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Aprilia RS Cube: la MotoGP di Gigi Dall'Igna che non vinse mai

Nata per battere le giapponesi grazie a concetti innovativi, la 3 cilindri di Noale non ha mai convinto ed è andata in pensione senza mai salire sul podio

Nella MotoGP odierna la standardizzazione è ai massimi livelli, anche per via di un regolamento molto stringente. Non era così agli albori della categoria, quando le norme erano abbastanza elastiche da permettere ai tecnici di prendere le strade più diverse. Nata per battere i giapponesi inseguendo una filosofia diversa, l'Aprilia RS Cube è stata un esperimento decisamente coraggioso, anche se non particolarmente fortunato.


Una buona idea

Negli anni '90 e Duemila, Aprilia fa incetta di titoli nelle cilindrate “minori” e solo in 250 conquista 10 campionati piloti grazie alla propria RSV e alle sue eredi. Il papà di quella fortunata moto è Jan Witteveen, ingegnere olandese arrivato in Aprilia a fine anni '80, dopo le vittoriose esperienze in Cagiva. L'idea che gira a Noale è quella di provare a battere le giapponesi non sul piano della potenza pura, ma sfruttando leggerezza e velocità di percorrenza in curva, dal momento che le quarto di litro su alcuni circuiti risultano migliori delle 500. 

Nasce così la bicilindrica RSW-2 500, che per regolamento può pesare 105 chili contro i 130 delle quattro cilindri. I risultati in pista non danno ragione a Witteveen (così come non funziona la Honda NSR V2), ma con l'avvento della classe MotoGP, in Aprilia sono convinti di poterci riprovare con maggior successo.


Vantaggi regolamentari

Questa volta è Gigi Dall'Igna il capo progetto, la scelta cade su un 3 cilindri in linea, che per regolamento può pesare 135 kg contro i 145 chilogrammi dei 4 e 5 cilindri. Il motore viene realizzato con la collaborazione della Cosworth, che per Ford produce i propulsori di Formula 1 e che aveva già lavorato con la casa veneta per lo sviluppo del bicilindrico superbike. La cilindrata unitaria è molto simile a quella delle monoposto: 330cc contro 300, ci sono il richiamo pneumatico delle valvole, il controllo di trazione e l'acceleratore ride-by-wire. L'albero motore è controrotante, la potenza espressa è impressionante: circa 240 cavalli già con il primo prototipo. Sono una ventina in più rispetto a tutti, anche alla temibile Honda 5 cilindri. Tutto facile quindi? Assolutamente no.

Il debutto in Giappone non va malaccio, con Régis Laconi che centra un ottavo posto. La moto mostra però già un discreto caratteraccio: la potenza è tale che le gomme tendono addirittura a “stallonare”, la RS3 impenna a ogni uscita di curva e l'anteriore dà poca confidenza in frenata. La stagione di apprendistato che Aprilia si è data per il 2002 si conclude con 33 punti e l'ottavo posto di Suzuka che viene replicato al Mugello come miglior risultato.


Una evoluzione difficile

Per il 2003 la moto perde qualche chilo e Dall'Igna cerca di disegnare un telaio più funzionale, dalle geometrie differenti. L'interasse di 1410 millimetri nel frattempo è stato aumentato di 3 centimetri per limitare l'impennata, con i suoi 2030 millimetri di lunghezza la RS3 non è certo la moto più compatta della griglia. La potenza cresce ancora, per gli pneumatici si passa da Dunlop a Michelin e vengono ingaggiati due piloti che hanno la fama di non temere i cavalli imbizzarriti: Noriyuki Haga e Colin Edwards. Il texano non ha esperienza di moto da gran premio, poca anche quella del giapponese. 

Le cadute si sprecano, Edwards lamenta l'eccessivo chattering della moto e non passa molto tempo prima che definisca il progetto “nato male”. Il migliore risultato della RS3 è un sesto posto di Texas Tornado nella tappa di apertura in Giappone, ma è un caso isolato. Le prestazioni di Aprilia in campionato sono globalmente migliori rispetto a Suzuki e Kawasaki, ma decisamente inferiori rispetto al debutto decisamente positivo di Ducati.


Il canto del cigno

Le spese sul progetto sono ingenti e Aprilia è in procinto di vivere il passaggio di proprietà al Gruppo Piaggio. Il 2004 è un anno delicato, ma il team in MotoGP non viene immediatamente smantellato e anzi, la sponsorizzazione dei Monopoli di Stato inietta nuovi capitali che permettono di aggiornare la RS Cube in tutte le aree. Le due moto vengono affidate a Jeremy McWilliams e Shane Byrne, con Michel Fabrizio e Garry McCoy protagonisti di sporadiche apparizioni. I problemi non vengono risolti e anzi, la RS Cube non vede più la top ten, se non al Mugello con Byrne.

La chiusura del progetto RS Cube/MotoGP arriva quando la versione 2005 è già scesa in pista a Jerez de la Frontera, a fine novembre. Byrne è fiducioso sulle qualità della moto, che “è più stabile e meno faticosa da gestire rispetto alla versione 2004, è migliorata sotto ogni aspetto”. Il merito va a nuove sospensioni e a un motore rivisto nell'erogazione. 

Il Gruppo Piaggio però ha altri piani per il futuro: i vertici dell'azienda puntano al rientro in superbike con quella che sarà la nuovissima RSV4. Arriveranno tre titoli mondiali piloti, due con Max Biaggi e uno con Sylvain Guintoli, più altrettanti allori costruttori a partire dal 2010. Sarà un'altra storia di grande ingegno, ma con risultati decisamente più gratificanti.

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