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Regolarità 125, la moto che in Ducati preferiscono dimenticare

Con la Regolarità 125, Ducati si gettò in un progetto tutto nuovo: un monocilindrico due tempi d’ispirazione Sachs. Le cose però non andarono esattamente come sperato…

Ducati è entrata nel settore dell'off road con decisione: la cross Desmo450 è una realtà che ha tutte le carte per fare bene, ma anche in passato, a Borgo Panigale, non mancarono i tentativi di entrane nel mondo del fuoristrada. Un esperimento audace e poco convenzionale fu la Regolarità 125 presentata nel 1975 sulla scena enduristica con l’intenzione di ampliare la gamma Ducati, allora composta da potenti bicilindrici a V quattro tempi. Il progetto era tutto nuovo, monocilindrico due tempi“quadro (con corsa e alesaggio di a 54 × 54 mm) da 125 cm3 realizzato su modello Sachs capace di 21,8 CV a 9.000 giri. Prodotta in appena 3.846 esemplari fino al 1979, la Regolarità 125 fu anche la prima Ducati con cambia sinistra: dettaglio che svelava fin da subito la natura ibrida e sperimentale di un progetto pensato più per stupire che per dominare le vendite. Una storia che, al di là dell’epilogo, merita senza dubbio d’essere raccontata…

Un mercato tutto nuovo

Come accennato, l’idea della Regolarità 125 a due tempi nacque dalla volontà di allargare il catalogo Ducati e far fronte alle turbolente finanze che, sotto la gestione EFIM e la direzione di Cristiano de Eccher, si facevano sempre più preoccupanti. Partendo dal basamento dei quattro tempi 250/350 cm3, Fabio Taglioni e il Reparto Sperimentale “scolpirono” un monocilindrico due tempi ispirato alla meccanica Sachs: raffreddamento ad aria, alette radiali e canna Gilardoni in ghisa. Col senno di poi, lanciarsi in un mercato dominato già da numerosi marchi, da Ancilotti a Zündapp, passando per Aprilia e Beta e molti altri, e in cui Ducati non aveva alcuna esperienza si rivelò una pessima idea. Almeno per quanto riguarda vendite e profitti…

Una finestra ristretta

Il due tempi con quattro travasi nella prima serie poi sei nelle uscite successive, si distingueva per l’erogazione nervosa e concentrata tra i 7.000 e 9.000 giri. Una finestra piuttosto ristretta, che costringeva il pilota ad una certa destrezza nell’uso della frizione in bagno d’olio e del cambio a sei marce. Era lì che si vedeva il manico, con i 16 Nm di coppia a 8.000 giri che richiedevano sensibilità e tempismo nella cambiata.  

Telaio, sospensioni e assetto

Ducati non volle passare inosservata: un telaio a doppia culla in tubi Verlicchi abbinato a forcella Marzocchi da 35 mm con 180 mm di escursione e ammortizzatori piggyback regolabili su cinque posizioni. Lo scarico Lafranconi, posizionato sotto il motore, penalizzava leggermente il baricentro, ma la guida restava intuitiva. I freni a tamburo Grimeca (125 mm davanti, 140 mm dietro) ricordavano l’anima “entry‑level” della moto: sufficiente per un 125 capace di 120 km/h di velocità massima. Il peso a secco di 109 kg non fermava la voglia di avventura: un sovrappeso che nascondeva batteria, faro, sella biposto e un serbatoio da sei litri. Dotazioni che di fatto, pur aggiungendo una decina di kg rispetto alla concorrenza, trasformavano la Regolarità in una “stradale da off‑road” completa. 

Dettagli di stile

Nonostante l’anima spartana, la Regolarità sfoggiava cerchi Akront in lega, manubrio e leve Magura, comando gas Aprilia, parafanghi Petty e pedane Verlicchi. La livrea bianco‑rossa e il piccolo faro circolare esprimevano al meglio il DNA Ducati senza, mentre il serbatoio a piramide invitava il pilota ad avvicinarsi col corpo sui tratti più tecnici. 

Arriva la Six Days

Nel 1977, cioè l’anno successivo all’ingaggio di Italo Forni, chiamato a gareggiare nei campionati italiani MX ed Enduro e nell’ISDT in Austria, Ducati presentò la Six Days, versione ancor più potente ed affinata della Regolarità. Il serbatoio passava dalla plastica all’alluminio, il motore, ora verniciato di nero, saliva a 25 CV a 10.250 giri mentre il pesco scendeva a 98 kg. La nuova Six Days fu da subito disponibile in due versioni, Cross e Regolarità, entrambe con travasi rivisti, nuova fasatura, carburatore da 32 mm. Saliva però il prezzo, che nel ’77 si attestava a 1.271.100 lire. 

