Suzuki RGV Γ 500: con Kenny Roberts Jr il canto del cigno
Nel 2000 il prototipo di Hamamatsu riuscì a conquistare il mondiale, interrompendo il dominio Honda che durava dal 1994. Meno potente della rivale, aveva il suo punto di forza nella maneggevolezza
Le vittorie mondiali di Suzuki nella classe regina del motociclismo sportivo in questo ultimo quarto di secolo sono state solo due: il campionato conquistato da Joan Mir con la GSX-RR nel 2020 e quello di due decenni prima, vinto da Kenny Roberts Junior con la RGV Γ 500. In entrambe le occasioni si è trattato di affermazioni sporadiche, ma con moto decisamente “indovinate” sotto il profilo tecnico. La Gamma in particolare è stata l'ultima esponente della saga delle due tempi di Hamamatsu nel motomondiale, l'ultima capace di rompere il dominio di Honda, al tramonto della categoria.
Una storia vincente
Suzuki può giustamente vantarsi di essere stata la prima casa a vincere con il due tempi nella classe regina del motomondiale. È il 1971 e il neozelandese Jack Findley riscrive i libri di storia in occasione del Gran Premio dell’Ulster. Seguono poi le tante affermazioni di Barry Sheene, i successi dei nostri Marco Lucchinelli e Franco Uncini, le gesta impagabili di Kevin Schwantz.
La prima RGV Gamma nasce nel 1987 in sostituzione della precedente RG con cilindri in quadrato: appare sulla scena insieme all'arrivo in Europa del grande campione texano. Con lui divide equamente vittorie e delusioni: il motore è un superquadro (56x50,6) con aspirazione lamellare nel carter. Solo dieci anni più tardi il propulsore V4 bialbero cambia quote, diventando perfettamente quadro (54x54). La moto è una delle più versatili della griglia ma, dopo il ritiro di Schwantz, Suzuki brancola nel buio tanto sul fronte della leadership in pista che deella direzione tecnica da intraprendere. Tre anni trascorrono senza successi ed è solo con il 1999 che il progetto di Hamamatsu torna a essere vincente.
Cambio di passo
La nuova Suzuki porta la sigla di progetto XR89 e viene rivoltata come un calzino nelle geometrie da Warren Willing, che la rende ancora più maneggevole. Il neo guru proviene dal team di Kenny Roberts e dalla fallimentare esperienza del progetto homemade voluto dal californiano con la sua KR prodotta in collaborazione con Tom Walkinshaw. Willing porta in Suzuki tanta voglia di innovare e anche Junior, fino ad allora considerato sostanzialmente “solo” il figlio del vulcanico padre. La coppia funziona e già nel 1999 la RGV si mostra competitiva. I 180 cavalli espressi non la spingono alle velocità maturate sul dritto dalla Honda NSR, ma la nuova distribuzione dei pesi rende la moto molto efficace. Le masse vengono portate maggiormente verso l'anteriore (54% contro 46% al posteriore), le sospensioni Showa vengono sostituite da delle Öhlins. L'alimentazione a carburatori ha già abbandonato i Mikuni dalla stagione precedente in favore dei più performanti Keihin da 36mm di diametro. La linea, che cerca di sfruttare al meglio l'aerodinamica, può piacere o meno: è inconfondibile con il grande codone che guarda all'ingiù e che diventa un marchio di fabbrica anche per le GSX-R di produzione. Il peso è di 132 chilogrammi.
Il successo arriva già nel gran premio di apertura della stagione, con Kenny Roberts Junior che riesce a imporsi su Carlos Checa e Mick Doohan, bissando il successo anche nella successiva gara in Giappone. L'uscita di scena del 5 volte campione del mondo australiano a Jerez de la Frontera per infortunio trasforma il mondiale in un affare a due tra il californiano e Alex Criville. A fine stagione Roberts Jr. però non riesce a recuperare sullo spagnolo e una Honda globalmente più performante: chiude staccato di 47 punti, con 4 vittorie all'attivo.

L'anno buono
La ricetta per l'anno 2000 non cambia: maneggevolezza invece di potenza bruta. La NSR vanta una quindicina di cavalli in più, ma i 185 espressi dalla Suzuki sono più che sufficienti, grazie a una curva di erogazione migliorata tra i 5000 e i 9000 giri/min e a un allungo che riesce finalmente a spingersi oltre il muro dei 14.000 giri/min. L'angolo tra i cilindri – con misure di alesaggio x corsa ora di 54,0x54,5- viene allargato, portandolo da 70° a 80°, in modo da alloggiare meglio i pacchi lamellari. Viene anche rivista la configurazione di scoppio: si torna al big-bang, che favorisce la trazione ai medi regimi, anche se permane qualche problema di consumo gomma dovuto all'eccesso di freno motore. Suzuki sperimenta la soluzione da 16,5” per la ruota anteriore, ma si decide poi di mantenere la 17” per l'intero campionato.
La stagione parte bene quanto la precedente, o forse meglio. Junior centra due vittorie e un secondo posto nelle prime quattro gare. Mentre Valentino Rossi apprende i segreti della mezzo di litro, Max Biaggi non trova la quadra con la sua Yamaha e Alex Criville è l'ombra del campione del 1999, il pilota Suzuki prende il largo in classifica. Nel corso della stagione la sua RGV Γ si dimostra una moto molto efficace sul bagnato e il californiano è bravo a giocarsi bene tutte le carte a proprio favore. Anche nel 2000, Roberts Jr. vince “solo” 4 gare, ma arriva altrettante volte secondo al traguardo e va sempre a punti, con l'eccezione di un solo ritiro. Nel gran premio del Brasile Kenny si laurea campione, a vent'anni di distanza esatti dal successo di suo padre.

Verso il futuro
Il 2001 è l'ultimo anno di vita della RGV Gamma, che però non onora al meglio il numero uno sul cupolino. Arriva solo una vittoria e nemmeno per mano del campione in carica, ma del compagno di squadra Sete Gibernau. In Suzuki la mente è già rivolta all'anno successivo e alla prima quattro tempi della nuova era MotoGP. La GSV-R non avrà gran fortuna e otterrà un solo successo – sul bagnato, con Vermeulen nel 2006- nella sua lunga carriera. Ma questa è un'altra storia.