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Dalle due alle quattro ruote: la magia riuscita quasi solo agli inglesi

Surtees è stato l'unico iridato sia nel motomondiale che in F1, ma pure Hailwood fu molto competitivo. Mike "The Bike" riuscì anche a vincere una volta tornato alle due ruote. Cecotto trovò soddisfazione nel Turismo, Hill passò da corriere in moto a campione del mondo di F1. Schumi tentò il percorso inverso, ma senza successo
Se spesso i piloti italiani sono stati tentati dal passaggio dalle due alle quattro ruote, sono stati soprattutto gli stranieri a ottenere i migliori risultati, addirittura eclatanti in due casi non proprio recentissimi. Guido Sassi ci porta a spasso negli ultimi 60 anni di motorsport per conoscere le vicende più popolari.

Sette titoli più uno
La storia di maggior successo è anche la più nota e quella più lontana nel tempo: John Surtees vinse sette campionati del mondo, 4 nella classe 500 e 3 nella 350 in sella alla MV Agusta. Nei suoi 9 anni di motomondiale si aggiudicò 38 gare su 51 partenze e per l'intero biennio 1958-59 si classificò primo in tutte le gare concluse nelle due categorie. Il pilota inglese debuttò con le quattro ruote nel suo ultimo anno di motomondiale e il suo impatto in F1 fu subito significativo: conquistò un podio dietro al vincitore alla seconda gara del mondiale, siglò la pole position alla terza apparizione. Nel 1960 Surtees corse con una Lotus, ma nel biennio successivo utilizzò vetture non competitive che non gli permisero di mettersi in luce. Fu quindi Enzo Ferrari a scommettere sulle potenzialità del pilota britannico. Nel 1963 John vinse la sua prima gara con la Rossa, l'anno successivo si laureò campione del mondo. Dopo il brusco divorzio da Maranello nel 1966 - per dissapori legati alla partecipazione alla 24 ore di Le Mans- Surtees ottenne ancora qualche vittoria prima di tentare con alterne fortune la carriera di proprietario dell'omonimo team.

"The Bike" ma non solo
Fu proprio un altro motociclista di successo a regalargli una delle più importanti soddisfazioni come costruttore: il grande Mike Hailwood aveva già corso un'intera stagione di F1 nel 1964, ma fu l'incontro con Surtees a rivelarsi particolarmente proficuo per entrambi. Il 1972 fu la migliore stagione del binomio, con Mike “The Bike” che si aggiudicò il campionato europeo di F2. Hailwood regalò a John anche un prestigioso secondo posto al Gp d'Italia a Monza nella stessa stagione, il migliore risultato di sempre per la scuderia britannica. Hailwood fu anche l'unico pilota capace di ritornare alle moto con successo dopo il periodo a quattro ruote. Leggendaria rimarrà per sempre la vittoria su Ducati al Tourist Trophy del 1978 (cat. F1), bissata l'anno successivo nel Senior TT con Suzuki.

Un talento dal Sudamerica
Un altro pilota competitivo ai massimi livelli in entrambi gli sport è stato Johnny Cecotto: il venezuelano di origini friulane ha vinto in moto il mondiale classe 350 nel 1975 e quello della 750 tre anni più tardi. Con le monoposto è andato vicino al titolo di F2 nel 1982, per poi disputare due stagioni difficili in F1, la seconda interrotta prematuramente per uno spaventoso incidente patito a Silverstone. Cecotto, che era compagno di squadra di un debuttante Ayrton Senna, riuscì poi comunque a togliersi diverse soddisfazioni con le vetture turismo, laureandosi campione prima in Italia nel 1989 e poi in Germania per due volte nella seconda metà degli anni '90.

Dalle consegne alla Williams
L'ultima migrazione di successo è avvenuta pochi anni dopo, ed è l'unico caso tra quelli passati in rassegna nel quale la carriera automobilistica è stata di gran lunga migliore rispetto a quella in moto. Damon Hill - figlio del due volte campione del mondo di F1 Graham-, mosse i primi passi nel motorsport come pilota di moto. Addirittura tra i suoi primi impieghi ci fu quello di corriere su due ruote, e grazie ai guadagni faticosamente conseguiti riuscì a garantirsi gli introiti minimi per partecipare a gare amatoriali. Iniziò nel 1981 e nel 1983 fu premiato come Champions of Brands grazie alle 40 vittorie conseguite in stagione. La famiglia Hill non navigava nell'oro dopo la scomparsa di Graham ma fu comunque la madre di Damon, Bette, a convincerlo del passaggio alle auto, ritenute meno pericolose. Hill iniziò la propria carriera con le monoposto a 24 anni - pur non senza qualche resistenza- e fece tutta la gavetta delle formule minori. Damon arrivò al mondiale di F1ormai 32enne e senza alcun successo alle spalle. Qualche buona prestazione con la Brabham e il ritiro di Mansell aprirono le porte della Williams nel 1993 a Damon. Il figlio d'arte ottenne tre vittorie da quasi debuttante in quella stagione al fianco di Prost. La morte di Senna l'anno successivo lo promosse a pilota di punta della scuderia, con cui conquistò infine il titolo nel 1996.

Da Rossa a Rossa
Gli ultimi venticinque anni di motorsport non ci hanno più regalato storie sensazionali e l'unico vero tentativo lo ha compiuto in direzione contraria uno dei grandi rivali di Damon, Michael Schumacher. Il pilota tedesco provò a cimentarsi nell'IDM, il campionato tedesco Superbike, senza riuscire mai però a ottenere risultati di rilievo. Comunque, già in precedenza Schumi aveva testato moto di altissimo livello in pista. Michael aveva girato al Mugello nel 2005 con la Ducati Desmosedici da 990cc e due anni più tardi a Valencia con la 800cc di Stoner, vincitrice del mondiale. Schumacher era stato capace di far segnare un 1'37” alto come miglior tempo, fermandosi a circa 5 secondi dal record segnato da Pedrosa il giorno precedente.
Proprio Dani ha recentemente provato una Formula 1. L'anno scorso il pilota spagnolo ha girato a Spielberg con una Red Bull del 2012. Più che discreti i suoi tempi, migliori anche di quanto fatto registrare da Marc Marquez, anche lui alle prese con la belva disegnata da Adrian Newey. Per entrambi si è trattato però solamente di un'iniziativa promozionale, così come per Jorge Lorenzo. Anche il maiorchino, grande appassionato di F1, aveva coronato il proprio sogno nel 2016. Il pentacampione aveva potuto provare la Mercedes W05 iridata nel 2014 con Lewis Hamilton. Jorge girò a Silverstone, sfoggiando per l'occasione un inconfondibile 99 rosso sul musetto.

Un percorso sempre più difficile
La specializzazione dei piloti fin dalla giovanissima età rende ormai quasi impossibile il passaggio di categoria: se alcuni di loro come Rossi, Lorenzo o Dovizioso possono occasionalmente correre e fare risultato con vetture a ruote coperte, le monoposto sono tutto un altro mondo. Il professionismo esasperato e le esigenze degli investitori rendono possibili molte più iniziative promozionali, ma proibitivo un approccio finalizzato al cambio di carriera. In futuro sarà davvero difficile vedere un altro John Surtees dominare la scena.
 

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