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I campioni della MotoGP: Joan Mir, fuoriclasse o meteora?

Il pilota spagnolo ha fatto faville al suo arrivo nel motomondiale, e anche in MotoGP non ci ha messo molto a mostrare le proprie qualità. La prestazione sul giro secco non è il suo miglior pregio, ma Joan è costante e sveglio nell'interpretare la gara. Basterà per reggere il confronto con Marquez?

8 campioni del mondo dal 2002 a oggi. Da Rossi a Bagnaia, tanti ma non moltissimi sono stati i piloti che si sono potuti fregiare del massimo alloro del motociclismo sportivo. Tra questi anche quelli battezzati come “meteore” e Joan Mir, a torto o ragione, ne ha preso l'etichetta.

 

Campione vero

Il maiorchino non è certo pilota dallo scarso talento. Classe 1997, arriva al mondiale relativamente tardi per gli standard odierni. Debutta nel 2016 in Moto3 e vince una gara già nella sua prima stagione, l'anno successivo domina il campionato con la Honda del team Leopard: 10 vittorie, conquista del titolo mai in discussione. In Moto2 trascorre solo l'anno da rookie ed è subito veloce almeno quanto colleghi ben più esperti. Diversi osservatori accostano la sua parabola a quella di Vinales, perché Davide Brivio lo mette subito sotto contratto per fare coppia con Alex Rins in Suzuki.

 

Una crescita improvvisa

L'anno del debutto non è semplice: Joan non si risparmia e cade spesso, a metà stagione si infortuna pure. Ma nel finale di campionato arriva un quinto posto a Phillip Island, non proprio una pista semplice. Per il 2020 ci si attende un miglioramento graduale, ma non è mistero che in Suzuki si aspettino tanto soprattutto da Rins. Il compagno di squadra però si fa male già a Jerez, e non è che l'inizio di stagione di Joan sia tanto migliore: due ritiri nelle prime tre gare, ma anche un quinto posto che di nuovo lascia intravedere il potenziale di Mir. È davvero Alex il pilota su cui puntare come prima guida?

Il resto della stagione di Mir è in crescendo: un secondo posto in Austria, e una vittoria sfumata quando era in fuga solitaria, prima dell'esposizione delle bandiere rosse. La gara viene interrotta e Joan deve rimandare l'appuntamento con il primo successo, ma lo spagnolo ha il pregio di non sentire la pressione, di non innervosirsi. Invece che puntare alla vittoria a ogni costo, cerca di ottenere il massimo possibile in un campionato senza padroni, nel quale Quartararo ha perso rapidamente smalto.

 

Apoteosi finale

Mir va a podio in 5 gare su 6 nella parte centrale della stagione, e a Valencia compie un piccolo capolavoro: la pista è perfetta per la Suzuki, lui e Rins vanno in fuga, mentre Quartararo sprofonda nelle retrovie. A metà gran premio Alex va un pelo largo e Mir lo infila: va in testa e vince finalmente la sua prima gara. Nella seconda gara corsa al Ricardo Tormo, Mir si accontenta di un settimo posto finale, anche perché Quartararo cade e mette fine da solo alle residue speranze di allungare la contesa.

 

Un presente complicato

Da campione del mondo, Mir raccoglie pochino: 6 podi l'anno scorso, con una Suzuki in ritardo rispetto agli avversari, e solo piazzamenti nella sciagurata stagione appena conclusa. Joan in Austria si rompe anche una caviglia e trascorre il finale di campionato a cercare di guarire. Nel frattempo Suzuki si ritira e Joan è “costretto” a prendere la Honda del team Repsol, nel peggior momento della storia per HRC. Quest'anno anno Mir avrà come compagno Marc Marquez: tra i due il feeling non è dei migliori, ma se Joan vorrà togliersi di dosso l'etichetta di meteora, dovrà riuscire in quanto non è venuto ai vari Pedrosa, Lorenzo, Pol Espargarò: battere il 93, o almeno reggerne il confronto.

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