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Trial 240 Professional, la prima Fantic trial con motore fatto in casa

Prima moto con motore progettato interamente in casa, la Trial 240 Professional rappresenta una pietra miliare nella storia di Fantic Motor. Era ben fatta, equilibrata, robusta e,  nonostante il motore più grosso, anche leggera. Ecco la sua storia...

Nascita di una capostipite

Con la Trial 240 Professional, Fantic Motor entrava in una nuova fase progettuale e industriale: per la prima volta, il motore che animava una trial della Casa non veniva più acquistato da terzi, ma era un propulsore interamente progettato a Barzago. Una scelta coraggiosa e strategica, che segnò l’inizio di un ciclo vincente. La 240 fu infatti la prima di una famiglia di moto (tra cui le celebri 241, 305 e 307) che dominarono il panorama internazionale fino alla fine degli anni Ottanta, conquistando tre titoli mondiali consecutivi con Thierry Michaud tra il 1985 e il 1987. A dirla tutta, fu anche l'ultima fase felice di un'avventura che si concluse nel 1997, con la chiusura della fabbrica.

Dalle piccole alle grandi

L’approccio di Fantic al trial era cominciato nel 1977 con la 25, seguendo la filosofia delle moto leggere e maneggevoli: all'epoca si riteneva che 250 cm3 fossero troppi, e si puntava a cilindrate più contenute per facilitare la guida, specie per i piloti più leggeri. Nacquero così la 125, la 150 e poi la 200 (che poi in realtà era da 157 cm3), tutte motorizzate Minarelli ma affinate con l’esperienza Fantic e la consulenza di Giulio Macrì. Moto sorprendenti per equilibrio e facilità d’uso, che prepararono il terreno alla “rivoluzione” portata dalla 240…

Il progetto prende forma

I lavori sulla Trial 240 Professional iniziarono a fine anni Settanta, quando in Fantic si decise di intraprendere la sfida di realizzare un motore completamente “fatto in casa”. Il contesto era chiaro: pur avendo ottenuto ottimi risultati con i motori Minarelli, la Casa di Barzago voleva un prodotto più “autonomo”, in grado di affermarsi come punto di riferimento tecnico nel mondo del trial e della strada. A guidare lo sviluppo fu l’ingegnere F. Mattoni, che progettò un monocilindrico a due tempi, dalle dimensioni compatte ma robusto, pensato per adattarsi a diverse cilindrate tra 125 e 250 cm³. Particolare attenzione fu data all’affidabilità e alla praticità: il motore doveva garantire prestazioni brillanti sin dai bassi regimi, con un’accensione elettronica e una leva di avviamento innovativa, azionabile in avanti.

Motore

Monocilindrico di 212 cm³ raffreddato  ad aria, con testa e cilindro in alluminio con canna cromata, da 14,83 CV a 5.500 giri/min e coppia di 2,12 kgm a 4.500 giri/min. Il carburatore era un Dell'Orto PHBL 25 BS, l’accensione elettronica Dansi e la trasmissione affidata a un cambio a 6 marce. Particolare la leva di avviamento, che si azionava in avanti, e la possibilità di avviare la moto anche con la marcia inserita.

Ciclistica

Il telaio a doppia culla chiusa in acciaio al cromo-molibdeno garantiva rigidità e leggerezza. La forcella anteriore era una Marzocchi con steli da 35 mm, mentre al posteriore lavorava un forcellone in acciaio con due ammortizzatori anch’essi Marzocchi. I freni erano a tamburo, ma ben dimensionati (125 mm), e le ruote Akront da 21" e 18" montavano pneumatici rispettivamente da 2,75 e 4,00.

Look

Esteticamente, la 240 era una moto d’impatto: le plastiche rosse di serbatoio e fianchetti spiccavano sul nero del motore e sui parafanghi bianchi. I cerchi lucidi completavano un pacchetto visivamente ben equilibrato. L’unica nota stonata era forse il grosso faro anteriore, pensato per l’omologazione stradale più che per il trial puro.

Una moto che piacque

La sella era “vera”, comoda (e all'epoca disponibile anche in versione lunga per il passeggero), il motore era docile ma reattivo, il telaio, abbinato alle Marzocchi, lavorava bene (meno su ostacoli più secchi, dove il retrotreno tendeva a “rimbalzare”) ed il peso contenuto. Nonostante alcuni innegabili difetti - l’impianto frenante, ad esempio, era poco impermeabile, con seri rischi di usura e rottura - la  240 piacque. I pubblico 8più o meno professionista) ne apprezzò specialmente la solidità meccanica quasi ineguagliabile, le finiture di livello superiore e, non da meno, il rapporto qualità-prezzo, decisamente vantaggioso rispetto alle concorrenti. 

Il nuovo che avanza

La produzione della Fantic Trial 240 Professional terminò agli inizi degli anni Ottanta, poco prima cioè che Fantic introducesse la 300, “sorellona” presentata al Salone di Milano del novembre 1983 come suo modello successivo…


 

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