Moto Guzzi V7 Sport, l'incedibile storia di un mito nato in uno scantinato
Negli anni ‘70, Moto Guzzi torna nel mondo delle sportive con un modello che unisce eleganza, potenza e innovazione. Soprannominata “Bassotto” per via del magico telaio realizzato da Lino Tonti, la V7 Sport nacque per conquistare pubblico, piloti e, a distanza di anni, esigenti collezionisti…
La rinascita sportiva di Moto Guzzi
Digiuna ormai da oltre un decennio dalle competizioni e reduce da un periodo difficile dovuto alla morte del fondatore Carlo Guzzi ed alla gestione assunta dalla SEIMM (Società Esercizio Industrie Moto Meccaniche), Moto Guzzi decise di sviluppare un modello sportivo basato sul collaudato bicilindrico a V realizzato da Giulio Cesare Carcano. Il progetto viene affidato a Lino Tonti, affiancato da Umberto Todero, che nel 1969 portano il prototipo in pista, conquistando 19 record mondiali di velocità. Le premesse erano ottime: la V7 Sport doveva avere 750 cm³, superare i 200 km/h e pesare meno di 200 kg. Il risultato finale non si allontanerà troppo dalle aspettative.
Telaio rosso: la pre-serie che fece storia
Nel 1971 nasce la celebre pre-serie della V7 Sport, con 150 esemplari dotati di telaio verniciato in rosso, destinati alle concessionarie per “creare aspettativa” e permettere test su strada. A novembre dello stesso anno, la versione definitiva viene finalmente presentata a Milano e subito ben accolta. Inizia così la storia di un successo tanto indiscusso quanto meritato…
Motore e dettagli tecnici
Il cuore della V7 Sport era il bicilindrico a V di 90°, 748,4 cm³, con valvole in testa e distribuzione ad aste e bilancieri. Alimentata da due carburatori Dell’Orto VHB30, erogava 72 CV SAE a 7.000 giri/min. Numeri che si traducevano in una velocità massima di ben 208 km/h, con accelerazioni e prestazioni paragonabili ai migliori modelli giapponesi dell’epoca (leggasi Honda 750 Four e Kawasaki 750). Il cambio era a 5 rapporti, comando a leva singola sulla destra (con la 1à in alto) e trasmissione finale ad albero cardanico.
Dal punto di vista della ciclistica, il telaio progettato da Tonti, sempre a doppia culla ma non più chiusa come sulle V7 700 e V7 Special, era abbinato ad una forcella teleidraulica ed, dietro, ai preziosi ammortizzatori Koni regolabili. I cerchi erano Borrani da 18” ed i freni (aggiornati poi con i dischi nella versione S3) a tamburo da 220 mm. Il tutto per un peso in ordine di marcia di 225 kg,
Successo commerciale e versioni successive
Nonostante il prezzo di 1.480.000 lire, salato e superiore alla concorrente Laverda 750 SF (che si fermava invece a 1.020.000), la V7 Sport riscosse un immediato successo: nei tre anni di produzione furono venduti ben 3.541 esemplari, oltre ai 150 della pre-serie. Negli anni successivi, alla V7 Sport fu quindi affiancata la versione 750 S (arrivata nel 1974) , identica nel telaio, nel gruppo motore e cambio, nella la trasmissione, nelle le ruote, e negli gli ammortizzatori, ma distinta per la verniciatura (l’inconfondibile livrea nera con bande verdi, arancioni o rosse sul serbatoio e sui fianchetti laterali) e, sopratutto, per l’impianto frenante, che adesso aveva finalmente il doppio disco.
Poco più tardi, nel 1975, arrivò la 750 S3, prodotta sotto la direzione De Tomaso che, equipaggiata con la strumentazione e i gruppi ottici già utilizzati per tutti i modelli Benelli-Guzzi, introdusse il sistema (progettato dalla stessa Guzzi) di frenata integrale a triplo disco, ottimo per la guida turistica, un po’ meno per quella sportiva. Altra novità della S3 era data inoltre dai semimanubri in sostituzione a quello in due pezzi regolabile in altezza montato sulle sorelle Sport e S.

Record e riconoscimenti
Nel giugno 1972, durante una prova comparativa su Motociclismo, la V7 Sport fu l’unica moto a superare realmente i 200 km/h, girando in 2’02”45, due secondi più veloce della Honda 750 Four e undici rispetto alla Kawasaki 750 Mach IV, sinonimo all’epoca di quanto più performante un pilota potesse chiedere.
Un progetto nato nello scantinato

Impossibile, parlando di V7 Sport, non dedicare una parte di discorso a Lino Tonti, progettista “visionario” a cui i fan di Guzzi (ma non solo) devono davvero molto. In un contesto come quello sopra ricordato, con la Casa di Mandello in grosse difficoltà ed il mondo delle corse ormai lontano nella memoria, fu Romolo De Stefani in persona ad incaricare Tonti (approdato in Guzzi nel ’67 ma già ben conosciuto grazie ad una carriera cominciata nel ’37 in Benelli e proseguita in Mondial prima e in Gilera poi) di dar vita a quella che sarebbe poi diventata la V7 Sport. Non era certo un buon periodo: il clima non era in Guzzi dei migliori e le agitazioni sindacali rallentavano i lavori. Tonti prelevò allora un motore V7 “vuoto” e alcuni tubi da telaio, rifugiandosi nella propria cantina insieme all’amico e collaboratore Alcide Biotti. Lì - con ben chiari gli obiettivi di cui sopra (una moto da 750 cm³, capace di superare i 200 km/h) realizzò artigianalmente il telaio che sarebbe poi diventato un punto fermo della produzione Guzzi per decenni. Non è infatti un caso se i primi 150 esemplari furono realizzati proprio con il telaio verniciato in rosso, come a mostrare la parte più 2preziosa” dell’intera moto. V7 Sport a parte, Tonti proseguì con numerosi altri progetti Guzzi, molti rimasti sulla carta o in prototipo. Tra questi, impossibile dimenticare le bicilindriche della “serie piccola” V35-V50. Ma quella è tutta un’altra storia…
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