Ducati TT2, la storia dimenticata della prima "rossa" che vinse un mondiale
Portata in pista da Tony Rutter per quattro stagioni consecutive, la TT2 è stata la prima moto a portare un titolo mondiale alla Casa di Borgo Panigale, sebbene nel poco noto Mondiale Formula 2 TT. Fu anche la progenitrice di una fortunata serie di modelli da corsa e in seguito stradali, che hanno mantenuto viva la fama della Ducati durante il difficile periodo che ha preceduto l’arrivo dei fratelli Castiglioni
La TT2 e il primo titolo mondiale di Borgo Panigale
Oggi siamo abituati ad associare Ducati ai titoli mondiali, conquistati sia in SBK che MotoGP. Ma non è sempre stato così, anzi... La casa di Borgo Panigale ha vissuto lunghi periodi di difficoltà tenuta in vita soprattutto dalla passione e dedizione di chi ci lavorava... E fu così per il primo successo iridato, arrivato in una categoria poco seguita: il Mondiale Formula 2 TT, che nei primi anni Ottanta vide Ducati dominare grazie a Tony Rutter. La TT2 fu quindi la prima moto a regalare un titolo iridato alla Casa di Borgo Panigale nonché la capostipite di una famiglia di modelli da corsa – e poi stradali – che tennero alta la bandiera Ducati durante un periodo difficile, a cavallo tra la fine dell’epoca Taglioni e l’arrivo dei fratelli Castiglioni.
I primi passi con la 500 SL Pantah

Questa storia comincia in realtà nel 1978 (i primi prototipi erano già apparsi nel 1977), quando Ducati muove i primi passi con la 500 SL Pantah, modello chiave per l’evoluzione tecnica del Marchio: bicilindrico a L, distribuzione Desmo monoalbero con cinghie dentate in gomma, circa 50 CV alla ruota e una velocità massima prossima ai 200 km/h. Una base promettente, che presto viene elaborata per affrontare il Campionato Italiano Junior TT2: cilindrata portata a 582,78 cm³, camme più spinte, carburatori maggiorati e ciclistica rivista con forcelle Marzocchi in magnesio e ammortizzatori a gas.
La svolta del 1981 e l’ascesa della TT2

