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Promossi&Bocciati, il meglio e il peggio della MotoGP in Qatar

La MotoGP lascia Losail con un Dovizioso in versione torero, Vinales deve riflettere su messa a punto e set up della moto in gara. I distacchi al traguardo si assottigliano sempre più: 23 millesimi tra il vincitore e Marquez, la top ten in meno di dieci secondi. I gran premi diventano più tattici, ma i sorpassi non mancano e la varietà di moto al traguardo è una ricchezza da tutelare.
La stagione del motomondiale è appena cominciata, ma tra sorpassi e polemiche il clima del paddock si è già acceso come una gomma supersoft. E allora - insieme al nostro Guido Sassi-, riviviamo i top e flop del weekend di gara in Promossi&Bocciati: uno spazio che ci accompagnerà di gran premio in gran premio fino all’epilogo di Valencia, per ragionare a motori spenti su quanto abbiamo visto.

Se piangi, se ridi
Il migliore e il peggiore della gara? Facile decretare il primo, un pochino più complesso invece stabilire il secondo. La palma del numero uno sull’asfalto qatariota va inequivocabilmente ad Andrea Dovizioso, a prescindere che la sua vittoria sia sub iudice. Il romagnolo aveva centrato il primo posto a Losail anche nel 2018, ma l’anno scorso il suo successo era stato favorito da una Ducati impressionante in rettilineo, efficace sul resto del tracciato. Quest’anno la Rossa di Borgo Panigale ha invece pagato qualcosina nei confronti della Honda proprio in termini velocistici, e Marquez è apparso pericoloso come non mai praticamente in ogni punto del tracciato. Dovizioso ha corso con il campione del mondo in carica che gli ha fatto sentire il fiato sul collo per 22 giri e il fastidioso diversivo di un Alex Rins fino a 6 tornate dalla fine. Ha avuto però la calma dei forti: "Dovevo evitare che se ne andasse in fuga, ma allo stesso tempo non volevo spingere troppo per non rovinare le gomme". Desmo Dovi si è alternato dei panni di stopper e attaccante, alla fine ha avuto ragione e si è portato a casa il pallone.
Dire peggiore è una caricatura, ma la gara di Maverick Vinales non convince. In termini di punti il settimo posto non è poi tanto peggio del quinto di Valentino, ma le premesse, stando alle stesse dichiarazioni dello spagnolo, erano altre. Partire dalla pole può illudere di avere le carte giuste in mano, ma è la stessa analisi del pilota Yamaha a lasciare perplessi: "Quando posso fare le mie linee riesco a guidare molto forte, ma in gara non ce la faccio". I casi però a questo punto diventano due: o Vinales migliora il suo approccio alla partenza e alla prima fase di gara, quasi sempre in pesante passivo, o inizia a lavorare sulla moto per farla funzionare in un range di situazioni più ampio. Al di là delle estremizzazioni, da ormai più di un anno Vinales è un’altalena di risultati (e con questa Yamaha c’è da perdonarlo), ma anche di opinioni sulla moto. La M1 viene descritta alternativamente come fantastica o inguidabile. Meno male che c’è Rossi a fare invariabilmente la media dei due giudizi, tenendo ben salda la bussola dello sviluppo. Le difficoltà che Yamaha sta incontrando necessitano anche di tutto il talento (moltissimo) di Vinales, o sarà sempre più difficile recuperare su Ducati e Honda.

Oscar del sorpasso
L’incrocio tra Dovizioso e Marquez all’ultima curva ormai sta diventando un classico: siamo al quinto episodio della serie in un anno e mezzo: Austria e Giappone 2017, Qatar 2018 e 2019. Il gol della bandiera, in questo particolarissimo tipo di confronto, il Cabroncito lo ha segnato l’anno scorso in Thailandia. Ma la curva 16 di Losail rischia di diventare un cruccio per il 7 volte iridato. Rispetto al 2018, per Dovi questa volta è stato anche più difficile: oltre a fare la curva il ducatista si è dovuto preoccupare di schivare l’affondo di Marquez e lo ha fatto con il mirabile tempismo di un torero che scansa la carica. Il ginocchio destro è tornato in carena quando il 93 è passato dritto per dritto, poi il ducatista forse ha respirato, e riattaccato il gas reattivo più che mai. Il tutto mentre l’avversario cercava di domare un anteriore che si era già quasi arreso alla gravità. Meno male: vista l’accelerazione di questa Honda, un indugio di qualche frazione di secondo sarebbe costato certamente il primo posto al forlivese.

Data check
Confermiamo, sono 23 millesimi che separano Dovizioso e Marquez al traguardo: 4 in meno dell’anno scorso. Siamo prossimi al nulla, e nei 352 km/h registrati dal pilota Honda alla speed trap a inizio gara ci sono una parziale spiegazione del distacco. Il motore e l’elettronica di Hrc hanno fatto un bel balzo in avanti. Un problema in prospettiva, anche se Dovizioso la vede da un’altro punto di vista: "Sicuramente hanno fatto uno step, ma non è detto che quello che funziona qui non dia qualche problema in altri circuiti". La MotoGP di oggi è una coperta corta nel rapporto con gli pneumatici: tanta potenza a terra potrebbe creare qualche insospettato grattacapo ai tecnici Honda in futuro.

Meditate gente
Lo ha detto Dovizioso, lo hanno evidenziato le inquadrature televisive: la gara è stata corsa per più della metà a un’andatura di gestione: "piano piano" è la letterale traduzione di Marquez. Il gruppetto di quasi dieci piloti che è rimasto agganciato al primo treno si è sgretolato nelle ultime sei tornate, quando la top five di fine gara ha iniziato a girare sotto il minuto e 56 secondi. D’altronde il giro più veloce lo ha siglato Quartararo al terzo giro. Il tutto, come sappiamo, per via delle gomme: pensate, nate e costruite per funzionare al massimo della prestazione per un numero di giri ben inferiore alla distanza gara. Non è che Michelin non sia in grado di fornire una gomma prestazionale sul lungo periodo, semplicemente non la produce. Perché se tutti andassero sempre al massimo delle possibilità offerte dalle rispettive moto, i distacchi in gara aumenterebbero e non ci troveremmo con 10 piloti in 9 secondi e 6 decimi al traguardo. Al quarto anno di fornitura francese i piloti hanno imparato a non farsi ingolosire da aspirazioni di fuga, e prima di attaccare ci pensano, eccome. Lo spettacolo c’è, ma si fa attendere sempre più verso il finale del gran premio. A voi piace così? A me sì, perché mi ricordo degli anni passati a guardare gli assoli in testa di Lorenzo, Stoner, Pedrosa, a fare il conto dell'aumentare del distacco a ogni passaggio sul traguardo. A patto che questa tendenza all'attesa non si accentui ulteriormente, i sorpassi non mancano e ci troviamo con 5 case diverse nelle prime dieci moto al traguardo. Varietà ed emozioni garantite.
 
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