Yamaha YA-1, la Libellula Rossa che fece volare Iwata
Fu la prima moto firmata Yamaha, ma sembrava già una dichiarazione d’intenti. Elegante, precisa, sorprendentemente curata per l’epoca: la YA-1 segnò il debutto della Casa giapponese nel mondo delle due ruote, lasciando il segno nelle competizioni e nell’immaginario collettivo…
Un nuovo inizio
Reduce dalla guerra, nel 1955 il Giappone era in piena fase di ricostruzione: strade, industrie, economia, tutto era da rifare. Yamaha, allora attiva nella produzione di strumenti musicali, aveva subito danni ingenti, ma poteva contare su uno stabilimento secondario — altamente specializzato — dove in tempo di guerra si costruivano componenti per aerei, comprese le eliche del leggendario Mitsubishi Zero. Una buona base da cui ripartire? Un po’ come avvenne con la nostra Piaggio, con la fine del conflitto gli impianti bellici persero la loro funzione originale, ma fu proprio in quelle officine che prese forma un’idea nuova: trasformare la precisione aeronautica in eccellenza motociclistica.
Il boom della moto in un Paese che ripartiva
Negli anni Cinquanta, il Giappone scoprì la moto come simbolo di rinascita. Economiche, robuste e adatte ad un territorio ancora segnato dalla guerra, le due ruote divennero in breve un mezzo fondamentale. In appena quattro anni, dal 1950 al 1954, la produzione nazionale passò da 10.000 a oltre 750.000 unità, in un mercato affollato da oltre 100 costruttori, seppur molti improvvisati e pochi realmente “strutturati”. La maggior parte di essi era infatti formata da officine artigianali con risorse limitate e competenze ridotte, spesso nate dal nulla per intercettare un mercato in piena esplosione. Fu in questo questo contesto che Genichi Kawakami, presidente di Yamaha, prese una decisione netta: non puntare sul prezzo, ma sulla qualità. E per farlo, fondò nel luglio del 1955 la Yamaha Motor Co., Ltd.
Eleganza, meccanica e ambizione: nasce la YA-1

Il primo modello prodotto fu la YA-1, presentata proprio nel 1955. Tecnicamente ispirata alla tedesca DKW RT 125, come molte concorrenti giapponesi, la Yamaha si distingueva però per un livello di finitura superiore: verniciature curate, metalli lavorati con precisione, componentistica solida. Un’attenzione al dettaglio evidente anche in soluzioni come il tachimetro/contachilometri con fondoscala a 100 km/h, la forcella anteriore telescopica — davvero efficace per l’epoca — e la grande sella in gomma, dotata di molle per garantire comfort anche sulle strade più sconnesse.
La YA‑1 fu anche la prima moto giapponese dotata di sistema di avviamento primario, cosa che permetteva di accendere il motore anche quando la trasmissione era innestata, senza dover stare in folle. Una soluzione che divenne standard mondiale.
Ciò che catturava a colpo d’occhio era però la colorazione rosso scuro, elegante e originale, in netta rottura con il nero dominante dell’epoca. Un colore che era lo stesso usato in passato per i biplani “Aka-Tombo” (“libellula rossa”), da cui nacque il soprannome della moto. Inoltre, in omaggio alle origini di Yamaha come casa di strumenti musicali, il serbatoio presentava fregi smaltati con tre chiavi di accordatura incrociate, mentre sulla ruota anteriore campeggiava una chiave di accordatura in ottone, simbolo del logo storico.
Una moto “adatta”
Il cuore della YA-1 era un monocilindrico a due tempi da 123 cm³, raffreddato ad aria, capace di erogare 5,6 CV a 5.000 giri/minuto, con una coppia massima di 9,4 Nm già a 3.300 giri. Numeri modesti sulla carta, ma più che sufficienti grazie a un peso contenuto di 94 kg. Il telaio era leggero e bilanciato, la ciclistica efficace, la moto agile e stabile su ogni tipo di fondo grazie ad un’ottima una forcella telescopica anteriore. Dettaglio non da poco il piccolo portapacchi, lì per rendere la Libellula ancor più funzionale nella vita quotidiana. Esattamente ciò che serviva insomma per percorrere le lunghe e dissestate strade che collegavano la città ai centri rurali. Non per nulla, prima della produzione, la YA‑1 fu sottoposta a un severo collaudo da 10.000 km, necessario a validarne qualità e affidabilità.
Prezzo alto, ma un ottimo riscontro

Al momento del lancio, la YA-1 costava 138.000 yen, cifra che corrispondeva quasi allo stipendio annuo di un neolaureato. Un prezzo non certo accessibile, specie per un mezzo alla prima esperienza di produzione. Eppure, tra il 1955 e il 1958, oltre 11.000 esemplari trovarono un acquirente. Un successo più che ragguardevole, che premiava l’ambizione Yamaha di non scendere a compromessi su stile e affidabilità.
Vincente anche in pista
Per farsi conoscere, Yamaha scelse la strada più diretta: le corse. La YA-1 esordì nel luglio 1955 nella Mt. Fuji Ascent Race e vinse al primo colpo. Ma il vero exploit fu alla prima edizione dell’Asama Highlands Race, dove la piccola 125 conquistò tutto il podio nella propria categoria. Un successo netto, che convinse tutti — anche i più scettici — della bontà del progetto. Non per nulla, i modelli da gara venivano verniciati con lo stesso rosso del modello stradale, come a “rinforzare” l’identità della moto. La strategia Yamaha si rivelò vincente anche nel lungo periodo: nel 1957, alla seconda edizione dell’Asama Highlands Race, la Casa di Iwata si impose non solo nella classe 125, ma anche nella neonata categoria 250 cm³, segno di un’evoluzione tecnica ormai già in atto…