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Yamaha M1, storia della MotoGP più vincente di sempre

La mitica 4 in linea di Iwata si appresta ad andare in pensione dopo oltre 20 anni di carriera, sostituita dalla versione V4 voluta per contrastare Ducati. Ha vinto 8 titoli mondiali con Rossi, Lorenzo e Quartararo

La Yamaha YZF-M1 è la MotoGP più longeva del motomondiale. Ha debuttato nel 2002, agli albori della categoria ed è l'unico prototipo che da allora è arrivato a oggi, sostanzialmente invariata nei suoi fondamentali tecnici.

La M1 ha vinto 8 titoli mondiali piloti con Valentino Rossi, Jorge Lorenzo e Fabio Quartararo: ha reso grandi ed è diventata una icona della MotoGP insieme a questi fuoriclasse del motorsport, ma ora si appresta ad andare in pensione: sarà sostituita dal V4 di Iwata, progettato per tenere testa ai moderni motori di Ducati e altri costruttori.


Un debutto incerto

La categoria MotoGP viene varata nel 2002, con l'obiettivo di introdurre nel motomondiale dei mezzi più vicini alla produzione di serie, per lo meno sotto il profilo mediatico rispetto ai "vecchi" due tempi. D'altronde la superbike aveva avvicinato – se non superato- come prestazioni e spettacolo la classe 500. Honda presenta la RC211V, 5 cilindri e anche Suzuki schiera la propria GSV-R, con disposizione dei 4 cilindri a V. Yamaha sceglie invece la strada del 4 in linea, anche per ricalcare lo schema tecnico adottato per la propria supersportiva in commercio, la R1.

Il telaio, un Deltabox derivato della 500 da gran premio, è molto compatto. Il progettista del tempo, Masazako Shiohara, disegna inizialmente un propulsore di “soli” 942cc da alloggiare al suo interno, con l'obiettivo di favorire la maneggevolezza in luogo della potenza pura. L'alimentazione è a carburatori. 

I primi risultati non sono entusiasmanti: la Honda pilotata da Valentino Rossi domina la scena nei primi due anni della nuova classe, mentre i tecnici di Iwata cercano di risolvere i problemi derivanti da un propulsore non potente come quello della concorrenza, ma che allo stesso tempo stressa il telaio, soprattutto in fase di frenata, per via dell'inevitabile inerzia generata dal freno motore.


L'arrivo di Valentino

Il mito della M1, o piuttosto la sua trasformazione da brutto anatroccolo a cigno, nasce con l'arrivo di Valentino in Yamaha nel 2004. La trattativa per portare il campione di Tavullia alla corte di Davide Brivio prende forma nell'estate del 2003: è un corteggiamento furtivo, che all'inizio sembra più un miraggio che una concreta possibilità, dato il dominio dell'italiano con la Honda. Dopo diverse riunioni notturne nel paddock, al riparo da occhi indiscreti, Rossi accetta, chiedendo però garanzie tecniche e la possibilità di portare in Yamaha il proprio capotecnico, Jeremy Burgess.

Il progetto viene affidato a Masao Furusawa: vengono realizzati quattro differenti motori, due a 5 valvole per cilindro e due a 4 valvole. Valentino sceglie il secondo 4 valvole, con configurazione di scoppio irregolare e albero motore cross-plane. Lo chassis viene reso più lungo e alto, con la M1 che diventa una moto di dimensioni più simili alla concorrenza.

Il debutto ha i contorni del sogno che si avvera: in Sudafrica, a moto invertite, Rossi batte subito Biaggi sulla Honda. È il primo di 9 successi in stagione, il Dottore domina la stagione, precedendo ben 5 piloti HRC in classifica generale. Il 2005 si muove sulla falsariga dell'anno precedente, con l'unica differenza che le vittorie sono addirittura 11 e il secondo mondiale in fila arriva in carrozza.


