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Honda RC211V, la cinque cilindri che ha sconvolto la MotoGP

Continua il nostro viaggio nella storia delle moto che hanno dominato il mondiale: la prima Honda dopo la classe 500 è un progetto tutto nuovo, a differenza degli adattamenti di Yamaha e Suzuki. Il propulsore deriva dalla RC45, la potenza è impressionante. La RC211V stravince con Valentino e Hayden le regala il canto del cigno, ma nel 2004 e 2005 soffre l'addio di Rossi, passato in Yamaha
La nascita della MotoGP nel 2002 non ha solo segnato la scomparsa del due tempi - anche se per il primo anno gareggiano ancora, pur con risultati modesti-. La nuova categoria, che trova subito l'adesione di Honda, Yamaha e Suzuki, vede queste ultime due case affrontare la nuova sfida tecnica con moto concettualmente ancora legate al passato: architettura simile del motore, telai 500 adattati all'uso. Solo Honda si presenta con un progetto davvero innovativo: la RC211V a cinque cilindri, che andiamo a conoscere insieme al nostro Guido Sassi.

Diverse filosofie
La scelta dei rivali segue una logica precisa: se con 500 cm3 riesco ad avere quasi 200 cavalli e faccio fatica a usarli tutti, con il doppio della cilindrata – 990 cm3 in realtà- non mi devo preoccupare troppo della potenza. E nonostante il 4 tempi sia meno esplosivo del 2 nel rapporto potenza/cilindrata, ha molta più coppia. Così Yamaha addirittura non sfrutta tutta la cubatura disponibile, pur di mantenere misure compatte della moto, mentre HRC decide di sparigliare le carte e scendere in campo con un prototipo dotato di un motore a V di 5 cilindri. Il punto di partenza non è proprio un foglio bianco: i tecnici prendono il motore della RC45 come base e aggiungono un cilindro davanti; a quel punto allungano di un poco la corsa e hanno in mano un propulsore da 990cc e circa 220 cavalli. Il rapporto alesaggio/corsa non è mai stato reso noto, ma svariati addetti ai lavori ipotizzano un valore iniziale di 74x46,1 e una riduzione progressiva della corsa fino a 43,7. Il motore nasce con un angolo tra le bancate di 75,5 gradi e una configurazione di scoppio irregolare: grazie a questa V non eccessivamente stretta, i tre cilindri frontali non sono troppo vicini alla ruota anteriore, ma c'è spazio sufficiente per apportare aria in maniera efficiente al motore. Il tutto con una moto che, seppure di 4 centimetri più lunga rispetto alla NSR, riesce ad avere comunque un telaio compatto a fronte di un forcellone piuttosto lungo. La moto appare snella fin da un primo sguardo, promettente nei test (seppure Rossi abbia ancora qualche timore che le due tempi possano risultare avvantaggiate) e vincente fin dalla prima gara.

Un dominio totale
I dubbi del Dottore svaniscono presto: all'apertura della stagione di Suzuka, nel circuito di casa e sotto gli occhi attenti del management, Valentino bagna – e visto il diluvio il termine calza a pennello- l'esordio della RC211V con il successo, a cui ne seguono altri 10 nel corso del campionato. Già in Germania, di 9 gare disputate, Rossi ne ha vinte 8. Nell'unico appuntamento nel quale non si impone, il fenomeno di Tavullia arriva secondo alle spalle di Tohru Ukawa, il suo compagno di squadra. A fine stagione, di sedici gp la RC211V ne lascia per strada solo due alla nuova Yamaha M1 di Max Biaggi. Nell'ultima parte della stagione HRC introduce anche un nuovo airbox e un cupolino differente, nel 2003 arriva il controllo di trazione. L'evoluzione dell'aerodinamica prosegue con una carena che cerca di regalare alla RC211V maggiore velocità di punta, visto che nel frattempo sono arrivate le Ducati, che sul dritto fanno paura. A ogni modo Valentino nel 2003 vince ancora il titolo, fa due punti in più dell'anno precedente, sale sul podio in tutte le gare e per 9 volte sul gradino più alto. Delle 7 gare che Rossi non vince, 4 le porta a casa Gibernau e 2 le conquista Biaggi, nel frattempo passato alla Honda. Insomma, la casa giapponese le vince tutte tranne il gran premio di Catalogna, che va a un Loris Capirossi in stato di grazia con la Ducati.

Confusione e sconfitte
Il 2004 inizia con un grosso cambiamento, che non è tecnico. Rossi se ne va alla Yamaha, HRC schiera Barros e Hayden. Ci sono poi Biaggi e Tamada con il team di Sito Pons (il giapponese equipaggiato con gomme Bridgestone), Gibernau ed Edwards con Gresini. Dal punto di vista tecnico la stagione inizia con un nuovo forcellone e poche altre novità, ma nel corso del campionato arriva un nuovo motore, dalla corsa più lunga. È un tentativo di dare ai piloti una moto con più coppia e una potenza più sfruttabile. Sappiamo però che anche nel 2004 Rossi vince il titolo, e i nipponici rimettono mano ancora una volta alla loro creatura. Il motore ora gira più in alto di 1000-1.500 giri, arrivando a 16.500. Per il telaio si torna indietro di un anno, ma nel corso della stagione ne vengono portati altri, e nuovi forcelloni. La sostanza però non cambia: Vale vince ancora il titolo con ben 11 primi posti, e se nel 2004 i piloti Honda avevano portato a casa almeno 7 vittorie, nel 2005 il bottino si riduce a 3 striminziti successi.
Per il 2006 – ultimo anno della cilindrata piena prima dell'introduzione dei motori 800cc-, HRC tenta il tutto per tutto. Invece che concentrarsi sul futuro progetto, i tecnici cercano di rendere il canto del cigno meno amaro. L'arrivo di Daniel Pedrosa – che porta in dote tre titoli consecutivi con Honda nelle classi minori- infonde fiducia.

All'ultimo respiro
Il motore è più compatto di ben 6 centimetri, grazie alla razionalizzazione dei componenti, il forcellone può così allungarsi a parità di interasse. Il lavoro sugli attriti interni del motore regala un 3% di potenza in più, che può sembrare poca cosa ma in realtà stiamo parlando di circa 7 cavalli.
La stagione 2006 si rivela troppo altalenante e ricca di colpi di scena per capire se davvero l'ultima RC211V sia un passo in avanti: gli errori di Rossi, la sfortuna di Ducati (con l'incidente di Capirossi a Barcellona causato da Gibernau) rendono difficile un giudizio. Quel che è certo è che, al traguardo di Valencia, Nicky Hayden ha cinque punti in più di Rossi, quanto basta per conquistare il mondiale. È il primo per l'americano, il terzo in cinque anni per la mitica RC211V.

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