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Moto Guzzi Normale, solo nel nome. In realtà era una moto eccezionale

Nella primavera 1921, a Mandello del Lario, nasce la Normale 500, la prima vera Guzzi pensata per resistere alle strade impervie d’inizio Novecento. Il suo monocilindrico orizzontale, semplice e robusto, prometteva con soli 8CV una affidabilità incredibile per l'epoca. Ecco come è nata la pietra angolare della Casa dell’Aquila

La prima vera Guzzi

Nella primavera del 1921, nello stabilimento di Mandello del Lario, vide la luce la Moto Guzzi Normale 500, prima motocicletta costruita in serie dalla neonata Casa dell’Aquila. Progettata da Carlo Guzzi, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli durante gli anni in cui erano sotto le armi nel corso della Prima Guerra Mondiale e realizzata grazie al finanziamento del ricchissimo padre di Parodi Vittorio Emanuele, la Normale rappresentava l’evoluzione del prototipo G.P. 500 del 1919, semplificando alcuni dettagli troppo complessi o costosi per l’epoca, come il sistema a quattro valvole. L’obiettivo era chiaro: creare una moto affidabile, robusta e accessibile, perfetta per i lunghi spostamenti su strade spesso dissestate. I primi 17 esemplari assemblati segnarono l’inizio di una produzione che, tra il 1921 e il 1924, raggiunse complessivamente 2.065 unità, vendute a 8.500 lire ciascuna. Ecco la sua storia… 

E così tutto ebbe inizio…

Nato a Milano nel 1889, Carlo Guzzi cominciò la sua carriera professionale alla Isotta Fraschini, storica casa automobilistica milanese che all’epoca realizzava anche propulsori per l’aviazione. Durante la Prima Guerra Mondiale, Guzzi venne arruolato nell’aeronautica come motorista collaudatore: fu in quel contesto che conobbe Giovanni Ravelli, originario di Brescia, e Giorgio Parodi, genovese, entrambi piloti di idrovolanti e, come lui, innamorati delle due ruote. Fu proprio durante il conflitto che Guzzi confidò ai due amici il suo sogno: costruire una moto innovativa, all’avanguardia per l’epoca. L’idea accese subito l’entusiasmo di Ravelli e Parodi. Così nacque un patto fra i tre: Parodi, proveniente da una facoltosa famiglia di armatori, avrebbe fornito i fondi; Ravelli l’avrebbe portata in gara; Guzzi si sarebbe dedicato interamente allo sviluppo tecnico.

Il destino, però, riservò una tragica svolta. Ravelli perse la vita collaudando un idrovolante, ma Parodi e Guzzi decisero di portare avanti il progetto anche per onorare la memoria dell’amico scomparso. Il sostegno economico della famiglia Parodi, destinato a far nascere la fabbrica nella località di Mandello del Lario — dove Guzzi disponeva già di un'abitazione con officina — tardò ad arrivare: era il 1918, e l’Italia usciva solo allora dal caos della guerra. Fu il 3 gennaio 1919 che Vittorio Emanuele Parodi, padre di Giorgio, scrisse una lettera (oggi conservata al Museo di Mandello) in cui prometteva "2000 lire per il primo esperimento". Quel gesto segnò l’inizio concreto dell’avventura. Nel 1921 le prime Guzzi uscirono dallo stabilimento: sul serbatoio portavano un’aquila ad ali spiegate, simbolo scelto per ricordare le origini aeronautiche dei fondatori e dell’idea stessa che aveva dato vita al progetto.

La tecnica

Robusta, semplice e affidabile, la Normale sfoggiava una dotazione tecnica tanto raffinata quanto ingegnosa. Dal motore al telaio, tutto era progettato per assicurare il massimo dell’affidabilità, si trattava di un passo in avanti epocale rispetto alla produzione motociclistica dell'epoca che aveva un'affidabilità aleatoria.  

Motore, frizione e cambio

Monocilindrico orizzontale a quattro tempi con distribuzione a valvole contrapposte. Cilindrata 498,4 cm3. Carburatore Amac tipo PSY. Frizione a dischi multipli in "nebbia d’olio" e cambio in blocco a tre marce, a ingranaggi diritti. La trasmissione primazia, la frizione e il cambio erano incorporati nel carter, perfettamente protetti e comandati da ingranaggi per avere un funzionamento preciso. Anni luce avanti rispetto alla concorrenza che aveva questi particolari per lo più separati collegati spesso con catene scoperte e quindi a rischio rotture rovinose. Anche il magnete fissato sul carte è ben protetto e comandato da ingranaggi. La posizione del cilindro orizzontale risolve il problema del surriscaldamento che condizionava le moto dell'epoca, altra primizia è la valvola di scarico in testa in posizione ottimale per il raffreddamento. Quella di aspirazione è invece laterale. L'innovazione di Guzzi sta proprio nel aver messo la valvola più sollecitata in testa mentre allora si faceva il contrario.  Sempre in ottica affidabilità c'è la lubrificazione copiosa, con serbatoio ben raffreddato mentre il motore che ruota all'indietro spruzza il lubrificante in maniera omogenea sulla parete del cilindro riducendo al minimo il rischio digrippaggi. 

