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L'incredibile Laverda 1000 V6: storia di una Formula 1 a due ruote

Presentata nel 1977, la Laverda 1000 V6 sfidò le pluricilindriche giapponesi con un incredibile motore sei cilindri. Sul Paul Ricard, al Bold’Or del 1978 mostrò al mondo di cosa era capace. Peccato solo che di lì a pochi mesi il regolamento Endurance l’avrebbe tagliata fuori dai giochi

Laverda 1000 V6

Presentata nel 1977, la Laverda 1000V6 nacque dall’esigenza - e dal desiderio -  di realizzare un prototipo “fuori classe” capace di confrontarsi con le pluricilindriche giapponesi nel Campionato mondiale Endurance, nonché di  fungere da banco di prova per soluzioni da trasferire poi sui modelli di serie. L’idea maturò già nei primi mesi del 1976, quando Massimo Laverda – sulle orme delle sperimentazioni col tre cilindri 1000RGS – affidò all’ingegner GiulioAlfieri (tecnico di lavatura mondiale con esperienza in Maserati e Lamborghini) il compito di progettare un motore a V6 di 90° e quasi un litro di cilindrata. Il risultato, presentato al Salone di Milano di novembre ’77, colpì subito per l’estetica filante – semi‑carena bassa, doppio faro tondo e cerchi a cinque razze – ma, sopratutto, per l’imponente quanto elegante telaio portante in acciaio cromo‑molibdeno costruito attorno all’altrettanto imponente V6. I due prototipi, furono entrambi impegnati nella sola gara del Bold’Or 1978.

Un sogno su due ruote

Come accennato, il progetto faceva parte di una strategia modulare che prevedeva, accanto alla 1000V6, anche un’ipotetica 700V4, anche lei pensata pensate per “sfidare i Giapponesi” nelle gare di resistenza. Dopo mesi di collaudi al banco con lo storico tecnico di Laverda Luciano Zen e primi giri di pista con AugustoBrettoni, la V6 debuttò ufficialmente al Mugello nel luglio 1978, rivelando subito potenza e allungo superiori alle quattro cilindri contemporanee. La scheda tecnica parla da sè .

Motore

Cuore pulsante della moto era un V6 longitudinale di 995,5cm3 (alesaggio 65×corsa50mm), bialbero a catena, quattro valvole per cilindro e raffreddamento a liquido tramite due radiatori laterali. Inizialmente dotato di iniezione Lucas, il sistema fu presto sostituito da sei carburatori Dell’Orto monocorpo invertiti da 30mm, la cui sincronizzazione richiese una messa a punto complessa. L’accensione elettronica “F1”, derivata da un’unità Marelli da V12 Ferrari, garantiva rapidità di risposta. La potenza raggiungeva i 140 CV a 11.800giri/min, con un allungo da “Formula1” ed un “urlo impressionante” (parole del grande Nico Cereghini). Infine la trasmissione finale a cardano che, accoppiata a un cambio a cinque rapporti a innesti frontali, se da una parte privilegiava la fluidità in allungo, si dimostrò dall’altra il vero tallone d’Achille della V6. 

Ciclistica

Realizzato in tubi d’acciaio al cromo‑molibdeno, il telaio a diamante, che integrava il motore V6 come elemento portante, era abbinato all’anteriore ad una forcella teleidraulica Marzocchi da 38mm e, al posteriore, ad un monoammortizzatore collocato orizzontalmente sotto il motore, ben presto sostituito da un doppio ammortizzatore rinforzato a traliccio per meglio smorzare le oscillazioni trasmesse dal cardano. Il doppio disco Brembo anteriore da 280mm e il singolo posteriore assicurarono notevole potenza di arresto, ma il peso a secco superiore ai 200kg e la rapportatura del cambio ancora troppo ravvicinata esercitavamo stress continui sul telaio in fase di rilascio e ripartenza.

Competizioni e fine del progetto

Così realizzati, i due prototipi furono entrambi schierati al Bold’Or del 1978 sul circuito di Paul Ricard ed affidati a Nico Cereghini e CarloPerugini. Dopo un avvio promettente e punte di 278 km/h sul lungo rettilineo del Mistral, un cedimento del giunto cardanico impose il ritiro dopo otto ore di gara. Cosa che, di fatto, terminò la brevissima storia della V6: nel 1979, il regolamento Endurance limitò infatti la partecipazione alle pluricilindriche con massimo quattro cilindri, e l’elevato costo di industrializzazione, unito alle difficoltà economiche della Casa - che in quegli anni non navigava in buone acque -  decretarono l’archiviazione definitiva del progetto. Oggi i due prototipi gridano ancora in circuito, ma solo in occasione di feste e rievocazioni storiche dal sapore un po’ nostalgico.

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