Honda NSR 500: la moto 2t che ha dominato un ventennio
Nata nel 1984 seguendo concetti innovativi, ha vinto subito e molto più tardi, con campioni del calibro di Spencer, Gardner, Lawson, Doohan, Criville e Rossi
Honda ha utilizzato la sigla NSR, acronimo di New Sport Racer, per una serie di moto di produzione e da gara con cilindrate che hanno variato dai 50 ai 500 centimetri cubici. È stata però proprio la mezzo litro da gran premio – nella versione V4- a dare lustro al nome, grazie a un centinaio di successi (134 per l'esattezza), con 10 titoli piloti e 11 costruttori, in 19 stagioni disputate. Insomma, è stata una delle moto più vincenti di sempre, seconda solo alla mitica MV Agusta 500 che aveva dominato la scena negli anni '60 e '70.
Le origini del mito
La stagione di comparsa della NSR (sigla progetto NV0A) è il 1984, in “coabitazione” con la vecchia NS 3 cilindri, destinata a un precoce pensionamento nonostante il titolo mondiale vinto con Freddie Spencer nella stagione precedente. Il telaio è un perimetrale in alluminio, non il “solito” frame a tubi. Il motore mantiene la configurazione a V, inizialmente con un angolo di 90° tra le due bancate. La cilindrata unitaria più piccola del motore quadro (54x54,5) permette di inseguire regimi di rotazione più elevati e di arrivare a sviluppare potenze importanti (nell'ordine dei 140 cavalli), riducendo al contempo le vibrazioni e aumentando l'affidabilità. Il sistema di aspirazione prevede un pacco lamellare nel carter, contro l’ammissione a disco rotante che va per la maggiore in quel periodo. I vantaggi sono due: una erogazione più corposa ai medi regimi e un avviamento a spinta più semplice (nei gran premi si parte ancora così). Il motore pesa appena 40 chilogrammi, appena un chilogrammo e mezzo in più rispetto al 3 cilindri.
La distribuzione dei pesi è del tutto originale: le quattro espansioni vengono alloggiate sotto il coperchio del serbatoio e quest'ultimo finisce sotto il motore, con l'obiettivo di portare le masse verso il basso. Le sospensioni sono una forcella Showa di tipo tradizionale e un forcellone in alluminio con capriata superiore d’irrigidimento e ammortizzatore posteriore con leveraggio. Particolari i cerchi, in fibra di carbonio.
Debutto positivo
Al di là del fatto che la nuova NSR scalda molto, troppo, già nella gara di debutto alla Daytona 200, Freddie Spencer ottiene la pole position e un secondo posto. Nel mondiale, alla seconda gara, il pilota americano conquista la vittoria. Più avanti, nel corso della stagione, la NSR ha qualche problema di alimentazione, dal momento che due carburatori su quattro pescano aria calda per la vicinanza delle marmitte e il campione del mondo alterna l'utilizzo della nuova 4 cilindri con la vecchia 3 cilindri. Nel finale di stagione, con Spencer fuori causa per infortunio, la moto viene affidata a Randy Mamola, che ottiene il suo primo successo con la NSR a Silverstone. A fine stagione Honda vince il campionato costruttori, l'anno seguente il mondiale piloti proprio con Spencer.
Evoluzione continua
La NSR vincerà molto: nel 1987 con Wayne Gardner (l'angolo della V viene portato a 112° per alloggiare all'interno i carburatori Keihin da 36mm) e - sempre nei colori Rothmans, ma preparata da Erv Kanemoto- nel 1989 con Eddie Lawson.

Nel 1994 inizia l'era Mick Doohan, che ottiene 5 mondiali di fila e che senza il terribile incidente di Assen 1992 sarebbe riuscito a conquistare il campionato già un paio di anni prima. Negli anni la moto passa dalla configurazione di scoppio screamer a quella big bang, che permette di migliorare la trazione e viene dotata di iniezione elettronica. La potenza arriva a quasi 200 cavalli nelle versioni portate in gara e al titolo da Alex Criville e Valentino Rossi, mentre il peso per regolamento arriva a 135 chilogrammi. La bilancia è modesta se si pensa alle MotoGP di adesso, che contano una ventina di chili in più, ma non sono inezie se si pensa che quei prototipi andavano fermati senza il freno motore di un 4 tempi.

L'ultima stagione della NSR è il 2002, quando Loris Capirossi la porta in pista per il team di Sito Pons. La scommessa è quella di sfruttare un progetto già maturo, approfittando dei possibili guai di gioventù della nuova RC211V. Valentino Rossi invece vincerà 11 gare su 16 e la nuova Honda ne conquisterà altre 3 con Ukawa e Barros, lasciando a Max Biaggi e alla Yamaha solo le briciole di 2 successi.
La versione V2
A metà anni '90 Honda decide di affiancare alla V4 una NSR bicilindrica: in parte per sfruttare i vantaggi dovuti al minor peso concesso dal regolamento, un po' per andare incontro alla scuola europea dei piloti abituati alle 250, un po' per fornire ai privati una moto a prezzo calmierato (100mila dollari) che permetta comunque di fare bene. L'angolo tra i cilindri è di 100° contro i 112° tra le due bancate del V4. L’ago della bilancia segna 100 kg contro i 130 kg della “sorellona”. I cavalli però sono “solo” 135, quasi 50 in meno rispetto a quelli espressi dal V4. Sul dritto la NSR V2 fatica persino a tenere le scie.
Le prime due NSR V2 a prendere parte al mondiale debuttano nella stagione 1996, parte integrante dello squadrone ufficiale Honda Repsol. A portarle in pista due piloti giapponesi già saldamente in orbita HRC: il rookie Tadayuki Okada e Shinichi Itoh. Okada conquista subito la pole position nel round inaugurale di Shah Alam, in Malesia. La gara del giorno dopo è bagnata, ma Okada riesce a giocarsi la vittoria fino alla caduta. Il primo podio arriva al quarto gran premio stagionale con un terzo posto, in Spagna.

Honda continuerà a produrre la V2 fino alla soppressione della categoria nel 2001, anche perché il motomondiale ha bisogno di rimpinguare la griglia. Non arriveranno mai i successi sperati, anche perché nel frattempo la V4 viene “ingentilita”, con i tecnici giapponesi in gradi di imbrigliare la sua notevole potenza.