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Kawasaki Z650: la moto dimenticata che era meglio di una maxi

Negli anni ‘70 Kawasaki ridefinì il concetto di “media cilindrata” con la Z 650, piccola ma potente erede della celebre Z1. Agile in città e stabile in autostrada conquistò rapidamente fama grazie alle tante soluzioni innovative 

Una Z1 junior? Non esattamente…

Negli anni più caldi dello “Shōwa”, durante il regno dell’imperatore Hirohito, quando il Giappone si stava rapidamente riprendendo dal dopoguerra e si avviava verso il ruolo di leader industriale mondiale, Kawasaki lanciò sul mercato un modello che avrebbe in breve tempo incarnato lo spirito innovativo dell’azienda. Prodotta tra il 1976 e il 1978, la Z650 nasceva come evoluzione della già celebre Z1: pensata inizialmente come una sorta di “Z1 junior”, non si limitava però a una semplice riduzione di scala, ma introduceva, al contrario, nuove tecnologie e soluzioni tecniche all’avanguardia.

Un quattro cilindri rivisto

La Z650 manteneva il layout a quattro cilindri paralleli DOHC e due valvole per cilindro della Z1 e Z2, pur con un motore completamente ridisegnato per ridurre il peso e aumentare la silenziosità. La cilindrata era di 653 cm³, con potenza massima fissata a 64 CV e coppia di 5,8 kgm, cambio a cinque marce e sistema di alimentazione affidato a quattro carburatori Mikuni VM24SS a chiusura forzata, collegati ai condotti dell’aria mediante molle anziché morsetti a vite. Dettaglio, quest’ultimo, pensato per una migliore tenuta e manutenzione. Tra le più importanti innovazioni rispetto al “vecchio” quattro cilindri spiccavano il basamento con nuovi supporti in metallo, l’albero motore forgiato in blocco, la catena primaria di tipo “high-bowl”, un nuovo inner-shim (cioè il tappetino valvola del meccanismo di distribuzione) ed una nuova pompa dell’olio trocoidale.

Telaio e ciclistica: equilibrio tra stabilità e agilità

Dal punto di vista della ciclistica, la Z650 adottava un telaio a doppia culla in acciaio simile a quello della Z1/2, ma con tubazioni dal diametro leggermente inferiore (per l’esattezza 38 mm per il tubo superiore, 28,6 mm per i tubi laterali e diagonali). Ad esso venivano abbinati ammortizzatori da 140 mm davanti e 80 mm dietro con ruote in acciaio: la ruota anteriore montava cerchi da 19 pollici, quella posteriore da 18 pollici. L’impianto frenante si affidava ad un disco anteriore da 245 mm con pinza a singolo pistoncino e tamburo posteriore da 180 mm. (che diventava a disco sulla C1). Il tutto per un peso sulla bilancia di 225 kg.

Un buon compromesso

La Z650, più compatta e leggera rispetto alla Z1000, si distingueva per una guida agile e “controllata”. Le sospensioni, pur più morbide rispetto ai modelli di maggiore cilindrata, garantivano sicurezza nei curvoni e stabilità ad alta velocità, senza i tipici “wobble” di cui soffriva invece la Z1000. Allo stesso modo, l’ottima geometria dello sterzo e l’interasse bilanciato rendevano la moto stabile nei cambi di direzione così come nelle curve strette, regalando ai piloti una buona dose di confidenza fin dai primi metri. Discorso analogo per l’utilizzo urbano: in città, la Z650 si dimostrava maneggevole grazie alle dimensioni ridotte e alla compattezza del telaio, la posizione di guida e il manubrio offrivano un controllo preciso e il cambio, pur leggermente duro nelle partenze da fermo, si dimostrava su strada aperta fluido e reattivo. In sintesi un buon equilibrio tra comfort e sportività. Fondamentalmente, la Z650 si dimostrò quindi una moto pensata per i piloti che volevano un’esperienza simile alla Z1, ma più accessibile, leggera e, per molti aspetti, raffinata.

I record della Z650

La Z650 si guadagnò rapidamente una reputazione mondiale per velocità e resistenza, dimostrando che una moto più piccola poteva battere modelli ben più potenti. Il modello B1 (cioè quello “standard”, diverso dal C1 commercializzato in Nord America con cerchi in lega a sette razze e freno a disco anche al posteriore) in particolare partecipò anche a test di endurance straordinari, conquistando record FIM sulla distanza di 1.000 km a 128,4 mph, sei ore AMA/FIM a 127,7 mph e record AMA 100 miglia a 130 mph. Invece in Australia, una Z650 coprì 9.550 miglia in poco più di dieci giorni, battendo record di resistenza e affidabilità. Oltre che inaffaticabile, la piccola Z si rivelò anche stabile e veloce grazie a un motore che combinava potenza, coppia e una perfetta distribuzione dei pesi ad un interasse contenuto ma bilanciato.

Le quotazioni

Da noi la Z650 arrivò sul mercato nel 1977 al prezzo di 2.392.000 lire.  Oggi, trovarne di usate sul mercato non è cosa semplice: bisogna avere pazienza e spulciare con metodo i vari annunci presenti sui marketplace. Per quanto riguarda invece il prezzo, molto, come spesso accade, dipende dallo stato della moto: alcune sono messe davvero male, mentre altre sono state sapientemente restaurate. In quest’ultimo caso, specialmente se già iscritte ai registri storici (condizione, lo ricordiamo, importante per poter circolare in molte regioni) i prezzi sono alti, spesso sopra i 5mila, mentre per modelli marcianti ma con qualche lavoretto da fare si può sperare di trattare cifre più vicine ai 3mila euro. 

Avendola citata: Kawasaki Z1 900, la vendetta di Akashi

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