte della prestazione, soprattutto quando magari pioveva, potevo aiutare la squadra e il pilota a vincere. Qui faccio il tifoso, da spettatore la domenica. Il segno della croce che non si faccia male nessuno e che vada tutto bene. Un po’ questo aspetto mi manca, ma impari ad apprezzare tanti altri aspetti per rendere il pilota attivo, motivato e tranquillo che è pur sempre fondamentale.

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