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I cinque peggiori incidenti (con guarigioni da record) nella classe regina

Per un pilota di motomondiale, le cadute e gli infortuni sono cose da mettere in conto. A volte, però, gli incidenti sono talmente brutti che chiunque sano di mente penserebbe al ritiro. Il vero campione, invece, lavora duramente per tornare in pista il prima possibile. Ecco i cinque incidenti e i relativi recuperi più incredibili di sempre
Cinque incidenti per cinque straordinari rientri
Capita di sentire, a volte, di qualcuno che si rompe una gamba cadendo da fermo con la moto, oppure di altri che, dopo un incidente, giurano di non salire mai più su qualunque cosa abbia due ruote. Questo accade perché siamo esseri umani, con i nostri limiti fisici e le nostre paure. Poi ci sono i piloti che cadono, si rialzano e ricominciano a correre, perché è nel loro DNA, ed è la cosa che sanno fare meglio, mettendo a rischio anche la propria salute pur di tornare in pista. Nella storia del motomondiale abbiamo assistito ad incidenti davvero terrificanti, con lesioni gravissime riportate dai piloti. Altrettante volte ci siamo meravigliati nel vedere gli stessi piloti tornare in pista qualche settimana dopo come dei supereroi. Ecco dunque i cinque piloti tornati a correre a tempo di record dopo un terribile incidente:


Barry Sheene – Daytona 1975 e Silverstone 1982
Non poteva mancare il “Baronetto” inglese, famoso per i suoi incidenti tanto quanto per le vittorie mondiali. Non a caso, l'altro suo soprannome era “Iron Man”, per via delle innumerevoli viti e placche metalliche che gli tenevano insieme le ossa e che facevano scattare i metal detector negli aeroporti. La prima terrificante caduta avvenne nel circuito di Daytona nel 1975, quando gli esplose il pneumatico posteriore mentre viaggiava a 280 km/h. Femore e braccio rotti, vertebre e costole fratturate. “Se fossi stato un cavallo da corsa mi avrebbero abbattuto”, disse Sheene sull'accaduto. Invece era un pilota della classe regina e lavorò duramente per tornare a correre solamente 49 giorni dopo. Nei due anni successivi vinse due mondiali 500 e poi passò in Yamaha, dove venne un po' oscurato dal talento di Kenny Roberts. Nell'82 ebbe di nuovo l'occasione di essere competitivo, ma un altro incidente infranse i suoi sogni di gloria: durante le prove nel circuito di Silverstone, centrò in pieno la moto di Patrick Igoa, caduto poco prima, e si fracassò entrambe le ginocchia e un polso. Ne conseguì un'operazione chirurgica lunga sette ore e i consigli di tutti i medici di non tornare a correre. Ovviamente non li ascoltò e tornò in pista sette mesi e mezzo dopo. Nel 1984 riuscì a tornare sul podio in Sud Africa, l'ultimo della sua carriera.


Franco Uncini – Assen 1983
Franco Uncini fu l'ultimo italiano a vincere nella classe regina prima che un certo Valentino Rossi trionfasse nel mondiale del 2001. Nel 1983, infatti, dopo il passaggio di Marco Lucchinelli da Suzuki ad Honda, Uncini trovò maggior spazio nel team e dominò nella classe 500. L'anno successivo non riuscì ad essere ugualmente competitivo e un terribile incidente sul circuito di Assen mise fine alla sua stagione, rischiando di mettere fine anche alla sua vita: Uncini stava lottando nel gruppo di testa quando, all'uscita di una curva, venne disarcionato dalla sua Suzuki. La caduta fu senza conseguenze, ma il pilota si ritrovò al centro della pista con le altre moto che si dirigevano verso di lui. Tentò istintivamente di raggiungere i bordi del circuito, ma Wayne Gardner, cercando di evitarlo, lo centrò sulla testa facendogli volare via il casco. Franco Uncini rimase immobile con la faccia sull'asfalto e tutti pensarono il peggio. Solo dopo le manovre di emergenza dei medici, il cuore riprese a battere, ma il pilota rimase in coma per una settimana. Nove mesi dopo aver rischiato seriamente la vita, Franco Uncini tornò a correre nel mondiale successivo, purtroppo senza più eguagliare i successi passati.


