Vincent Rapide Serie D: costava come una casa, ma era la migliore
Vista per la prima volta nel 1936, la Rapide di Vincent si presentò fin da subito come una moto per pochi, anzi, pochissimi. Superata la guerra, l’evoluzione proseguì fino al 1954, quando arrivò, insieme ad altri modelli, l’insuperabile Rapide Serie D...
In Italia, quando arrivarono agli inizi degli anni Cinquanta, costavano il doppio di una Falcone: 850.000. Con quei soldi - se si considera che lo stipendio medio mensile viaggiava sulle 50.000 lire - all'epoca ci si poteva comprare un piccolo appartamento. Le Vincent della serie D non erano per tutti, ma super maxi che rappresentavano all’epoca il non plus ultra della tecnica motociclistica, capaci di prestazioni perfino superiori a quelle delle moto da corsa. Ecco come nacque e morì…
Il Canto del cigno
Ultima serie delle celebri bicilindriche di Stevenage, la D rappresentò il canto del cigno della casa inglese. Oltre alla Rapide, c’erano la Black Shadow, la monocilindrica Comet 500 e due modelli completamente carenati, cioè la Black Prince e la Black Knight. Modelli preziosi ed estremamente evoluti, “uccisi” però dalle difficoltà finanziarie di Vincent. Ma andiamo con ordine…
Seria A

Presentata al Salone di Londra del 1936, la prima ad arrivare è la Rapide, capostipite della Serie A. Una bicilindrica meccanicamente complessa capace di superare i 170 km/h. Prima dello scoppio della guerra ne furono prodotte 78, alcune delle quali premiate con importanti vittorie. Philip Vincent però non era del tutto soddisfatto e, alla fine della guerra, ne presentò una versione riveduta e corretta.
Serie B

La Serie B arriva 1946: è compatta, molto più piccola delle altre 1.000 in circolazione. Al posto del telaio monoculla della Rapide, sfoggia un trave superiore - che funge anche da serbatoio dell’olio - dal quale pende un bicilindrico a V longitudinale, completamente rivisto: le valvole sono a bagno d’olio con molle, il cambio è in blocco e la trasmissione rinforzata con la frizione assistita da servocomando meccanico. Invariata invece la pregevole sospensione posteriore progettata dallo stesso Philip Vincent, mentre leghe leggere e materiali preziosi sono impiegati a profusione per farla rimanere entro i 200 kg. Risultato? La Rapide B è ancor più veloce e più affidabile. Il meglio che si potesse desiderare.
Serie C
Non contento, Philip Vincent presentò solo tre anni più tardi, nel 1949, una Rapide ancor più ed evoluta: arrivano la forcella Girdraulic in lega leggera davanti ed un singolo ammortizzatore idraulico centrale, il motore guadagna un maggior rapporto di compressione, i carburatori e condotti delle teste diventano più grandi e la potenza sale a 55 CV a 5.700 giri. I numeri diffusi dalle riviste inglesi dell’epoca, che la misero alla frusta si strada, parlano di puntate vicine ai 200 km/h, quando la Falcone sopra ricordata si fermava, con i suoi 1500 cm3, a 135. Due le versioni: Black Shadow con motore verniciato di nero e White Shadow, identica ma con motore argento. Dopo qualche mese arriva anche la più corsaiola Black Lightning, con motore potenziato e freni maggiorati per meglio gestire i 70 CV di potenza a 6.500 giri. Siamo al meglio del meglio…
Serie D
Arrivata nel 1954, la Serie D porta in dote due nuove Rapide e Black Shadow, più la monocilindrica Comet 500, alle quali si aggiungono la Black Knight e la Victor, versioni carenate della Rapide e della Comet. Le carene, che nascondevano i bellissimi motori Vincent, non piacquero e, considerato anche il costo elevato, il fallimento commerciale dei nuovi modelli non potè che acuire la crisi in cui la casa inglese era ormai sprofondata….

Rapide D la più veloce e la meglio dotata…

- Motore, frizione, carburatori e cambio
Bicilindrico a V di 50°, quattro tempi, raffreddato ad aria, alesaggio per corsa 84 x 82 mm x 2, cilindrata 998 cm3. Potenza max: 45 CV a 5.700 giri. Distribuzione: a valvole in testa comandate da aste e bilancieri con dispositivo a camme rialzate. Carburatori: due Amal con diffusore da 27 mm. Frizione: monodisco a secco con servocomando meccanico a ganasce. Cambio: in blocco a 4 rapporti con presa diretta ed ingranaggi a denti dritti sempre in presa.
- Telaio, sospensioni, ruote e freni
Telaio monotrave superiore tubolare con motore a funzione portante. Sospensioni: forcella Girdraulic (brevetto Vincent) con parallelogramma a due ammortizzatori telescopici ed uno idraulico davanti e forcellone oscillante infulcrato sul motore con ammortizzatore telescopico idraulico. Ruote: cerchi in lega leggera, anteriore da 3,50-19 e posteriore da 4,00-18. Freni: due tamburi laterali monocamma in lamiera da 178 x 22 mm davanti e un tamburo monocamma da 178 x 22 mm in lamiera dietro.
- Dettagli che fanno la differenza
Con la Serie D fa la sua comparsa un inedito cavalletto centrale azionato manualmente. Il suo funzionamento, studiato per ridurre al minimo lo sforzo, si basa su un sistema di leve che termina in un braccio posto accanto al serbatoio. Questa soluzione, ingegnosa e complessa, nasce per rispondere alle critiche rivolte alle precedenti versioni: issare le Rapide sul cavalletto – infulcrato direttamente sull’asse della ruota posteriore – richiedeva infatti notevole forza fisica. In questa nuova configurazione, spariscono del tutto i due cavalletti laterali presenti sui modelli precedenti. Il manubrio, piuttosto corto, presenta le estremità leggermente inclinate verso il basso per favorire una postura più aerodinamica. Sul lato sinistro si trovano le leve della frizione e dell’alzavalvole, oltre al pulsante del clacson. A destra sono invece collocati il comando del gas, la leva del freno e i due manettini per l’aria dei carburatori. Tra i dettagli degni di nota anche il tappo del serbatoio disassato, ispirato alle moto da corsa, e il volantino per regolare il frenasterzo. Il fanale incorpora sia il contamiglia che l’amperometro Lucas. Sulla sinistra si trova l’interruttore delle luci, mentre al centro campeggia la serratura con chiave di contatto.

The Last
La fine della produzione fu annunciata dallo stesso Philip Vincent nell’estate del 1955, ed il 16 dicembre dello stesso anno, dallo stabilimento di Stevenage uscì l’ultima modello prodotto, la Black Prince autografata dai dipendenti e battezzata “The Last”.