Riduzione di cilindrata

Dopo due anni di dominio, nel 2006 la stagione di Yamaha si fa complicata: il nuovo telaio innesca un fastidioso chattering sulla M1, la stagione si conclude con il titolo lasciato da Rossi nella ghiaia di Valencia. Il 2007 è segnato dalla riduzione di cilindrata da 1000 a 800cc: Ducati, insieme a Bridgestone, indovina l'accoppiata moto-pneumatici, Valentino soffre nel confronto con Stoner.

Sotto il profilo tecnico, la M1 guadagna le valvole pneumatiche, che riescono a garantire una migliore risposta agli altissimi regimi a cui il motore ormai è sottoposto, arrivando a sfiorare i 18.000 giri/min.

Il passaggio alle Bridgestone nel 2008 (nel 2009 per Lorenzo), consente a Rossi di tornare in lotta per il mondiale e di vincerlo, di bissarlo nel 2009. Il compagno di squadra conquista il suo primo alloro nel 2010, replicato poi nel 2012.


La configurazione attuale

Il 2012 segna anche il passaggio all'attuale cilindrata di 1000cc, nel 2015 la M1 guadagna finalmente il cambio seamless (senza interruzione di trasmissione tra un rapporto e l'altro) anche in scalata.

Il 2016 è un anno di cambiamenti epocali: Bridgestone viene sostituita da Michelin e il passaggio alle nuove coperture si rivela penalizzante per Yamaha. Le coperture giapponesi erano famose per l'anteriore granitico, le francesi invece sono costruite per sfruttare l'extra-grip al posteriore. La moto rende di più sfruttando la trazione, piuttosto che la staccata, la velocità di pick-up e nel mettere i cavalli a terra rapidamente in uscita di curva sono fondamentali per performare al meglio.

Inoltre, Ducati investe pesantemente nell'aerodinamica: Borgo Panigale ha cavalleria da vendere e può “sacrificare” potenza per generare carico, mentre in Yamaha non ci si può permettere questo lusso.

La M1 passa dalle 11 vittorie del 2015 alle 6 del 2016. Nel 2017 i successi sono 4, solo uno nel 2018, con una competitività sempre meno efficace.


L'arrivo di Quartararo

La M1 conserva le sue linee eleganti e senza tempo, ma mentre Ducati spinge sullo sviluppo tecnico e Honda si affida al talento di Marquez, Yamaha resta in una sorta di impasse tecnico che non si può limitare agli svantaggi del 4 in linea, rispetto ai più performanti motori V4. La dimostrazione è nel box Suzuki, dove con la GSX-RR il team di Brivio riesce a conquistare il mondiale nel 2020.

L'arrivo di Fabio Quartararo in Yamaha nel 2019 permette a Yamaha di ritrovare se non altro un campione di primissimo livello: il francese mostra il proprio talento a tutti con ben 6 pole position nel suo anno da rookie, sfiora il titolo nel 2020, lo conquista infine nel 2021.

El Diablo riesce a sfruttare al massimo il potenziale della M1 in qualifica: quando può disegnare le proprie linee, la M1 si dimostra ancora una moto velocissima in piega e stabile nei curvoni. Quartararo riesce spesso a involarsi in gara per cavalcate solitarie e vincenti, ma soffre in bagarre, con la pressione della gomma anteriore che sale fuori controllo, impedendogli di fermare la moto come vorrebbe. Il titolo 2022 viene perso nonostante una margine a metà stagione di ben 91 punti in classifica.


Il futuro è V4

Dal 2023 in poi Yamaha non ha più vinto una gara, il divario in termini di potenza e capacità di metterla a terra con Ducati si è fatto via via incolmabile. Il nuovo corso tecnico, rappresentato dal progettista Max Bartolini e dal motorista Luca Marmorini, ha puntato su un inedito V4 che debutterà già nell'ultima stagione della cilindrata mille, prima dell'avvento degli 850cc nel 2027.

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