Valentino Rossi – Mugello 2010
In tutta la sua lunga carriera, Valentino Rossi è sempre stato abbastanza abile e fortunato da non riportare mai grossi infortuni, ma il 2010 fu un anno stregato per lui. Prima dell'inizio del motomondiale si fece male ad una spalla durante una sessione di motocross, cosa che gli diede non pochi problemi e lo costrinse a programmare un'operazione chirurgica per la fine della stagione. Purtroppo per lui, si ritrovò sotto i ferri molto prima del previsto, a causa di un high side durante le prove al Mugello. Il disarcionamento, forse causato da un pneumatico troppo freddo, fu molto violento e Rossi cadde con tutto il peso del corpo sulla gamba destra. Frattura scomposta ed esposta di tibia e perone, con prognosi di almeno due mesi. I suoi fan, non abituati a vedere il Dottore così tanto tempo lontano dalle piste, si disperarono e qualcuno pensò anche che Rossi non sarebbe tornato più come prima, dopo quel brutto incidente. Lui, in tutta risposta, si presentò al Sachsenring 41 giorni dopo, aiutato da un paio di stampelle. Per poco non arrivò sul podio. Ormai la stagione era compromessa, ma Rossi ottenne comunque sette podi, tra cui una vittoria in Malesia, la 46esima della sua carriera su una Yamaha.


Kevin Schwantz – Assen 1994
Schwantz aveva appena vinto il mondiale del 1993 in sella a una Suzuki e iniziò il campionato successivo con tutta l'intenzione di ripetersi. Purtroppo per lui, però, Mick Doohan vinse quattro delle prime sei gare, portandosi ad un vantaggio di 28 punti sul pilota statunitense. Mancavano ancora otto gare al termine e non tutto era perduto, specialmente perché la gara successiva si sarebbe corsa ad Assen, il circuito preferito di Schwantz. Il giovedì di prove, però, cadde sul polso sinistro, già precedentemente fratturato a causa di una caduta in mountain bike, causando ulteriori danni alla cartilagine e alle ossa. Tornò in sella già il giorno dopo, con il braccio ingessato, per provare un paio di giri. Alla fine ne fece 18 e decise di correre quella che sarebbe stata la gara più dolorosa e straziante della sua vita. Arrivò quinto tra le lacrime e non recuperò i punti di svantaggio da Doohan. Il polso non guarì mai del tutto e lo fece soffrire in ogni restante gara della sua carriera.


Mick Doohan – Assen 1992
Dopo il secondo posto nel mondiale del 1991, Mick Doohan iniziò alla grande la stagione successiva, con cinque vittorie e due secondi posti nelle prime sette gare. L'ottava si correva ad Assen: durante le qualifiche del venerdì, nel suo primo giro lanciato, Doohan cadde banalmente restando intrappolato con la gamba sotto la sua Honda, che lo trascinò per la pista fino a sbattere sul cordolo. Frattura di tibia e perone, subito operati in un ospedale olandese. I problemi, però, arrivarono con la cancrena: la gamba stava morendo e il pilota rischiava l'amputazione. Il Dottor Costa, lo andò a prelevare con un jet privato che vide come passeggero anche Kevin Schwantz, anche lui infortunatosi ad Assen. Una volta in Italia, il medico decise di collegare chirurgicamente la gamba in cancrena con quella sana, nel tentativo di riattivare la circolazione nell'arto morente. L'espediente funzionò e dopo una lunga e dolorosa riabilitazione la gamba guarì, anche se non tornò mai più come prima e continuò ad aver bisogno di cure anche negli anni successivi. Doohan si presentò in stampelle sul circuito brasiliano di Goiania, otto settimane dopo il suo infortunio, ancora in testa al mondiale. Arrivò dodicesimo in Brasile e poi sesto nell'ultima gara in Sudafrica, vedendosi soffiare il primo posto da Wayne Rainey. Fu un duro colpo per Mick Doohan, che sembrava preso di mira dalla sfortuna. Quello che nessuno sapeva, però, è che due anni dopo avrebbe iniziato il suo regno di cinque Campionati Mondiali vinti consecutivamente.
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