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Aprilia Trackhouse Racing: è il rilancio degli americani?

La presentazione del team a stelle e strisce riaccende la speranza di un futuro nel quale gli statunitensi tornino protagonisti della scena. Ma i campionati nazionali non sono all'altezza e i talenti prodotti faticano in Europa. I tempi di Lawson e compagni sono lontanissimi

Il debutto del team Trackhouse Racing in MotoGP riporta la Stars and Stripes in veste di protagonista nel motomondiale. Il ritorno degli americani per ora è evidente soprattutto nella livrea dell'Aprilia clienti: una moto sulla quale la bandiera americana fa grande sfoggio dei suoi colori, in un vero e proprio tripudio USA. C'è da aspettarsi però qualcosa di più sostanziale per il futuro?

 

Il nuovo team

Il proprietario di Trackhouse Entertainment Group, Justin Marks, nello scorso dicembre annunciò che la sua struttura nel 2024 sarebbe stata impegnata in MotoGP. Sulla scia del successo conseguito nella NASCAR, il proprietario di Trackhouse ha aggiunto appetito alle proprie ambizioni. Sei settimane dopo il team ha presentato le sue Aprilia RS-GP affidate a Miguel Oliveira e Raul Fernandez. La prima notizia è che il portoghese avrà una moto 2024: uno sforzo importante per Noale, che premia un pilota di sicuro valore e probabilmente non inferiore nelle capacità di guida ai due ufficiali.

La presentazione è avvenuta a Hollywood, il team sembra solido e al momento presenta due sponsor: Sterilgarda – storico marchio legato a Max Biaggi- e GoPro. La domanda che ci si pone è se questo ingresso potrà in qualche modo favorire il ritorno anche dei piloti americani in classe regina.

 

Un passato ingombrante

Kenny Roberts, Freddie Spencer, Eddie Lawson, Wayne Rainey, Randy Mamola, John Kocinski, Kenny Roberts Jr. e Nicky Hayden sono stati campioni del mondo in top class, ma l'ultimo titolo risale ormai al 2006 e successivamente si è visto ben poco (qui trovare raccontata l'epopea dei grandi piloti born in the USA). John Hopkins e soprattutto Ben Spies avevano le qualità per fare bene, ma una vita sregolata nel primo caso e i troppi infortuni nel secondo hanno impedito ai due piloti di raccogliere quanto meritavano (anche se il rider di Memphis un titolo in sbk lo ha conquistato). Dopo il ritiro di Colin Edwards e la scomparsa di Hayden, nessun pilota statunitense ha più calcato la scena in classe regina, e anche nelle categorie minori non si è visto molto. Joe Roberts non è riuscito a crescere quanto si sperava; Sean Dylan Kelly è andato a punti quest'anno in una sola occasione, nonostante inizi a conoscere meglio le piste del calendario iridato.

 

La crescita del vivaio

In superbike non va tanto meglio: Garrett Gerloff è sicuramente un buon pilota, ma non è riuscito a sfondare, e quando nel 2022 il pluricampione americano Jake Gagne ha avuto una wild card, è andato a stento a punti. Il punto è proprio questo: il campionato AMA non sembra in grado di fornire un livello adeguato. La serie promossa da Wayne Rayney corre su piste spesso obsolete, non ha probabilmente un numero sufficiente di round, e per di più non abitua i giovani piloti a correre su moto prototipo. Per gli americani sembra poi sempre più difficile trasferirsi in Europa a correre, o forse semplicemente non sentono così tanto l'esigenza di confrontarsi con i migliori al mondo. La speranza è che un team in MotoGP -oltre alla presenza di Dan Rossomondo al timone della promozione del brand- possano contribuire a rendere più popolare il motomondiale e ad accendere di nuovo una scintilla oltreoceano.

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