Per quel che riguarda le prestazioni dichiarate: 8,5 CV di potenza a 3.200 giri per una velocità massima di circa 90 km/h e consumo di 3,5 litri/100 km. 

Telaio, sospensione, ruote e freni

La ciclistica erfa pensata espressamente per un mezzo a motore e nonerivata, come capitava all'epoca, da quelle delle biciclette. Telaio in tubi e lamiera, a doppia culla chiusa con bracci posteriori stampati abbinato a una forcella a parallelogramma con una molla elicoidale in trazione, racchiusa in astuccio telescopico, senza ammortizzatori. Ruote e pneumatici: cerchi in acciaio a tallone 26"x2 1/2, calzati da pneumatici delle dimensioni 26"x2 1/2x3. Freni: uno a tamburo laterale da 210 mm alla ruota posteriore, con due ganasce e due camme: una azionata a pedale sulla sinistra (a tacco), l'altra da leva sulla destra del manubrio. Il tutto per un peso di 130 kg.

Dettagli e verniciatura

La Normale ospitava un serbatoio sottocanna per la benzina, un serbatoio separato per l’olio e una solida cassetta portautensili in metallo sopra il serbatoio. Il robusto portapacchi in profilati d’acciaio si posizionava dietro la ruota posteriore. Mentre l’illuminazione, all’epoca optional, non era di serie. Secondo il manuale d’uso, la verniciatura risultava in verde oliva (compresi i cerchi), applicata in quattro mani con sottofondo antiruggine, rifinita da due sottili filetti dorati lungo i lati del serbatoio una livrea che ancora incanta i puristi…

Il restauro che svela un tesoro dimenticato

Al di là dei freddi dati sopra riportati, un recente intervento sul cinquantunesimo esemplare di Moto Guzzi Normale 500 mette in luce dettagli sorprendenti: particolarità già note, altre frammentarie o “incerte” e persino curiosità fino a quel momento sconosciute. Un patrimonio di informazioni che colma– almeno in parte– il vuoto documentale precedente al 1923, quando i registri di fabbrica cominciavano a essere tenuti con regolarità.

Dallo schizzo alla tavola cancellata

Prima del 1927 non esisteva ancora un ufficio tecnico stabile a Mandello: gli schizzi di Carlo Guzzi venivano rifiniti a Genova nello Studio Fossati, insieme ai progetti di Ravelli e Parodi. Tavole che, purtroppo, si persero durante la Seconda Guerra Mondiale, lasciando pochi riferimenti diretti fino all’arrivo, nell’estate del 1927, dell’ingegner Giuseppe “Naco” Guzzi (fratello di Carlo Guzzi) e di Oreste Pasolini, che avrebbero consolidato l’ufficio tecnico di Mandello. Interessanti i dettagli che emergono…

Il carter motore e la straordinaria doppia camera

Il carter in lega di alluminio fusa era composto da due gusci divisi verticalmente, completati da tre appositi coperchi: due sul lato destro (per catena di distribuzione e frizione) e uno sul sinistro (per la trasmissione primaria). All’interno si aprivano due vani indipendenti– anteriore per il manovellismo, posteriore per l’albero del cambio – poiché la Normale adottava un circuito dell’olio separato, col cambio che riceveva lubrificante da un’apertura dedicata sul coperchio superiore del carter. Una pompa manuale prelevava olio dal serbatoio olio e lo spingeva verso l’albero motore e, dopo un percorso interno fino alla testa di biella, lo proiettava sulla parte alta del cilindro. Da lì, una pompa meccanica a ingranaggi lo rimandava al punto d’immissione, garantendo sempre lubrificante “fresco” senza richiedere continue pompate al pilota.

Albero motore e bielle: precisione e robustezza

L’albero motore in acciaio al nichel montava contrappesi circolari avvitati ed era supportato, a destra, da un cuscinetto a rulli e, a sinistra, da un cuscinetto oscillante a doppio giro di sfere che compensava eventuali disallineamenti. Sul lato sinistro si trovavano anche il pignone della primaria e l’imponente volano esterno in acciaio stampato da 290mm di diametro. La biella, in acciaio al nichel a sezione tubolare e testa apribile, scorreva su bronzine in metallo. 

Carburazione e accensione: scelte d’altri tempi

Il carburatore d’importazione era un Amac da 1 semiautomatico, dotato di levette per aria e gas e di un rubinetto a tazza per il cicchetto. Per massimizzare la combustione di un alesaggio generoso, la Normale disponeva due candele– una sopra la valvola di aspirazione e l’altra accanto a quella di scarico– ma con un solo magnete Bosch a bobina singola. La doppia scintilla simultanea si rivelò tuttvia incostante e, dopo qualche tempo, si preferì tornare a una sola candela più potente.

Quotazioni

Sacro Graal di tutti i Guzzisti, la Normale è assai difficile da trovare. Mettersene una in garage - o meglio, in salotto - è quasi impossibile. Classic Trader ne ha una in vendita del 1924 restaurata e con targa d’Oro ASI. Pochi anni fa ne è stata messa all’asta un’altra, del 1922, con prezzo stimato di 45.000 mila euro…

 

 

 

 

 


 

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