Dalla Superbike al Motomondiale: i top e i flop
John Kocinski è stato il primo iridato in entrambe le serie, dopo di lui piloti del calibro di Colin Edwards e Troy Bayliss hanno provato a sfondare tra i prototipi, ma senza riuscirci del tutto. Max Biaggi il più titolato sui due fronti, Alvaro Bautista l'ultimo eroe. Per Toprak Razgatlioglu l'impresa non sarà semplice
L'annuncio del passaggio di Toprak Razgatlioglu dalla superbike alla MotoGP ha riacceso il dibattito su quanto i piloti provenienti dalle derivate di serie possano essere competitivi tra i prototipi e viceversa. I due mondiali corrono fianco a fianco da quasi quarant'anni e gli esempi di carriere sui due fronti non mancano, anche se quelle di successo non sono state poi molte.
Le origini
Il mondiale Superbike debutta nel 1988, anche se già nel decennio precedente era stato introdotto un campionato denominato Formula TT. A fine anni '80, a ogni modo, la serie prende la denominazione attuale e vi gareggiano moto derivate di serie da 2 a 4 cilindri, con cilindrata tra 750 e 1000 cm3. Alcuni piloti provengono giocoforza dal mondiale. È il caso di Marco Lucchinelli, già campione del mondo della 500 nel 1981 con la Suzuki del team Gallina, o Virginio Ferrari, vicecampione della classe regina nel 1979 e iridato di Formula TT giusto nel 1987. Al mondiale partecipano anche piloti che vengono dalle road races come Joey Dunlop, ma fanno capolino anche talenti emergenti che esploderanno di lì a poco tra i prototipi. È il caso di Mick Doohan, che con la Yamaha partecipa a soli due appuntamenti (Giappone e Australia), vincendo però 3 gare su 4.
Alle origini della superbike non ci sono campioni tra le derivate di serie che hanno sfondato nel motomondiale: Merkel, Roche, Polen, Russel, Fogarty e Corser tra i prototipi non sono mai stati protagonisti e per avere il primo iridato sui due fronti bisogna attendere il 1997.
The little...
John Kocinski è stato un pilota dal talento incredibile e dal carattere indubbiamente spigoloso, tanto che Kenny Roberts, per un breve periodo suo datore di lavoro, lo aveva soprannominato The little s**t. Diversi gli episodi a suo sfavore: nel 1993, tanto per citarne uno tra i più clamorosi, decide di distruggere intenzionalmente il motore della sua Suzuki mandandolo in fuori giri a fine gara, fino al grippaggio. La casa giapponese lo licenzia in tronco ed è la fortuna della Cagiva, che lo assume al volo e riesce a vincere una gara con il pilota di Little Rock. A ogni modo, nel 1990 Kocinski si era già laureato campione in 250 con la Yamaha e nel 1996, dopo essersi fatto terra bruciata intorno nel paddock, sbarca in superbike. Corre una stagione con il team ufficiale Ducati Corse, con la 916, l'inizio è subito promettente: dopo un terzo posto al debutto, nel 1997 passa alla Honda. La casa di Tokyo lo paga profumatamente e gli affida la RC45 ufficiale negli splendidi colori Castrol. Il costruttore giapponese non si impone dal 1989 e vuole rimediare: Kocinski si fa trovare pronto e sbaraglia la concorrenza. Vince ben 9 gare, in campionato ha la meglio tanto del compagno di squadra Aaron Slight che del pluricampione Carl Fogarty, su Ducati. Quindi torna nel motomondiale, per un finale di carriera disastroso.
Anni Duemila
I primi anni Duemila segnano vari tentativi di migrazione dalle derivate di serie alla MotoGP, complice il fatto che nel motomondiale si corre ormai con le 4 tempi. Colin Edwards e Troy Bayliss sono i due campioni del mondo della superbike che hanno maggiore fortuna, ma non al punto da sfondare veramente: Texas Tornado non riuscirà mai a vincere una gara – missione quasi riuscita ad Assen nel 2006, prima di cadere all'ultima chicane- diventando invece un buon comprimario in squadra con Valentino Rossi, mentre Bayliss vive tre anni di alti e bassi tra Ducati e Honda. Vince la sua unica gara a Valencia 2006, quando viene chiamato in sostituzione di Sete Gibernau. Trionfa in una incredibile doppietta Ducati davanti a Loris Capirossi, nel giorno del mondiale perso da Valentino su Hayden.
Anche Ben Spies (campione 2009 sbk con Yamaha) tenta il salto, ma viene limitato da vari fattori, tra quali diversi infortuni. Nel 2011, primo anno in cui sostituisce Rossi nel team ufficiale di Iwata, guadagna una vittoria ad Assen, ma rimane la sua unica affermazione.
Biaggi e Melandri
Nel 2011 Carlos Checa (2 vittorie in 500 a fine anni '90), riesce finalmente a vincere il mondiale con la Ducati in superbike. Sono anni buoni per i nostri piloti italiani che, come lo spagnolo, hanno trovato una seconda giovinezza sportiva tra le derivate di serie. Max Biaggi vince 2 titoli con Aprilia: il primo nel 2010, il secondo nel 2012, per solo mezzo punto su Tom Sykes (Kawasaki). Il ritorno del Corsaro – che a Noale deve 5 dei suoi 6 titoli- dà lustro alla categoria e anche Marco Melandri prova la strada della superbike per rilanciare una carriera arrivata quasi al top; una storia a cui è però mancato tremendamente il titolo della 500. Macho non sfigura affatto in superbike, ma anche tra le derivate di serie arriva “solo” vicino al bersaglio grosso: corre 7 stagioni complete, ma solo nelle prime 4 riesce a vincere qualche gara e nelle prime due chiude al secondo e al terzo posto in classifica.
Due strade divergenti
Gli anni più recenti segnano una separazione sempre più netta delle carriere: telai super rigidi e pneumatici molto differenti rendono arduo il passaggio dalla superbike al motomondiale, a cui si aggiungono anni di mancato apprendimento dei circuiti per chi non ha fatto tutta la trafila delle categorie minori. Cal Crutchlow, campione del mondo Supersport nel 2009, passa in MotoGP nel 2011 e riesce a vincere 3 gare con la Honda di Lucio Cecchinello, ma è l'unico “migrante” di successo. Un 6 volte campione del mondo come Jonathan Rea non ottiene nemmeno una vera e propria possibilità e il suo passaggio ai prototipi rimane un sogno. Il percorso inverso lo compiono invece in tanti: Scott Redding, Andrea Iannone, Danilo Petrucci, Alvaro Bautista. Lo spagnolo, già iridato della 125 nel 2006, si laurea campione con la Panigale V4R nel 2022 e 2023, a 39 anni. Nella stagione del secondo titolo ottiene come premio una wild card in Malesia ma, complice una condizione fisica compromessa da un infortunio e la mancanza di test, porta a casa una gara molto complicata, terminata fuori dalla zona punti.
Le superbike, che pure al giorno d'oggi sono quasi dei prototipi, montano gomme e sono costruite su telai molto più "morbidi" rispetto alle MotoGP. In più non utilizzano i freni in carbonio e hanno una aerodinamica che influisce molto sullo stile di guida. Adattarsi è difficile e per Toprak Razgatlioglu sarà una bella sfida.
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