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Honda CB 450 SC Nighthawk: storia del falco asiatico che attaccò il mercato USA

La Honda CB 450 SC Nighthawk era un classico della metà anni ’80, una moto che combinava affidabilità nipponica e un look custom tradizionale. Ideale per chi cercava una media cilindrata versatile, dal carattere rilassato e un'estetica d’altri tempi

Falco della notte…

A cavallo tra gli anni ’70 e ’80, la Honda affrontava un momento di revisione della propria gamma media. Dopo il breve successo della CM 400 Custom T, bicilindrica dal look custom ma poco apprezzata in Europa, la casa nipponica decise di rilanciare la cilindrata 450. Fu in tale contesto che nacque la CB 450 SC “Nighthawk”, custom dal carattere “forte” presentata in America nel 1982 ma arrivata in Italia solo nel 1986. Parte della più ampia serie SC, con modelli di varie cilindrate, la 450 si ritagliava uno spazio particolare per il suo look sobrio ma affascinante, caratterizzato dalla verniciatura scura dei cilindri che, a detta dei progettisti, richiamava “l’oscurità della notte”. Ecco la sua storia…

Una nipponica per gli USA

La Honda CB 450 SC Nighthawk nasceva negli anni Ottanta da un progetto ben preciso: coniugare la filosofia nipponica, fatta di sportività, affidabilità ed essenzialità, con quella americana, dove il custom era un vero e proprio culto. Dopo il modesto successo della CM 400 Custom T, bicilindrica che nel triennio 1979-1981 non riuscì a conquistare il pubblico europeo e italiano, la Casa giapponese decise di riprovarci potenziando leggermente la cilindrata a 450 cm³. L’idea era chiara: offrire una moto in grado di competere nel vasto e difficile mercato statunitense, fatta per affrontare le interminabili e monotone strade del Midwest e della California, ma mantenendo la solidità e l’efficienza che contraddistinguevano le nipponiche. Nacque così la sigla SC, Sport Custom, e insieme il nome, decisamente “pittoresco” (ma agli americani piacciono questo genere di cose) di Nighthawk — “Falco della notte”.

Motore: robusto, moderno e “quieto”

Il cuore della Nighthawk era un bicilindrico parallelo di 447 cm3, evoluzione del 400 originario, con 3 valvole per cilindro (2 aspirazione, 1 scarico) e distribuzione monoalbero a camme in testa. Il sistema di bilanciamento a contralbero riduceva efficacemente le vibrazioni, rendendo la guida più confortevole. L’alimentazione era affidata a due carburatori Keihin VB 22, con accensione elettronica e avviamento esclusivamente elettrico (assenza di kickstarter). La frizione multidisco in bagno d’olio era robusta e modulabile, mentre il cambio a 6 marce, con overdrive nella sesta, rendeva la guida fluida e rilassata soprattutto in autostrada e su strade dritte, tipiche degli USA dove la moto era stata concepita.

Ciclistica e assetto: tradizione solida

La CB 450 SC montava un telaio monotrave tubolare in acciaio a diamante, a cui veniva abbinata una forcella anteriore oleopneumatica, con steli da 33 mm e 160 mm di escursione, mentre il retrotreno era affidato a due ammortizzatori teleidraulici regolabili su 3 posizioni, con escursione di 90 mm. Le ruote in lega a stella erano particolari: l’anteriore da 19” con pneumatico 100/90, la posteriore più larga da 16” con 130/90, entrambe tubeless. L’impianto frenante era costituito da un disco singolo anteriore da 276 mm con pinza a doppio pistoncino, discreto ma sottodimensionato, e un tamburo posteriore da 140 mm con indicatore di usura. L’assetto, morbido e rilassato, era da “custom”:  comodo sellone a due piani alto 78 cm da terra,  posizione di guida stabile e bilanciata, ideale per lunghe percorrenze. Cosa che, com’è ovvio, piacque parecchio agli americani… 

Look e dotazione: classico e curato

La Nighthawk 450 si distingueva per la ricca presenza di cromature, tra cui carter paracatena in acciaio e profili sottosella in alluminio, abbinati a un serbatoio e parafango verniciati. Il faro tondo cromato, la targa anteriore e le grandi frecce con gemme a nido d’ape richiamavano l’estetica anni ’70. La strumentazione comprendeva tachimetro e contagiri Nippon Seiki con doppia scala miglia/chilometri (per il mercato USA), e una centralina con cinque spie luminose.

In sella: guida e comfort

Con i suoi 178 kg a secco e un motore molto elastico, la Nighthawk offriva una guida rilassata e stabile. Il contralbero assicurava basse vibrazioni, e la coppia ai regimi medi rendeva piacevole la progressione, che arrivava fino a circa 10.000 giri. La sesta marcia overdrive era ideale per le lunghe distanze, con una velocità di crociera ottimale intorno agli 80 km/h a 4.000 giri, e consumi contenuti intorno ai 25 km/l in extraurbano e 20 km/l in città. Mancava però un indicatore carburante, e il rubinetto andava gestito manualmente per evitare la riserva improvvisa. Assai criticata l’assenza di un maniglione posteriore robusto, che  rendeva meno comode le manovre a bassa velocità o di parcheggio.

La serie SC e i modelli di successo

Fino’ora abbimao parlato della sola 450 ma, per completezza, è giusto ricordare che la serie SC “Nighthawk” si presentava in realtà piuttosto eterogenea, comprendendo circa mezza dozzina di cilindrate — 250, 450, 550, 650, 700 e 750 cm³ — e modelli che spaziavano dai bicilindrici ai quadricilindrici, dalla trasmissione tradizionale a catena a quella cardanica, dal faro tondo a quello squadrato. Tra tutti, i due modelli di punta — cioè gli unici a riscuotere un discreto successo anche fuori dagli Stati Uniti — furono appunto la 450 e la “sorellona” da 650. La CB 450 SC Nighthawk debuttava sul mercato americano nel 1982, proposta in due colorazioni principali: un rosso acceso denominato Candy Wineberry Red e un nero metallizzato chiamato Cosmo Black Metallic. Una dicotomia cromatica che sarebbe rimasta una costante anche nelle versioni successive, inclusa la “cugina” 650. In Italia, però, dove la Nighthawk  arrivo 4 anni più tardi, i colori originali della prima serie non si vedevano mai: il rosso cambiava solo leggermente in tonalità, diventando Candy Glory Red, mentre il nero si trasformava in un blu scuro meno cupo, il Candy Flair Blue. Tra il 1982 e il 1986, quasi ogni anno si apportavano piccole modifiche di restyling, soprattutto riguardanti i filetti e le decalcomanie. Nell’ultimo anno di commercializzazione negli Stati Uniti, però, i cambiamenti diventavano più evidenti: la celebre “Honda Wing” sul serbatoio, fino a quel momento dorata e realizzata in metallo, diventava argentata; inoltre, il parafango anteriore, che fino ad allora era cromato, si uniformava al resto della moto diventando verniciato nelle due colorazioni disponibili.

 

 


 

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