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BMW K1: la sportiva tedesca fu un flop pazzesco

Carenatura integrale, motore 16 valvole e soluzioni all’avanguardia. La K1 fu un vero laboratorio su due ruote ma, nonostante le buone idee, il mercato la accolse con freddezza, trasformando il progetto in un flop commerciale. Oggi invece è parecchio ricercata da molti collezionisti…

BMW K1

Arrivata nel 1988, la BMW K1 si presentò come una sportiva di nuova generazione, un vero e proprio laboratorio tecnologico su due ruote. Spinta dal possente 16 valvole a iniezione elettronica ed avvolta in una carrozzeria nata in galleria del vento nasceva non per nulla con l’obiettivo di ridefinire il concetto di moto sportiva. Nonostante la bontà del progetto, l’obiettivo fu purtroppo mancato: l’estetica controversa e la guida poco gratificante fecero della  K1 un flop commerciale. Ma andiamo con ordine…

Origini e Serie K

Per meglio capire da dove viene la K1 è necessario un salto indietro di qualche anno. All’inizio degli anni Ottanta, BMW cambia radicalmente strategia lanciando la serie K, modelli dotati di motore a quattro cilindri in linea “a sogliola”, cioè con i cilindri in posizione orizzontale e poco dopo arrivò anche il tre cilindri con iniezione elettronica. Nelle numerose e differenti versioni prodotte, le nuove K si dimostrano moto robuste, veloci e ottime tourer, ma qualcosa nel frattempo cominciava a minare le basi dell’intero progetto. Le Case giapponesi scatenano una guerra tecnologica e commerciale senza precedenti, soprattutto nel segmento sportivo. Il fenomeno delle “race replica” porta a potenze sempre più elevate e ciclistiche evolute, con telai perimetrali, freni potenti, sospensioni pluriregolabili ed altre soluzioni mai viste prima. BMW provò così a rispondere a suo modo, cioè con tecnologia d’avanguardia, design originali e soluzioni inedite. 

Progetti preliminari: si parte dal Futuro

Il progetto K1 parte dai concept del 1980, in particolare dalla Futuro 800, moto completamente carenata con motore boxer sovralimentato da 800 cm3, studiata per un’ottima penetrazione aerodinamica. Sebbene la Futuro non veda la produzione, il suo design e le ricerche sull’aerodinamica forniscono una base fondamentale per la K1. La Futuro era studiata infatti per garantire una penetrazione dell’aria ottimale, aumentando la velocità massima senza incrementare la potenza, e introduceva dettagli innovativi come borse integrate nel codone. Come accennato, molti degli studi sulla carenatura e sull’efficienza aerodinamica sarebbero infatti stati successivamente fondamentali per la K1, che, di fatto, ne ereditò concetto di moto sportiva “vestita” completamente e caratterizzata da linee basse e tese. 

Arriva la K1

E così, il progetto definitivo viene deliberato nel 1986, mentre BMW conclude lo sviluppo delle K 100 e K 75. La K1 debutta il 20 settembre 1988 al Salone di Colonia, facendo immediatamente scalpore per le proporzioni imponenti e l’estetica audace: la carrozzeria è extra-large, carenata in modo completo, con codone massiccio dotato di bauletti laterali integrati e abbinamenti cromatici vistosi. L’interasse di 1.565 mm, la lunghezza di 2.230 mm e il peso di 253 kg a vuoto contribuiscono a un’impressione di enorme stabilità, ma riducono la maneggevolezza, rendendo la K1 una moto difficile da collocare tra le “classiche” sportive. Guardiamola meglio. 

La moto

Dal punto di vista tecnico, la K1 raccoglie tutta l’esperienza BMW, anche in ambito automobilistico e da competizione. Il motore è un quattro cilindri in linea longitudinale a sogliola, con distribuzione bialbero in testa e quattro valvole per cilindro, rapporto di compressione elevato a 11:1, nuova gestione elettronica Bosch Motronic per accensione e iniezione e albero motore alleggerito. La trasmissione finale sfrutta il forcellone monobraccio Paralever con doppio giunto cardanico, che riduce le reazioni in accelerazione. Il cambio a cinque rapporti ha ingranaggi in presa costante con dentatura elicoidale, mentre il rapporto di trasmissione finale è stato allungato per ottenere maggiore stabilità alle alte velocità.

Le prestazioni della K1 sono di tutto rispetto: la potenza massima raggiunge i 96,24 CV alla ruota a 8.500 giri, con coppia di 10,2 kgm a 6.750 giri. La velocità massima arriva a 240 km/h in posizione abbassata e 225 km/h con due persone, mentre l’accelerazione sui 400 metri resta simile a quella della K 100 RS. La forcella Marzocchi con ammortizzatore di sterzo e l’impianto frenante Brembo, dotabile di ABS, completano un pacchetto tecnico avanzato. Il concetto di sport-tourer è reinterpretato con borse integrate nella carenatura e possibilità di installare un set supplementare sulla sella passeggero, sebbene ciò renda la moto monoposto.

