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La storia incredibile di John Britten: il genio che rivoluzionò le moto in un garage

Genio della meccanica, John Britten ci lasciava il 5 settembre del 1995 . Le sue moto lasciato il segno e ancora oggi, passione e tenacia che lo contraddistinguevano dovrebbero essere un'ispirazione per tutti

Una ricorrenza importante 

Oggi, venerdì 5 settembre 2025,  è per il mondo motociclistico una ricorrenza importante. Esattamente 30 anni fa - era il 5 settembre del '95 - ci lasciava infatti il grandissimo John Britten, uno dei geni più incredibili (anche se ormai un po' dimenticato) del mondo motociclistico. Nel corso della sua purtroppo breve vita, John inventò, progettò, costruì e guidò moto "rivoluzionarie" che sfidavano  i limiti della meccanica tradizionale. Una storia che merita d'essere raccontata...

 

Le radici del genio

Nato a Christchurch, Nuova Zelanda, il 1 agosto 1950, John Britten mostrò fin da subito una straordinaria curiosità per il mondo meccanico. Da bambino, racconta la sua biografia, passava ore nel negozio di biciclette del padre, smontando e rimontando ingranaggi. A soli sei anni costruì il suo primo go-kart e, a tredici anni, restaurò una vecchia Indian del 1927 (qui sotto). 

Nonostante le difficoltà legate alla dislessia, John compensava con un’incredibile capacità di visualizzazione, traducendo le idee in disegni, schemi e prototipi funzionanti. Nel corso della sua vita, Britten immaginò, progettò e realizzò motori e telai, ma anche oggetti di arredo, moda e design. Era instancabile: nel 1983 sposò Kirsteen, modella internazionale, e insieme ebbero tre figli: Sam, Isabelle e Jessica. Morì prematuramente il 5 settembre 1995 a causa di un tumore inoperabile. Al  suo funerale si svolse una processione di veicoli che aveva restaurato e amato, con in testa una delle sue motociclette più iconiche, la Cardinal V1100. 

La passione per i motori

John “esplorò” negli anni differenti campi e settori, ma la passione per la velocità lo accompagnò per tutta la vita. Guidò auto sportive - come la TVR Griffith, jet boat, a bordo dei quali correva sui fiumi neozelandesi e, ovviamente, moto. Moto che si costruiva praticamente da solo. Durante quasi tutto l’arco della sua vita Britten si dedicò alla progettazione di motori e telai innovativi, alla sperimentazione aerodinamica e alla ricerca di nuove soluzioni. La fama internazionale arrivò con la V1000, moto che trasformò John in un mito del mondo delle due ruote. 

La V1000 è stata il capolavoro di Britten

Esempio perfetto di come si combinano tecnologia ed estetica, di come si sfidano i limiti della meccanica tradizionale e di come fare ad introdurre soluzioni rivoluzionarie anticipando di anni alcune scelte moderne, la V1000 gli assicurò un posto d’onore nella storia del motociclismo. 

Le Moto di John Britten

Se la vita di John Britten era un laboratorio di idee e invenzioni, le sue motociclette sono state la manifestazione più concreta e spettacolare di quel genio creativo. Dalla sua instancabile mente nacquero infatti non solo idee e progetti, ma vere e proprie rivoluzioni su due ruote. Le motociclette che progettò e costruì incarnano la sintesi perfetta tra creatività e ingegneria, tra estetica e prestazioni estreme. Come accennato, la più famosa è forse la V1100 Cardinal, ma certo non l’unica…

V1100 Cardinal

La V1100 Cardinal è forse la creazione più iconica di John Britten. Nata dalla passione di John e di un gruppo di amici selezionati, prese vita in un garage adibito ad officina. Doveva essere la moto da gara perfetta e fu drodotta in soli dieci esemplari, la Cardinal è un esempio straordinario di ingegneria motociclistica. Attualmente, l'esemplare numero 1 è esposto al Classic Motorcycle Mecca di Invercargill, Nuova Zelanda. La verniciatura nei toni del blu e del rosa la rende immediatamente riconoscibile, ma è ciò che c’è sotto la carena che fa la differenza: 

Il motore, un V-Twin a 60° 4 tempi con 4 valvole per cilindro, raffreddato a liquido, con una cilindrata di 1.108 cm3 ha una potenza di circa 166 CV a 11.800 giri e funge da elemento portante collegato a supporti in carbonio e kevlar.  A quest’ultimo sono abbinate una sospensione anteriore Cardinal con sistema a doppio braccio oscillante e ammortizzatore Öhlins e, al posteriore, ad un forcellone in fibra di carbonio con un sistema a tre leve regolabile e ammortizzatore Öhlins. Degno l’impianto frenante: all’anteriore due dischi in ghisa da 320 mm con pinze a quattro pistoncini e, al posteriore, un disco singolo da 210 mm con pinza a due pistoncini. Il tutto per un peso sulla bilancia di soli 138 kg. Una delle moto più leggere della sua categoria. Oltre che al telaio, il merito va in questo caso alla carrozzeria ed alle ruote in fibra di carbonio, nonchè alle tanti componenti in titanio 

The Precursor

Come suggerito dal nome, la “Precursor” è stata la prima moto costruita interamente da John Britten e dal suo team. Equipaggiata con un motore V-twin raffreddato a liquido abbinato a un telaio in acciaio a traliccio con sospensioni Ceriani e ruote in lega leggera, la Precursor  ha segnato un passo fondamentale nella carriera di Britten. Nel 1991, durante la gara "Battle of the Twins" a Daytona, si classificò seconda, superando tutte le moto tranne una Ducati ufficiale, un risultato straordinario per un team indipendente…

