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Moto2, intervista a Milena Koerner: “Si lavora meglio con gli uomini che con le donne”

Milena Koerner è la prima donna team manager del Motomondiale, tedesca e con una solida tradizione di motociclisti in famiglia, è entrata a far parte del paddock da giovanissima e non l'ha più lasciato: “Il Motomondiale" ci ha spiegato "è stata forse l’unica costante nella mia vita!”
Girl power
Nel paddock del Motomondiale le donne sono parecchie e non fanno solo le “ombrelline”. Fino ad oggi, però, nessuna aveva ricoperto il ruolo di team manager, da questa stagione il "vuoto" è stato colmato da Milena Koerner del team Forward. Di origini tedesche, Milena ha "dovuto" amare il motociclismo, visto che in famiglia era una malattia comune. Abbiamo fatto una chiacchierata con lei per conoscerla meglio e capire com'è vivere da protagoniste in un mondo così maschile.

Cosa ti ha appassionato del motociclismo?
Non penso che ci sia stata una cosa in particolare. Nella mia famiglia mio zio aveva una moto, ma anche mio fratello, mio padre e pure mia nonna aveva la patente per la moto. Quando ero piccola mio padre mi metteva davanti alla tv e mi diceva di guardare le gare, perché lui non aveva tempo e di dirgli poi chi aveva vinto. Ad un certo punto ho iniziato a guardarle perché mi interessavano davvero. Poi hanno spostato il Gran Premio in Germania sul circuito del Sachsenring, vicino a casa mia, e ho iniziato ad andarci.

Hai svolto diversi ruoli all’interno del paddock in questi anni. Qual è quello che ti è piaciuto di più?
Più hai responsabilità più diventa complicato, però ci sono aspetti positivi in tanti lavori. Avere a che fare con gli ospiti e poterli mandare a casa con il sorriso sulle labbra, dopo avergli fatto vedere un mondo che non si sarebbero mai aspettati e può essere molto appagante. Per esempio pochi immaginano che il paddock sia come un paese, che anche c’è la clinica mobile... Dall’altra parte anche vivere a stretto contatto con i piloti è emozionante. Ogni lavoro ha qualcosa di positivo.

All’interno del paddock, qual è l’aspetto che ti piace di più?
Il fatto di dovermi sempre rimettere in gioco con l'obiettivo di cercare di migliorarmi.

Com'è lavorare in un ambiente così maschile?
A volte difficile. Combatti quasi sempre contro qualche pregiudizio. Poi quando ho iniziato ero anche molto giovane, questa cosa sicuramente non aiuta. Ci sono stati vari episodi “difficili”, per esempio dire ad un uomo di 45 anni cosa fare; già ogni lingua ha le sue espressioni, che impari con il tempo, nel momento in cui sei sotto pressione e sotto stress, cadi nei tuoi soliti schemi che hai imparato durante l’infanzia. Che una donna dia degli ordini a degli uomini non è così facile, non è facile da accettare. 
I meccanici con cui sto lavorando adesso, dopo aver fatto le prime riunioni in un ufficio, mi hanno detto: “Non pensavo che tu sapessi così tanto di moto” (ride). Pensano che l’unica cosa che puoi sapere è che la moto ha due ruote...

Ti sei abituata a lavorare con gli uomini?
Sì, lavori meglio con gli uomini che con le donne, penso che questo accada un po’ in tutti gli ambiti. In questo mondo ci sono delle donne che sono delle iene, piuttosto che fare gruppo sembra che ci si debba mettere i bastoni tra le ruote. Questa è una cosa che non ho mai veramente capito. Una squadra di dieci uomini può lavorare insieme tranquillamente, ma dieci donne sono difficili da gestire.

In questi anni ti è mai successo di voler mollare il mondo del motociclismo per una vita più ordinaria?
Certo, tante volte, sono quei momenti che poi ti passano. Il Motomondiale è stata forse l’unica costante nella mia vita! (ride) Sono momenti che capitano, per esempio quando l’anno scorso Balda (Lorenzo Baldassarri, ndr) è caduto: hai paura. Io ho sempre pensato una cosa, che non sarei mai voluta andare al Medical Centre senza sapere come in che condizioni fosse davvero il mio pilota ed è successo anche quello. Alla fine quello che spesso non si capisce, è che noi siamo via anche 185 giorni all’anno e questi ragazzi diventano un po’ la tua famiglia. Conosci, purtroppo o per fortuna, più loro che gli amici che vedi quando sei a casa.  È difficile mantenere un rapporto anche da casa, solo a febbraio sono fuori per 20 giorni ed è ancora pre-campionato, dopo la situazione non migliora di certo.

Avresti mai pensato di diventare team manager?
No, onestamente non ci avevo mai pensato. Non penso che si possa iniziare a lavorare qui con un obiettivo del genere. È un continuo crescere e imparare. Alla fine ho lo stesso ruolo dell’anno scorso, ma ora anche sulla carta, e ho almeno l’esperienza di un anno, ho imparato tanto e devo ancora imparare tantissimo. Prima di accettare mi sono domandata se avrei potuto farlo e sono andata a chiedere alle persone che stimo di più nel paddock e che mi conoscono, ne ho parlato per esempio con Carlo Pernat. Penso sia normale avere dei dubbi su queste cose, se non li avessi avuti sarebbe stato un errore.

In Formula1 hanno tolto le ombrelline, in MotoGP Dorna ha ribadito che sono delle lavoratrici normali. Tu da che parte stai?
Penso che la figura dell’ombrellina ci sia sempre stata: donne e motori. Non credo che se le ragazze non saranno più a fianco alla moto si cambierà qualcosa nel mondo sull’immagine femminile. La maggior parte delle ragazze che fanno le ombrelline sono delle modelle professioniste che lavorano per un’agenzia, che vanno in fiera a fare le hostess e vengono anche in circuito a fare le ombrelline. È una cosa come un’altra che per le ragazze giovani è anche una possibilità di guadagnarsi qualcosa per pagarsi l’università o anche per sopravvivere, ed è un lavoro come un altro.
Quando poi tirano fuori discorsi per cui è discriminato chi non è bello mi cadono le braccia, questo vale per tutti i lavori del mondo. Se vuoi giocare a basket devi essere alto, se vuoi fare il pilota non puoi avere una struttura fisica molto robusta, ci sono tantissimi lavori dove è importante l’aspetto fisico o la statura. Non è che se una ragazza è bella e ha una gonna corta non dev’essere rispettata, e questo problema è in chi la guarda. Questo però non lo cambi togliendo le ombrelline.

Come vedi la stagione del Forward Racing con Manzi e Granado?
Sono contenta, finalmente stiamo iniziando! Abbiamo fatto tanti cambiamenti, abbiamo due meccanici nuovi con tanta esperienza, abbiamo due piloti in cui credo molto, abbiamo una moto nuova. Sicuramente nei test pre-stagionali dobbiamo prepararci molto bene e imparare tante cose. I dati che abbiamo sono quelli delle Kalex dello scorso anno e non ci aiutano, siamo gli unici che avremo le Suter e questo può essere un vantaggio, ma anche un piccolo svantaggio quando devi cercare il setting. Entrambi i piloti hanno un buon potenziale e mi aspetto che facciano vedere una crescita costante, quando torneremo in Europa, avremo più esperienza e saremo più competitivi... spero in qualche bella soddisfazione!

Completa la frase: “Per me lavorare nel Motomondiale vuol dire…”
Aver realizzato il mio sogno.
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