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Campioni dimenticati Carlo Ubbiali: furbo come una volpe, coraggioso come un leone

Nove volte campione del mondo come Valentino Rossi, Carlo Ubbiali ha lasciato un’impronta indelebile nel motociclismo italiano degli anni ’50, periodo in cui i piloti non erano le star di oggi, ma "semplici operai" al servizio dei costruttori

Di Carlo Ubbiali - “la Volpe” del motociclismo - si è detto, scritto e raccontato moltissimo. La sua figura ha ispirato biografie, interviste, saggi tecnici e pure memoriali. D’altra parte, una carriera così ricca di successi, stile e strategia non poteva che diventare materia di libri e studi per appassionati di motori e di storia sportiva.

Gli esordi e l’incontro con MV Agusta

Nato a Bergamo il 22 settembre 1929, Carlo Ubbiali cresce tra officine e motori, respirando da subito l’atmosfera del lavoro artigianale e della passione per le due ruote. Già da adolescente partecipa a gare locali, allenandosi su circuiti minori, spesso trasportando la sua MV Agusta 125 tre marce su un sidecar di Moto Guzzi, da solo all’alba verso Gorgonzola, Pavia, Lomazzo e Mandello del Lario. Il primo incontro decisivo con il grande motociclismo avviene nel 1948 al Gran Premio della Fiera Campionaria di Milano, quando il Conte Domenico Agusta gli offre l’opportunità di guidare una moto ufficiale MV. Da privato contro squadre titolate, Ubbiali si fa subito notare e, l’anno successivo, conquista la sua prima vittoria in un Gran Premio, in Irlanda 1950, su Mondial 125. Nel 1951 ottiene il primo titolo mondiale, segnando l’inizio di una carriera leggendaria.

La furbizia della Volpe

Negli anni ’50, Ubbiali diventa il riferimento delle classi leggere. Alla guida della MV Agusta 125 Bialbero e della 250 cm3, conquista 9 titoli mondiali (6 in 125 e 3 in 250) tra il 1951 e il 1960, con 39 vittorie in 71 Gran Premi. Ubbiali era un maestro, capace di una guida “metodica” e ponderata.  Era furbo (l’appellativo di Volpe non è un caso). Al Gran Premio di Germania 1955 sul Nürburgring, ad esempio, gestì in modo millimetrico le scie dei compagni di squadra, vincendo di soli 2 decimi di secondo su Luigi Taveri e Remo Venturi. Allo stesso modo, nel Gran Premio di Monza 1960, nella Parabolica, chiuse la traiettoria interna per sorprendere i rivali, aprendo il gas solo al momento giusto e vincendo, riportano le fonti, con astuzia e precisione. Ma Ubbiali non era solo veloce: era strategico. In ogni gara sapeva quando dosare la potenza e quando affidarsi alla tattica. Un’intelligenza di guida che di fatto lo distinse da tutti i suoi avversari. 

Il coraggio del leone

Uno dei capitoli più suggestivi della carriera di Carlo Ubbiali è senza dubbio legato al Tourist Trophy, una delle gare su strada cioè più impegnative e rischiose del mondo. In un’epoca in cui le misure di sicurezza erano minime e il percorso era un vero e proprio labirinto di strade pubbliche con muretti, pilastri e curve pericolose, Ubbiali seppe anche qui distinguersi nono solo per astuzia ed ingegno, ma anche per pelo e coraggio. Nel corso della sua carriera conquistò 5 vittorie al TT, quattro sul circuito più corto della Clypse Course ed una su quello classico del Mountain Course. Tra i suoi successi più memorabili c’è il 1956, anno in cui Ubbiali conquistò una doppietta al TT vincendo nella classe 125 e 250, sempre con la sua MV. Altrettanto degno di nota il suo ultimo trionfo al TT, che arrivò su Mountain Course, in una gara da 113,19 miglia, dove stabilì anche un record di giro.

Ritiro e lascito: l’uomo dietro il pilota

Carlo Ubbiali lascia le competizioni nel 1960, ma resta un punto di riferimento per il motociclismo italiano, lavorando come consulente e mentore per i giovani piloti. La sua leggenda vive nelle moto che ha guidato e nelle traiettorie che ha tracciato, simbolo di una generazione di piloti che univa tecnica, talento e ingegno. Si spegne il 2 giugno 2020 a Bergamo, a 90 anni, lasciando una memoria indelebile. “Della mia vita sono contento, ma a metà” si legge in apertura sulla biografia scritta la Lorenzo Montagner. Sono contento per il raggiungimento di alcuni obiettivi, come i nove titoli mondiali piloti, che rappresentano ancora un bel record. Sono soddisfatto per essermi sempre salvato da brutti incidenti, quando purtroppo ci sono piloti dei miei tempi che sono disabili oppure, ancora peggio, sono deceduti. Ma in verità, per quindici anni ho vissuto in una galera, pensando sempre al rendimento, al risultato, alla vittoria in una gara, puntando a ottenere il massimo prestigio possibile, ma non il mio, bensì quello della fabbrica, perché in pista, al manubrio di una motocicletta, ero un semplice operaio, non come i piloti di oggi che sono delle star. A quei tempi, io come tutti gli altri corridori ero soltanto carne da macello e portare a casa la pellaccia era obbligatorio”. 

Per approfondire 

Come premesso, di Ubbiali e dei suoi successi ci sarebbe molto da raccontare: impossibile farlo in così poche righe. Vale quindi la pena segnalare almeno un titolo fondamentale per chi vuole conoscere davvero Ubbiali, non solo come campione ma anche come uomo. 

Carlo Ubbiali: “Il miglior pilota italiano del dopoguerra” - Lorenzo Montagner
Questo libro è probabilmente la biografia più completa e apprezzata su Ubbiali. Racconta la sua vita “fuori e dentro il manubrio”: dalla gavetta in officina, al rapporto con i team, alle sue gare più iconiche. In queste pagine Montagner mette in luce non solo le vittorie, ma anche la dimensione umana di Ubbiali. 

A proposito di giganti del motociclismo: La storia incredibile di John Britten: il genio che rivoluzionò le moto in un garage

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