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NER-A-CAR: la stupefacente “mezza automobile” su due ruote

Ideata da Carl J. Neracher nei ruggenti anni Venti, la NER-A-CAR voleva unire facilità di guida automobilistica e fascino motociclistico. Telaio “feet-forward”, sterzo indiretto e carenatura integrale anticipavano soluzioni futuristiche. Pur limitata nella produzione, è rimasta simbolo di ingegno e “coraggio tecnico”

Quasi un’automobile

Fu nei ruggenti anni Venti che l’ingegnere americano Carl J. Neracher progettò un veicolo pensato per stravolgere ogni convenzione: la NER-A-CAR, una “feet-forward”(cioè con i piedi del pilota proiettati in avanti, anziché direttamente sotto il bacino) che sposava l’ergonomia di un’automobile con la semplicità di una motocicletta. Il telaio largo e orizzontale, la seduta rialzata ma confortevole e lo sterzo indiretto la facevano apparire più come una vettura che come un mezzo a due ruote convenzionale. Non per nulla, il nome, rigorosamente maiuscolo e omaggio allo stesso Carl J. Neracher, giocava anche con lo slang  newyorkesenear a car”,  cioè “quasi un’automobile”. 
Nell’epoca in cui le donne, che appena l’anno prima avevano (parliamo degli USA) acquisito il diritto di voto, cercavano mezzi facili da guidare anche con abiti voluminosi, la NER-A-CAR si fece promotrice di una pubblicità rivolta soprattutto a loro, enfatizzando la guida senza sporcare gli abiti e la protezione offerta dalla carenatura integrale. 

Telaio e sterzo hub-center

La vera rivoluzione stava nel telaio: due longheroni in lamiera stampata a sezione a U, uniti da traverse orizzontali, simili a quelle automobilistiche. La ruota anteriore veniva sospesa da bracci oscillanti, detti “braccia a pancia di cervo”, mentre lo sterzo indiretto avveniva tramite un piantone collegato a un leveraggio a tre snodi. Nessuna sospensione al retrotreno (tranne il modello De-Luxe con balestre arrivata solo negli ultimi anni), il baricentro restava bassissimo per una stabilità eccellente. 

Motore e prestazioni reali

La prima serie montava un monocilindrico a due tempi da 221 cm³, raffreddato ad aria da circa 4 CV a 3.200 giri/min, con componenti robusti quali biella in acciaio al nichel e albero motore su rulli. Nel 1924 la cilindrata salì a 255 cm³, mentre la potenza e la coppia restavano orientate verso un’erogazione dolce e costante. La velocità massima si attestava intorno alle 35 mph (circa 50 km/h), ma il vero vanto era l’efficienza: quasi 100 mpg (miles per gallon, equivalenti a circa 45 km/l), con la campagna promozionale che recitava “300 miles on a dollar”.

Cambio a variazione continua: un’idea d’avanguardia

La trasmissione era un capolavoro di semplicità meccanica: un volano magnete rivestito di bronzo ruotava in contatto con una ruota di alluminio rivestita in cuoio. Spostando il punto di contatto con una leva manuale, il rapporto variava in modo continuo, simulando un cambio CVT con cinque posizioni convenzionali. Una leva sul semimanubrio destro agiva da frizione rudimentale, interrompendo il contatto attrito; la trasmissione finale, invece, era affidata a una semplice catena.

Estetica e dettagli funzionali

La carenatura avvolgente in lamiera, le superfici tondeggianti e l’ergonomia “morbida” segnavano un’estetica unica. Il serbatoio da 9 litri, a forma di botticella, si mimetizzava nel portapacchi posteriore, mentre il faro si integrava nel profilo. La sella, montata su molle e lamina elastica, e il manubrio ampio assicuravano comfort, favorendo lunghe percorrenze in abiti “da città”. Le ruote da 26” con pneumatici 26×3” erano adatte alle strade sterrate dell’epoca mentre i freni, un tamburo singolo poi raddoppiato per le norme del Regno Unito, insieme all’avviamento a pedale trasversale, completavano un quadro meccanico spartano ma ingegnoso. 

Record e grandi imprese

Erano anni, quelli, in cui valorosi e coraggiosi “pionieri”, affascinati dall’evoluzione tecnologica tentavano imprese straordinarie e avventure memorabili. Tra le più note, la traversata da Staten Island a Los Angeles nel 1922 compiuta da Erwin G. “Cannonball” Baker: 3.364 miglia in 174 ore con soli 15,70 dollari di costi operativi.  Nel 1925 la NER-A-CAR vinse il premio di squadra nella 1.000 miglia di regolarità ACU, gara in cui i piloti percorrevano in gruppo 1.000 miglia nell’arco di pochi giorni, con soste controllate. I mezzi dovevano rimanere sostanzialmente di serie, senza modifiche sostanziali alla ciclistica o al motore. Unitamente all’impresa di Baker, la vittoria alla 1.000 miglia di regolarità ACU non fece altro che confermare la straordinaria  affidabilità della NER-A-CAR sulle lunghe percorrenze. 

Numeri e diffusione

Prodotta negli Stati Uniti dal 1921 al 1927, la NER-A-CAR Corporation realizzò circa 10.000 esemplari nella fabbrica di Syracuse, New York; nel Regno Unito la Sheffield-Simplex ne costruì altri 6.500 tra il 1921 e il 1926 per un totale di 16.500 unità. Numeri che che ne fece il veicolo con sterzo a “centro-mozzo” (cioè in cui l’asse di rotazione della ruota anteriore non è realizzato tramite le tradizionali forcelle, ma tramite un perno centrale all’interno del mozzo) più venduto di sempre.  
Strano a dirsi ma, a partire dal 1924, la NER-A-CAR venne importata anche in Italia, dove fu ribattezzata - con affetto -  “moto del prete” per via della facilità di guida anche con saio o gonne lunghe (all’epoca, da noi, le donne non potevano ancora votare, figurarsi guidare!). Nel complesso, visti i numeri di cui sopra, ebbe un grande successo, che tuttavia durò poco tempo.  Le vendite rimasero stabili fino alla metà degli anni Venti, poi si affievolirono a causa del calo dei prezzi delle auto e della concorrenza crescente delle motociclette tradizionali.


 

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