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Quando i tedeschi fanno gli "sboroni": Maico-Mobil, il maxi-scooter anni 50

Negli anni ’50 la Germania iniziava l'imponente ricostruzione. Simbolo di quel periodo il Maico-Mobil, maxi-scooter che combinava comfort e una personalità quasi “automobilistica”

Dalla guerra alla mobilità civile

Alla fine degli anni ’40, la Maico si trovò ad affrontare una sfida molto simile a quella di Piaggio: passare dalla produzione bellica a quella civile. Otto e Wilhelm Maisch, fondatori dell’azienda, avevano visto la loro fabbrica di Pfäffingen coinvolta nella produzione di motoleggere per il Terzo Reich, fino a essere adattata per armamenti più pesanti con l’aggravarsi del conflitto. Dopo la resa, come molti produttori tedeschi, si trovarono davanti a un paese da ricostruire e a una domanda crescente di mezzi di trasporto economici ed efficienti. Guardando, anche, alla crescente diffusione delle automobili utilitarie, i fratelli Maisch concepirono un mezzo capace di unire l’economicità e la praticità dello scooter con la comodità e la protezione dalle intemperie offerte dalle automobili. Nacque così il Maico-Mobil, maxi-scooter dalle proporzioni generose e dall’aspetto sicuramente originale. A guardarlo oggi si direbbe quasi una piccola astronave come quelle utilizzate nei parchi a tema UFO degli States anni Cinquanta ma, in realtà, era molto di più…

Motore e trasmissione

Il motore, accessibile rimuovendo grandi botole sul tunnel centrale, era un monocilindrico a due tempi da 150 cm³ con 6,5 CV, raffreddamento forzato e cambio a tre rapporti con comando al manubrio. Nel 1952 la cilindrata salì a 174 cm³ con 9 CV a 5.300 giri/min, cambio a quattro marce a pedale e frizione a dischi multipli. La miscela era al 5% e l’alimentazione avveniva tramite un carburatore Bing o Schebler da 24 mm. Le trasmissioni primaria e secondaria erano entrambe a catena, con rapporti rispettivamente di 39/16 e 40/16. L’impianto elettrico funzionava a 6 volt. L’insieme garantiva una propulsione regolare e sufficiente per affrontare la mobilità urbana e le strade extraurbane tedesche dell’epoca.

Telaio e ciclistica

Il telaio tubolare a doppia culla sorreggeva l’intera meccanica, protetta dalle abbondanti carenature in lega leggera. La forcella telescopica anteriore era a smorzamento idraulico, mentre al retrotreno il monobraccio oscillante utilizzava il motore come elemento elastico, coadiuvato da un ammortizzatore invertito e due lunghe molle elicoidali. La posizione di guida era comoda e verticale, quasi da poltroncina, pensata per offrire protezione e stabilità. Le ruote da 14” erano in acciaio, equipaggiate con pneumatici 3.00x14”, mentre i freni erano ovviamente a tamburo sia davanti sia dietro.

Linea e funzionalità

La generosa carrozzeria in lega leggera era studiata per coprire conducente e passeggero, con parabrezza in plexiglas e ampio cruscotto che integrava tachimetro, contachilometri e, addirittura, l’indicatore della marcia inserita. La parte posteriore ospitava due grandi “cofani” laterali e la ruota di scorta, piazzata trasversalmente e annegata nella lamiera, con pannello centrale che fungeva anche da porta-targa. Il vano motore era dominato dalla grande ventola assiale che assicurava il raffreddamento forzato e proteggere il motore dal surriscaldamento.

Evoluzioni e fine produzione

Il peso della seconda versione, quella cioè da 174 cm³ raggiungeva i 122 kg a secco, rendendo necessario un ulteriore aumento di cilindrata fino a 200 cm³ nel 1954. Nel 1955, ritenendo poco conveniente competere con le automobili, i fratelli Maisch cedettero brevetti e macchinari alla spagnola Construcciones Mecanicas, che continuò la produzione fino al 1956 e sviluppò la Maicoletta (foto qui sotto) scooter più leggero e snello, con motori tra 175 e 277 cm³, pensato per essere abbinato anche a un sidecar. Allora il prezzo di vendita era di circa 600 dollari Usa, mentre oggi un esemplare ben conservato o restaurato potrebbe addirittura raggiungere i 25mila dollari.

L’eredità di Maico

Negli anni successivi, Maico si concentrò principalmente sulla produzione di moto da fuoristrada, ottenendo successi significativi nel motocross e nella regolarità. Nel 1983, l'azienda cessò l'attività a causa di una crisi economica e di contrasti familiari interni. Il marchio fu ceduto, ma riemerso sul mercato negli anni '90 con modelli da cross, enduro e supermotard. Nel 2010, una nuova azienda californiana rilanciò il marchio, allora di proprietà di Ingrid di Censo, figlia di Otto Maisch. La “nuova” Maico ha prodotto moto da cross, enduro e supermotard, tra cui modelli come la Maico 501 e la Maico 700 equipaggiati con motori a due tempi e quattro tempi. 

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