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Aermacchi TV, l'americana che voleva fare l'italiana

Voluta dagli americani di Harley-Davidson, l’Aermacchi  350 T.V. del 1969 rappresentò un momento cruciale nella storia del marchio italiano. Nonostante alcuni evidenti difetti, la monocilindrica fece colpo, conquistando, almeno in Italia, il secondo posto nelle vendite

Aermacchi 350 T.V.

"È un motociclo pensato per un uso sportivo e brillante, con elevate prestazioni, adatto anche a lunghi percorsi veloci. Il motore sfrutta l’esperienza maturata nelle gare di velocità…”. Con queste parole l’Aermacchi Harley-Davidson presentava la nuova T.V. monocilindrica quattro tempi  da 350 cm³ presentata nel 1969. Ecco la sua storia… 

Un vuoto da colmare nel listino Aermacchi

Al momento del lancio, la gamma Aermacchi - da un decennio nelle mani di Harley-Davidson -  comprendeva solo la tranquilla 350 GT Sprint. Le apprezzate 250 cm³, simbolo di velocità e glorie passate, erano ormai in declino, lasciando scoperta una fascia importante per gli appassionati sportivi. Fu per questo motivo che, a Varese, si avvertì la necessità di un modello capace di incarnare la tradizione sportiva della Casa da proporre ad un pubblico in cerca di prestazioni elevate anche su strada. In vista del Salone di Milano 1969, l’Aermacchi perfezionò quindi due modelli da 350 cm³: uno per uso turistico e uno più sportivo. La prima fu messa in vendita subito, mentre per la più grintosa T.V. (Turismo Veloce) si dovette aspettare un anno. 

Un look "controverso"

Il debutto della T.V. sollevò parecchi dubbi, soprattutto sul fronte estetico. Il serbatoio, con la parte anteriore quasi appoggiata sul motore e la zona del cannotto inclinata verso la strada, sembrava il risultato di un progetto frettoloso, assemblato con componenti di varia origine poco armoniosi. "Esteticamente - si leggeva sulle pagine di Motociclismo - la 350 TV è solo una lontana parente dell’Ala Verde e differisce molto dalla GT 350. Si è voluto innovare ma si sarebbe potuto fare meglio. Il blocco serbatoio-sella appare sbilanciato, così come gli attacchi del faro, il manubrio (che avrebbe potuto essere bipartito) e lo scarico, che pur contenendo il rumore resta poco piacevole”.

Meccanica solida e miglioramenti

Altro discorso per la meccanica. Innanzitutto, va ricordato che, mentre la T.V. si preparava al debutto,  la GTS veniva nel frattempo sottoposta a un severo test Milano-Roma e ritorno, percorrendo 543 km in autostrada a una media di 122 km/h e consumando 21 km con un litro senza problemi. Prestazioni che alzarono non di poco le aspettative. Sul piano tecnico, i cambiamenti rispetto alla GTS erano limitati ma significativi: ciclistica leggermente rivista, sella più bassa (da 820 a 795 mm), serbatoio modificato, interasse ridotto (1.340 mm contro 1.364) e manubrio basso, come richiedeva il mercato italiano. Il motore, robusto e affidabile, guadagnava in potenza senza sacrificare troppo l’elasticità. Gli interventi chiave furono in tal senso quelli operati sulla valvola di scarico, maggiorata, sul carburatore, da 30 mm con cornetto di aspirazione e sull’albero a camme, nuovo di zecca. Risultato?  29 CV a 7.500 giri, per un valore simile a quello della Ducati Desmo 450. Come da tradizione, la frizione rimaneva però a secco, non sempre facile da modulare, mentre il gruppo termico in lega leggera garantiva minor peso e migliore raffreddamento. La testata inoltre tornava alla versione tradizionale con regolazione “a vista” delle valvole, abbandonando la precedente “testa tonda” americana, più pesante e problematica. Il tutto abbinato ad un cambio a 5 marce con ingranaggi più leggeri e stretti. 

Prova su strada: pregi e difetti

La moto si comportava bene, grazie ai freni potenti, al cambio a 5 rapporti e al telaio ben bilanciato. "La T.V. è dolcissima da guidare - spiegava il tester di Motociclismo - curva con decisione senza tradire mai. Perfetta nelle curve strette e stabile anche nei curvoni veloci, dove però emergono i limiti delle sospensioni posteriori, non all’altezza della potenza”. 