Motore e trasmissione

La BMW K1 montava un motore quattro cilindri in linea longitudinale con distribuzione bialbero in testa e quattro valvole per cilindro, raffreddamento a liquido e lubrificazione a carter umido. L’alesaggio per corsa è di 67x70 mm per una cilindrata di 987 cm3, con rapporto di compressione 11:1.La potenza massima dichiarata è di 100 CV a 8.000 giri, la coppia massima di 10,2 kgm a 6.750 giri, con velocità massima di 240 km/h in posizione abbassata e consumi medi di circa 20-23 km/l a velocità costante. L’alimentazione è affidata a Bosch Motronic, con serbatoio da 22 litri, di cui 5 di riserva, e accensione elettronica digitale. La frizione è monodisco a secco, mentre il cambio a cinque rapporti con ingranaggi in presa costante. 

Ciclistica

Il telaio è a traliccio superiore in acciaio, con motore-cambio portante, forcella telescopica Marzocchi e monoammortizzatore posteriore regolabile. L’impianto frenante Brembo prevede dischi flottanti anteriori da 305 mm e disco posteriore da 285 mm, entrambi con pinze a doppio pistoncino e possibilità di ABS. Le ruote in lega leggera montano pneumatici radiali 120/70-ZR17 ant. e 160/60-ZR18 post. Mastodontica, cha una lunghezza complessiva ì di 2.230 mm, l’interasse 1.565 mm, la sella a 780 mm da terra. Il peso a vuoto è di 234 kg, mentre in assetto di marcia arriva a 259 kg.

Design e linee

La K1 non passava certo inosservata: il suo design era concepito come prolungamento della filosofia tecnologica della moto, con una carrozzeria totalmente avvolgente e studiata in galleria del vento per ottenere un Cx di 0,34, record assoluto per l’epoca. La scelta di linee basse e tese non era dettata solo dall’estetica: il frontale affilato, il cupolino integrale e le fiancate che nascondevano quasi completamente il motore servivano a ridurre la resistenza all’aria e a proteggere pilota e passeggero dal vento ad alta velocità. Anche la strumentazione rifletteva l’attenzione al dettaglio e alla modernità: il cruscotto digitale e analogico combinava indicazioni essenziali con informazioni più complesse come consumo medio, temperatura e controllo elettronico del motore, anticipando soluzioni che sarebbero diventate standard solo molti anni dopo. Manubrio, pedane e comandi erano integrati armoniosamente nelle linee della carrozzeria, creando un effetto di compattezza visiva, nonostante le dimensioni generose della moto. Ognuno ha i suoi gusti, certo, ma il risultato, a ben guardare, non fu dei migliori…

Com'era da guidare?

Montare in sella alla BMW K1 significava cambiare prospettiva: se l’estetica poteva risultare controversa, la guida offriva sensazioni ben diverse. Questo almeno secondo l’autorevole parere di Nico Cereghini, allora tester per Motociclismo.  La posizione di guida privilegiava comfort e abitabilità più che sportività estrema. Il manubrio largo, la sella leggermente abbassata e le pedane arretrate consentivano al pilota di stare con il busto inclinato in avanti, braccia aperte e ben riparato fino a 200 km/h. Forcella e Paralever garantivano un ottimo confort anche sul pavé, con qualche fastidio solo per le ginocchia in posizione innaturale. Su strada, il comportamento della K1 era rigoroso nelle curve percorse oltre i 70 km/h, mentre a velocità più basse lo sterzo risultava delicato e la moto tendeva a chiudere le curve, richiedendo correzioni attente. Stabilissima in rettilineo e nei curvoni ad ampio raggio su asfalto perfetto, mostrava qualche limite se spinta in maniera sportiva, dovuto a sospensioni troppo morbide, necessarie per il comfort. La frenata, invece, risultava sempre potente e modulabile, adatta a qualsiasi fondo. Coppia e prontezza rimanevano elevate già dai 1.000 giri, con consumi favorevoli. Gli unici limiti evidenziati riguardavano il leggero aumento delle vibrazioni e la precisione del cambio (particolarmente complicato passare dalla seconda alla terza durante accelerazioni da fermo), mentre gli innesti superiori restavano fluidi e silenziosi, inclusa la prima a moto ferma. Nel complesso, la K1 veniva valutata sul metro BMW, senza confronti diretti con le supersportive giapponesi più potenti. 

Un flop commerciale

Nonostante l’innovazione tecnologica e il design originale (o forse proprio a causa di quest’ultimo), la K1 fatica a conquistare il mercato. I puristi BMW non apprezzano le forme vistose, il peso ed il prezzo elevato. Morale appena 2.000 esemplari venduti nel 1990, fino a chiudere la produzione nel 1993 con  sole 6.921 unità, il peggior risultato di tutta la serie K. Il flop commerciale non impedisce, però, che la K1 lasci un’eredità tecnologica: il motore a 16 valvole verrà adottato dalla K 100 RS 1990, il Paralever e l’ABS diventeranno standard sui modelli futuri, e il coraggio stilistico verrà poi, come spesso accade,  riconosciuto solo anni più tardi dai collezionisti alla ricerca di moto uniche e iconiche.

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