Kawasaki Zephyr 1100: in Italia non la volevamo, ma che bella che era...
In Europa la 1100 arrivò solo in Germania e nei mercati del nord, purtroppo non in Italia che dovette "accontentarsi" della 750. Eppure la Zephyr 1100 era un bel gioiellino pieno di... coppia, grazie a un incredibile quattro cilindri a due valvole
Kawasaki Zephyr 1100: la maxi-naked che l'Italia non vide
Dopo il successo della naked Zephyr 400 (qui la sua incredibile storia), e della 750 (1990), Kawasaki lanciò nel 1992 la Zephyr 1100, una maxi-naked con una impostazione ingegneristica molto partiolatr. Questo modello da 1.062 cm3 fu destinato primariamente al mercato interno giapponese, poi arrivò in diversi mercati esteri, in particolare la Germania e i Paesi Nordici, ma non venne mai importato ufficialmente in Italia, dove si decise di puntare solo sulla 750, per motivi di costi e "psicologici" all'epoca le moto 1200 erano considerate quasi un eccesso. In ogni caso la 750 fu un mezzo flop, chissà invece come sarebbe andata la 1200...
Presentata al Tokyo Motor Show nel 1991, il suo cuore era un motore quattro cilindri con una genesi tecnica specifica: il basamento derivava dall'unità a quattro cilindri raffreddata a liquido della maxi GT Voyager 1200. I tecnici Kawasaki scelsero di riprogettare la parte superiore del propulsore per adottare un sistema di raffreddamento ad aria. Questo richiese la riduzione dell'alesaggio a 73,5 mm (da 78,0 mm), ottimizzando così il passo tra i cilindri per un efficiente smaltimento del calore e ottenendo così la cilindrata di 1.062 cm3.

Ecco la Voyager con il suo motore 1200 raffreddato a liquido
Dopo la "cura" il 4 cilindri Voyager scende a 1100 cm3 e sfoggia il raffreddamento ad aria
Due valvole, doppia accensione per la coppia
Una scelta progettuale determinante per il quattro cilindri della Zephyr 1100 fu l'adozione di sole due valvole per cilindro, nonostante la distribuzione fosse a doppi albero in testa, soluzione ottimale per le 4 valvole per cilindro. Tale configurazione permise di adottare una camera di combustione emisferica; alternativa alla soluzione classica della quattro valvole con camera a tetto, una soluzione che pur favorendo le prestazioni agli alti regimi, può innescare fenomeni di battito in testa ai bassi regimi sui motori raffreddati ad aria. L'obiettivo dei tecnici Kawasaki era ottenere coppia robusta e gestibile a regimi medio-bassi, quindi per garantire una combustione ottimale su un alesaggio così ampio, il motore fu dotato con due candele per cilindro.
93 CV e tanta coppia
Il motore era capace di 93 CV a 8.000 giri/min e una coppia di 9,1 kgm a 7.000 giri/min. La messa. punto fu concepita per offrire una spinta immediata, con una pronta risposta già a 1.500 giri che andava a crescere parecchio già appena oltre i 3.000. Il telaio fu dimensionato in funzione del propulsore, bello poi il forcellone in alluminio con sezione a 'H' rovesciata, dotato di eccentrici per il tensionamento della catena, che garantiva una maggiore rigidità strutturale rispetto alla Zephyr 750. La moto rimase in produzione, includendo varianti come la RS con cerchi a raggi, fino al 2006, contraddistinta dall'utilizzo delle colorazioni che richiamavano le moto storiche Kawasaki, come le celebri livree Fireball e Yellow Ball (qui sotto) che poi abbiamo ritrovato sulla Z 900 RS. Ma da noi come detto, purtroppo, non arrivò mai.

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