Vibrazioni importanti

Il problema principale della T.V. fu fin da subito riscontrato a livello delle vibrazioni, parecchio fastidiose intorno ai 4.000 giri, corrispondenti a circa 80 km/h in quinta marcia. Per attenuarle, vennero usati supporti in gomma su faro, manubrio, serbatoio e strumenti, ma non bastò. A discolpa della Aermacchi va comunque ricordato che, all’epoca, poche mono o bicilindriche di quella categoria riuscivano a contenere le vibrazioni. Un problema quindi tutto sommato comune e non così “grave”… 

Successo e mercato

Linea a parte, la prima versione riscosse un discreto successo, favorito anche da un prezzo competitivo: 498.000 lire, poco più della GTS turistica, e ben inferiore alle concorrenti Honda CB450 (812.000 lire) e MV 350 Sport (560.000 lire). Solo la Ducati 350 Mark 3 era più economica (440.000 lire). Un successo che fece della serie 350 la punta di diamante della Casa varesina, con oltre 1.877 immatricolazioni in Italia nel 1971, seconda solo a Ducati nella fascia 250-350 cm³.

Arriva la seconda serie

Consapevole delle critiche all’estetica, l’Aermacchi interveniva meno di un anno dopo con la seconda serie della T.V. Le modifiche estetiche erano molte: nuova linea più classica Aermacchi, gruppo alternatore al posto della dinamo, parafanghi accorciati, serbatoio nuovo, manubrio bipartito, faro ridisegnato, strumenti più bassi e sella Teraldi rivista. Cambiamenti che resero la moto più slanciata e gradevole, ma anche meno comoda a causa delle pedane che, pur con il manubrio bipartito, non vennero arretrate. La seconda durò però solo un anno, perché alla fine del 1972 la AMF (American Machine and Foundry Corporation) acquistava completamente Harley-Davidson e con essa l’Aermacchi, segnando la fine di un’epoca per lo stabilimento di Schiranna.

Un motore "made in America"

Va ricordato che, dopo il 1960, con l’acquisizione di Aermacchi da parte di Harley-Davidson, le decisioni tecniche e di prodotto venivano prese soprattutto dagli americani. La 350 fu infatti un progetto voluto da loro per rispondere al mercato USA che richiedeva cilindrate maggiori della 250. Francesco Botta, responsabile tecnico Aermacchi per molti anni, racconta che il motore non era totalmente nuovo, ma derivava dal basamento della Chimera 175 con modifiche per aumentare cilindrata e carter.

Un momento cruciale

La 350 T.V. rappresentò un momento cruciale nella storia dell’Aermacchi: un tentativo di coniugare tradizione e innovazione per mantenere viva la presenza della Casa varesina nel segmento delle sportive di media cilindrata. Pur con difetti evidenti, soprattutto dal punto di vista estetico e delle vibrazioni, la monocilindrica si fece apprezzare per la sua affidabilità e per un motore solido e grintoso, capace di rispondere alle aspettative degli appassionati di allora. La seconda serie, più elegante e slanciata, confermò la volontà di Aermacchi di restare competitiva in un mercato in rapida evoluzione, ma l’arrivo della proprietà americana AMF portò a scelte radicali che segnarono la fine di un’epoca e la trasformazione dello stile e della filosofia produttiva della Casa.

Qualche numero Aermacchi

I primi anni Settanta segnano una fase d’oro per l’Aermacchi, sia per il numero di moto vendute che per gli addetti coinvolti nella produzione. Nel 1970, la Casa di Varese immatricolò in Italia 1.379 mezzi,  raggiungendo l’anno successivo le 1.877. Il vero boom arrivò però nel 1972, con 3.189 moto vendute: un traguardo che non si vedeva dal 1955, quando si superò quota 3.500 (tutte entro i 125 cm³). Negli anni seguenti, il mercato alternò fasi di calo e ripresa: dalle 1.599 unità del ’75 si pssò per esempio alle 3.445 del ’77. Anche la forza lavoro crebbe: dai circa 100 operai degli anni ’60 si arrivò infatti a 560 lavoratori nel 1974. I dati produttivi non sempre sono completi, ma il 1967 viene ricordato come uno dei migliori anni, con 9.085 moto uscite dallo stabilimento di Schiranna, a cui si devono sommare almeno 10.000 ciclomotori da 48 e 64 cm³.

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