Testimonianze di rilievo

Causa forze maggiori, la Regolarità 125, che pur si distingueva per numerosi pregi, si rivelò purtroppo un flop. Per meglio raccontare la genesi e lo sviluppo dell’intero progetto, risultano sicuramente utile a questo punto le testimonianze di due importanti protagonisti: il due volte campione italiano di cross Italo Forni, chiamato dalla stessa Ducati per realizzare il progetto Regolarità,  ed il grande pilota ed altrettanto grande progettista Leopoldo Tartarini che, titolare della Italjet, acquisì nel 1979 il progetto del motore. 

“La Six Days era un mezzo molto più competitivo – spiega Fornigrazie a una posizione di guida migliorata, con un serbatoio sagomato meglio e lo scarico più raccolto. Tuttavia, restava piuttosto fragile e altamente sollecitato per garantire prestazioni di vertice, anche se verso la metà del 1977 avevamo cominciato a vincere delle gare. Ma le vendite non hanno risposto alle aspettative, e proprio quando la moto stava dimostrando il suo valore, l’EFIM decise di chiudere il progetto! Il modello originale aveva fatto perdere credibilità a Ducati, dando l’impressione che non conoscesse o non tenesse in considerazione gli Enduro – il che, in parte, era vero! Era nato da un compromesso, perché la direzione EFIM voleva una moto stradale che il loro cliente sedicenne potesse guidare fino al bar con la fidanzata dietro, ma che riuscisse anche a vincere le gare – un connubio che nel settore off-road 125 degli anni Settanta non esisteva, perché c’erano solo prodotti specializzati. Era troppo ingombrante e pesante, l’erogazione era nervosa e concentrata in una finestra molto stretta di giri, per ottenere prestazioni serviva restringere la banda di potenza, riducendo la coppia – un problema sulle Enduro. In compenso - continua Forni -, diventava più efficace nel motocross, quando abbiamo iniziato a ridurre peso, e proprio lì ho conquistato le vittorie migliori prima che tutto venisse stoppato. In fin dei conti, aveva tutto per avere successo, ma non era stato pensato a dovere dall’inizio – probabilmente perché Taglioni odiava i due tempi e non voleva davvero realizzare questo modello, anche se nel 1976 ha ridisegnato il motore per ridurne peso e ingombri. Ma, a causa delle vendite deludenti, non c’era il budget per reintrodurre la versione aggiornata, e così non l’abbiamo mai vista in strada. Se avessimo adottato fin da subito quella revisione motore, sarebbe stata sicuramente più riuscita.” 


“Ero al corrente dell’origine a quattro tempi del motore Regolarità – raccontava invece Leopoldo Tartarini quindi sapevo che aveva un basamento molto robusto, capace di gestire potenze superiori, sia in due tempi che in quattro tempi, nel settore Trials che volevo esplorare con Italjet. Così, all’inizio del 1979 ho acquisito tutti i disegni e gli stampi del motore Regolarità e li ho modificati per realizzare tre nuove unità basate sullo stesso blocco Ducati da 125: un due tempi da 350, un due tempi da 250 e un quattro tempi a coppa secca da 350 con doppio albero a camme in testa capace di erogare 38 CV. Lo abbiamo montato sulla Trials Italjet Scott del 1983, di cui abbiamo prodotto circa 100 esemplari, e fu per Taglioni una conferma che questa era la forma che aveva sempre immaginato.”Abbiamo realizzato due prototipi che sono stati inviati in Spagna, ma non sono mai entrati in produzione per la chiusura di Mototrans – riprende Forni – questa era una moto davvero valida che anticipava di un anno il boom degli Enduro a quattro tempi: ironicamente, l’EFIM che aveva spinto per una bike da Enduro aveva ragione, ma avrebbe dovuto lasciare carta bianca a Taglioni per farla “alla Ducati”, in quattro tempi; in quel caso avremmo dominato il mondo!”

Quotazioni 

Al prezzo di lancio di 868.000 lire, la Regolarità 125 si posizionava più conveniente della KTM GS 125, ma faticava a giustificare il prezzo rispetto alle concorrenti per via del peso e della potenza. Oggi, gli esemplari sopravvissuti sono pezzi ambiti: le quotazioni oscillano tra 6.000 e 8.000 euro, a seconda dello stato e dei chilometri. Chi cerca un esemplare originale dovrà fare attenzione a telaio, motore e dotazioni, perché rarità e fascino “anomalo” spingono molti a sopravvalutare modelli da restaurare. 

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