V1000 Aero-D-One

Nel 1985, Britten progettò la V1000 Aero-D-One, una moto che avrebbe rivoluzionato il design motociclistico. Inizialmente concepita come un progetto stilistico, la Aero-D-One presentava una carenatura aerodinamica avanzata e una struttura monoscocca. Ne furono costruiti due esemplari: : uno per Britten e uno per il costruttore di motori Mike Brosnan, che lo denominò Aero-D-Zero. La Aero-D-One era dotata di un telaio monoscocca in fibra di carbonio e kevlar, sospensioni White Power e ruote in lega leggera. Il motore era un V-twin Denco a 8 valvole, alimentato a metanolo, che contribuiva a una potenza elevata e a una riduzione del peso complessivo.

1948 Triumph Tiger

La 1948 Triumph Tiger rappresenta le origini della passione motociclistica di John Britten. Insieme ai suoi amici Allan Wylie e Joe Hannah, formò il team "Three Fools Racing”.La Triumph fu modificata da Britten con un serbatoio in lega leggera, una nuova coppa dell'olio e numerosi interventi al motore. Nel 2006, quando la fabbrica di Britten fu venduta, la moto fu trovata smontata e messa in deposito. Fortunatamente, i componenti furono recuperati prima del devastante terremoto di Christchurch, evitando danni irreparabili… Oggi è “viva e vegeta”. 

V1000 Aero-D-Zero

La V1000 Aero-D-Zero è stata la prima moto costruita da John Britten utilizzando un motore Denco V-twin. Nel 1987, partecipò al BEARS Speed Trial, raggiungendo una velocità di 234,02 km/h. Successivamente, nel 1988 e nel 1990, vinse altre gare di velocità con velocità rispettive di 242,72 km/h e 247,80 km/h . Il telaio era un a traliccio in acciaio, simile a quello delle Ducati moderne, con sospensioni Ceriani e un forcellone in alluminio attivato da un ammortizzatore Koni. Le ruote erano in lega leggera, prodotte da Morris, l’impianto frenante formato da pinze Brembo e AP Lockheed.

Tutto per le corse

La passione di John per le moto era indissolubilmente legata a quella per le corse e la velocità, le suo moto era pensate solo per gareggiare e vincere. Quando presentò al la sua V1000 fatta a mano in un piccolo garage di Christchurch, pochi immaginavano che avrebbe scritto una delle pagine più affascinanti della storia del motociclismo. 

L’esordio a Daytona

Nel 1991 il debutto fu subito clamoroso: alla Battle of the Twins di Daytona due Britten centrarono il podio con un secondo e un terzo posto. Un segnale chiaro che il progetto “artigianale” poteva competere con i migliori.

Vittorie in Europa e America

L’anno seguente arrivò la consacrazione: trionfo al BOTT di Assen, secondo posto a Laguna Seca e nuove conferme in pista. Non mancavano battute d’arresto, ma il messaggio era lanciato: la Britten era veloce e innovativa.

Record e gloria

Il 1993 fu l’anno della leggenda. Alla Isle of Man TT la V1000 si guadagnò il titolo di moto più veloce sul dritto. In Australia conquistò vittorie nel campionato TT e nella serie BEARS. Parallelamente abbatté record mondiali di velocità: dal miglio lanciato a oltre 302 km/h fino alle prove di accelerazione sul quarto di miglio.

La consacrazione a Daytona

Nel 1994 arrivò la vittoria più iconica: Andrew Stroud portò la Britten sul gradino più alto della Battle of the Twins a Daytona. In patria, nel campionato neozelandese Superbike, la V1000 dominò con un primo e un secondo posto finali.

Campione del mondo

Nel 1995 Stroud conquistò il titolo mondiale BEARS e un’altra vittoria a Assen. Fu l’apice sportivo di una moto già entrata nel mito. 

Ma le moto di Britten continuarono a correre a a mietere successi anche dopo la morte del loro creatore, come las Britten italiana, una storia nella storia...

La Britten di Crepladi

John Britten e Roberto Crepaldi si conobbero nei primi anni ’90, uniti dalla stessa passione per le moto artigianali costruite fuori dagli schemi industriali. L’inventore neozelandese della rivoluzionaria V1000 trovò nell’imprenditore milanese non solo un amico, ma anche un referente europeo per le sue macchine.

Crepaldi, fondatore della CR&S (Café Racers & Superbikes), acquistò la quarta Britten V1000 prodotta. La portò in Europa, trasformandola nella cosiddetta “Britten italiana”. Da quel momento la sua officina divenne una sorta di base operativa per il team, con Milano come punto di appoggio oltre oceano.

La V1000 di Crepaldi non rimase un pezzo da esposizione: fu protagonista in pista. Nel 1995, con Stephen Briggs in sella, conquistò il secondo posto nel campionato BEARS e prese parte due volte al Tourist Trophy dell’Isola di Man e dopo la morte di Johm continuò a gareggiare e a presenziare a manifestazioni fino al nuovo millennio.

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vincenzodigiulio
Ven, 05/09/2025 - 13:04
peccato sia morto cosi giovane, chissà quanto altro avrebbe inventato