Il salto di qualità arriva nel 1981, quando la Federazione Motociclistica Internazionale limita l’uso delle Yamaha TZ 350 nel Mondiale Formula 2 TT, aprendo la strada ai motori derivati dalla produzione di serie. Ducati coglie l’occasione: affida la preparazione delle moto a Steve Wynne, già noto nel mondo delle corse, e la guida al britannico Tony Rutter. Veterano di lungo corso, Rutter è il tassello giusto per un progetto con poche risorse ma idee molto chiare.
Nasce così la TT2: motore Pantah portato a 582 cm³ con pistoni ad alta compressione, valvole maggiorate tratte dalla Moto Guzzi Le Mans 850, carburatori Dell'Orto da 36 mm e telaio a traliccio rivisitato. La ciclistica resta fedele alla filosofia Ducati: Marzocchi in magnesio davanti, Koni dietro. La moto è semplice ma efficace. Nonostante un debutto segnato da qualche guasto e un supporto ufficiale ridotto al minimo, Rutter e la sua TT2 iniziano a vincere. Nel Tourist Trophy 1981 arriva la svolta: record sul giro e titolo mondiale, primo trionfo assoluto per Ducati a livello iridato.
La rivoluzione tecnica Ducati
Il passaggio dalla 500 SL Pantah alla TT2 segna una vera svolta per Borgo Panigale. Il motore raffreddato ad aria con distribuzione a cinghie viene spinto oltre i limiti della sua progettazione iniziale: camme più aggressive, pistoni ad alta compressione, carburatori Lectron da 36 mm. Ma è la ciclistica a fare davvero la differenza: grazie alla collaborazione con la NCR, viene costruito un telaio a traliccio in acciaio al cromo-molibdeno da appena 7 kg. Le sospensioni, firmate Marzocchi e Paioli, si sposano con un impianto frenante Brembo Serie Oro con dischi da 280 mm e pinze a doppio pistoncino. Il risultato? Un mezzo leggero, maneggevole, ma soprattutto competitivo.
Quattro titoli consecutivi: la consacrazione
Con una moto finalmente affidabile e una ciclistica raffinata, Tony Rutter si presenta al via della stagione 1981 in piena forma. Il suo stile di guida pulito si adatta perfettamente alla TT2, che raggiunge i 76 CV a 10.000 giri. È l’inizio di un’egemonia che durerà quattro anni: dal 1981 al 1984, Ducati e Rutter fanno incetta di vittorie, stabilendo un dominio nel Mondiale Formula 2 TT che proietta la Casa bolognese di nuovo sotto i riflettori del mondo racing.
Dalla TT2 alla TT1: l’evoluzione continua
Mentre Rutter e la TT2 fanno la storia, in Ducati si lavora a un’evoluzione tecnica più ambiziosa. Nasce la TT1, erede diretta ma con contenuti più raffinati. Il motore rimane il bicilindrico a L raffreddato ad aria da 583 cm³, ma con alberi a camme riprogettati, carburatori più generosi e una gestione termica migliorata per aumentare l’affidabilità sulle lunghe distanze. Anche la ciclistica compie un passo avanti: il telaio a traliccio viene irrigidito, la forcella Marzocchi si alleggerisce ulteriormente, mentre il reparto frenante Brembo introduce pinze radiali.
La TT1 segna il passaggio da una produzione quasi artigianale a un’impostazione tecnica più industriale, con un coinvolgimento diretto dei reparti interni Ducati e una progressiva professionalizzazione del team corse. Ed è proprio con la TT1 che Rutter tenta di conquistare il suo quinto titolo iridato consecutivo. Dopo aver vinto il Tourist Trophy (anche se con una media inferiore rispetto all’anno precedente), si piazza secondo a Vila Real e terzo al Montjuïc. Al termine della prova spagnola, che da quell’anno entra ufficialmente nel calendario, il veterano prende parte anche alla gara della TT F1, ma un grave incidente lo costringe a un lungo periodo di convalescenza, mettendo a rischio la sua carriera. Nonostante tutto, grazie ai punti accumulati nelle prime tre gare, Rutter chiude il Campionato 1985 al secondo posto, alle spalle di Brian Reid (Yamaha), restando comunque il pilota più vincente nella storia della TT F2. Per quanto riguarda la TT F1, il miglior risultato stagionale per Ducati è il secondo posto conquistato dal tedesco Dieter Rechtebach proprio al Montjuïc. La sua moto, però, è fortemente modificata: monta un telaio artigianale Maltrye conserva solo il nome della TT1. Anche la partecipazione all’Endurance non porta grandi soddisfazioni, con poche apparizioni nella serie mondiale. L’unico risultato degno di nota resta il quinto posto di La Ferla e Cussigh alla Sei Ore di Monza.
750 F1, il passaggio di consegne

Il 1985 non è soltanto l’anno dell’incidente di Tony Rutter al Montjuich: è anche quello in cui l’acquisizione di Ducati da parte della Cagiva diventa ufficiale. Con l’arrivo dei fratelli Castiglioni prende forma un progetto atteso da tempo: la versione stradale della TT1.
Nasce così la 750 F1, moto da corsa adattata alla strada, con fanali, specchietti e una livrea tricolore aggressiva. È la prima Ducati dell’era Cagiva, pronta ad arrivare in concessionaria con il logo di Borgo Panigale sormontato dall’elefantino varesino.
Intanto, anche sul piano sportivo, la TT1 chiude la sua parabola nel modo migliore: nel 1986 Marco Lucchinelli vince due tappe dell’AMA a Daytona e Laguna Seca, riservate alle bicilindriche. Sempre nel 1986 arriva il secondo posto alla 8 Ore di Jerez (Mondiale Endurance), in coppia con Juan Garriga. Il sigillo arriva però alla 200 Miglia di Imola – disputata eccezionalmente a Misano – dove Lucchinelli sbaraglia la concorrenza della Honda RVF 750 di Joey Dunlop e regala a Ducati una vittoria che ha il sapore del simbolo. A settembre dello stesso anno si corre il Bol d’Or al Paul Ricard. Ducati si presenta con un prototipo, il 748i, affidato a Lucchinelli, Ferrari e Garriga. La moto, ritiratasi all’alba mentre era in settima posizione, è una 750 F1 evoluta con testa a quattro valvole per cilindro e raffreddamento a liquido: anticipa in tutto e per tutto la futura 851 SBK e segna l’inizio di una nuova, ambiziosa stagione a Borgo Panigale. Ma quella è un’altra storia…