Le (ultime) leggendarie 250 a 2 tempi degli anni '90
In Italia conosciamo molto bene l'Aprilia RS 250 e la Suzuki RGV 250 Gamma, ma non sono le uniche ultime 250 a 2 tempi. Dal Giappone ricordiamo anche le sportive di Yamaha, Kawasaki e Honda, ma sono rarità solo per pochi
Negli anni '90 le moto a miscela hanno raggiunto il loro apice in termini di prestazioni: le neonate sportive 600 4 cilindri (ve le raccontiamo con nostalgia qui) iniziavano ad incuriosire i giovani smanettoni, ma solo le 250 a 2 tempi riuscivano a farti provare le emozioni di una moto da Gran Premio. Il mercato italiano era dominato da due modelli ancora oggi iconici e ricercatissimi, l'Aprilia RS 250 e la Suzuki RGV 250 Gamma, ma pochi fortunati sono riusciti ad importare dal Giappone anche le avversarie di Yamaha, Kawasaki e Honda: ve le presentiamo tutte!
Aprilia RS 250

La prima serie della RS 250 con livrea replica Reggiani (foto di Iconic Motorbike Auction)
La "duemmezzo" della casa di Noale è ancora oggi oggetto del desiderio di tanti appassionati. La prima generazione venne presentata al Salone di Colonia del 1994: una vera e propria race replica della 250 GP con cui correva Max Biaggi nel motomondiale. La carenatura era avvolgente e le colorazioni ispirate alle moto da gara la rendevano ancora più affascinante. Il marchio di fabbrica di questa sportiva, però, era il doppio silenziatore sul lato di destra che dava voce al bicilindrico a V raffreddato a liquido da 249 cm3, alesaggio x corsa di 50 x 50,6 mm. Storia curiosa: il blocco, in realtà, non è Aprilia. La casa di Noale provò a svilupparne uno derivato da quello della 250 GP ma, visti i costi elevati, la difficoltà di sviluppo e l'imminente uscita di scena della Suzuki RGV 250 Gamma, decise di stringere un accordo con il marchio di Hamamatsu. Il V2 ad ammissione lamellare, quindi, era giapponese ma costruito con specifiche del costruttore italiano.

Le forme della seconda serie sono cambiate notevolmente: la si riconosce per il codino "a goccia" (foto di Iconic Motorbike Auction)
Grazie ai due carburatori Mikuni da 34 mm la potenza massima arrivava a 70 CV a 11.900 giri/min. Di qualità anche la ciclistica, che faceva affidamento su un telaio a doppia trave in alluminio, forcellone a banana, forcella WP a steli rovesciati da 40 mm e impianto frenante Brembo. La seconda (e ultima) generazione entra in scena nel 1998: la base tecnica è stata quasi completamente confermata se non per la forcella, qui una Marzocchi da 41 mm, per il mono regolabile ora nell’interasse e per la dimensione della gomma anteriore, 120/60-17" prima era 110/70-17". Inoltre, a causa delle normative antiquinamento la 250 di Aprilia perse un cavallo di potenza massima.
Suzuki RGV 250 Gamma

La RGV 250 Gamma è una piccola moto da GP, soprattutto nello stile (foto di Iconic Motorbike Auction)
La sigla RG fa parte della storia di Suzuki già dagli anni '70, quando la casa di Hamamatsu si difendeva a gomiti alti nelle principali categorie del Motomondiale. Per iniziare a sentir parlare di RGV, però, bisogna aspettare il 1988, quando venne presentata la 250 Gamma mossa per la prima volta da un motore bicilindrico a V. La moto era molto legata al "suo decennio", infatti il cerchio posteriore aveva la classica misura da 18". La RGV 250 Gamma più evoluta, invece, è arrivata nel '91: un mini moto da gran premio con telaio in alluminio, forcella a steli rovesciati, doppio silenziatore, forcellone a banana, ruote entrambe da 17" e carenatura da vera sportiva. Il motore a V di 90° nasceva con una potenza di 45 CV, cresciuta fino a 62 CV a 11.000 giri/min sulla versione di cui vi stiamo parlando: i carburatori, infatti, passarono da 32 a 34 mm e venne introdotta una nuova valvola di scarico SAPC.
Yamaha TZR 250

La TZR 250 "di nuova generazione": in Italia ce ne sono pochissime (foto di Iconic Motorbike Auction)
La 250 a 2 tempi di Iwata è stata tra le meno diffuse in assoluto, in particolare la versione denominata 3XV. Questa serie è stata presentata nel 1991 e, a differenza delle sue antenate abbandonò il motore bicilindrico parallelo per far spazio ad un più moderno V2. La TZR 250 si ispirava tantissimo alle 500 GP, in particolare nell'estetica caratterizzata da forme squadrate e voluminose per permettere al pilota di chiudersi facilmente in carena. Azzeccata anche la scelta di mettere un silenziatore per lato. La potenza massima si fermava a 45 CV, scelta strategica di Yamaha per renderla più sfruttabile su strada. La ciclistica però era di riferimento perché il telaio Deltabox in alluminio era compattissimo (l'interesse era il più corto della categoria) e davanti spiccava una forcella a steli rovesciati da 39 mm regolabile.
Kawasaki KR-1

La Kawasaki KR-1 è tra le meno note, ma anche lei è stata venduta in Europa (foto di Classic Motorcycle Mechanics)
Anche la verdona a 2 tempi è una vera rarità perché la produzione di tutti i modelli (dal 1988 al 1992) è stata inferiore alle 10.000 unità in tutto il mondo. La KR-1 era caratterizzata da una linea molto bilanciata e da prestazioni eccellenti: il telaio in alluminio abbracciava un motore bicilindrico con alesaggio x corsa di 56 mm x 50.6 mm e, grazie ai due carburatori Keihin PWK 28, la potenza arrivava a 52 CV a 10.500 giri/min. Nel 1991, la casa di Akashi presenta le versioni S e R, con quest'ultima valorizzata da due Keihin PWK 35 che garantivano un'incremento di 3 CV, un telaio più rigido e gomme più grandi. Peccato la KR-1 non si sia mai troppo evoluta, infatti anche gli ultimi modelli prodotti montavano dettagli "old style" come la forcella a steli tradizionali.
Honda NSR 250 R

La NSR 250 R è stata profondamente aggiornata da Honda: la MC21 è tra le più rivoluzionarie (foto di Iconic Motorbike Auction)
In questa lista di leggendarie 250 2 tempi non poteva mancare la NSR 250 R che, ufficialmente, non arrivò mai in Italia. Uno dei modelli più prelibati, soprattutto in termini di contenuti tecnici, è l'MC21 del 1990: rispetto al predecessore, i tecnici giapponesi hanno rivisto profondamente il progetto per renderlo più competitivo e sofisticato. Il motore bicilindrico a V conferma le misure 54 x 54,5 mm di alesaggio x corsa e introduce sensori come il GPS (che in questo caso sta per Gear Postion Sensor, per la lettura della marcia inserita). Sulla NSR 250 R debutta anche la centralina PGM-III in grado di analizzare la guida e attuare strategie ancora più sofisticate. Il risultato è una potenza massima di 45 CV a 9.500 giri/min. Di prim'ordine anche la ciclistica, a partire dal telaio perimetrale in alluminio rivisto nelle sezioni e dal forcellone bibraccio a banana (diventato monobraccio con la generazione successiva), che ha permesso una notevole riduzione dell'interasse.