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Intervista Carlo Pernat: “Sono un fancazzista a cui piace lavorare ”

È uscito in tutte le librerie “Belin, che paddock!” il libro di Carlo Pernat che raccoglie gli aneddoti più succosi di tutta la sua quarantennale carriera. Il manager genovese l’ha presentato nella cornice del Mugello, durante il GP d’Italia, e in questa occasione gli abbiamo potuto fare qualche domanda
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Pernat borderline
Tra le persone che si sono contraddistinte all'interno del paddock da tempo c'è Carlo Pernat, manager genovese diventato famoso per aver collaborato con i piloti più veloci. Dopo quarant'anni di carriera Pernat ha scritto un libro, intitolato "Belin, che paddock!" che ha ufficialmente presentato durante il Gran Premio d'Italia sul circuito del Mugello. La nostra Serena Zunino ha potuto fare una chiacchierata con lui, sul suo passato, presente e futuro.

Com’è nata questa idea?
Innanzitutto preciso che non è un’autobiografia, ma è un racconto di aneddoti. Chiaramente c’è anche la storia di come sono cresciuto lavorativamente parlando. Ci sono tanti capitoli, su situazioni completamente diverse. È stato un piacere farlo quando mi ha chiamato Mondadori. L’ho fatto scrivere a Massimo Calandri, genovese come me e devo dire che l’ha scritto in un modo meraviglioso, come se fossi io a parlare. Mi ha dato molta soddisfazione la presentazione che ho fatto, c’erano tutti: da Ezpeleta a Dovizioso, a Loris, tutti i piloti. Mi ha fatto capire che c’è ancora tanta amicizia. Al di là delle capacità, a me interessa più il lato umano.

Come ha pensato a questa struttura del libro?
Ho subito pensato di fare solo aneddoti perché ce n’erano davvero tanti in 40 anni di carriera, su tutti gli argomenti: sesso, droga, rock’n’roll, auto, moto, Formula 1. Molte persone l’hanno già letto e l’hanno divorato in tre ore, questo mi ha dato un grossa soddisfazione. Vuol dire che sono capitoli belli, simpatici, veri, diversi e quindi si ha voglia di capire tutto. Secondo me è la forza vincente.

C’è qualcosa che non si è potuto raccontare?
Ovviamente, però diciamo che per il 70% la valigia l’ho aperta. Non è detto che tra qualche anno faccia un’altra edizione con il 30% mancante. Potrebbe avere un seguito, quando chiaramente non metterò più piede nel paddock, altrimenti mi prendo bastonate! (ride) Tra l’altro devo dire che la Mondadori ha censurato un centinaio di pagine, per un discorso legale. Però c’è della bella roba lo stesso, molto borderline.

Qual è stato uno degli eventi che ha segnato la sua carriera nel paddock?
Gli eventi sono stati tutti eventi. La vita l’ho vissuta io, non è stato un evento che mi ha cambiato, sono io che ho voluto cambiare un evento. La mia filosofia è che il tempo non passa, il tempo arriva. Te la costruisci tu la vita. Quello che hai fatto fino a ieri non conta niente. Per cui li ho voluti, facendo anche degli errori e li rifarei lo stesso: andare in Cagiva, lasciare la Piaggio, andare in Aprilia, non tornare in Gilera, prendere Valentino che non lo volevano in Aprilia. Ho voluto fare io tante cose, molte sono andate bene e qualcuna no.

Come è nato tutto?
Sono stato un fancazzista fino a 26 anni. La mia professione era "fuori corsista dell’università di economia e commercio". Risposi poi a un annuncio su Il Secolo di Genova, dove c’era un’azienda che cercava gente disposta a viaggiare e che conosceva le lingue. Quest’azienda era la Piaggio, mi hanno assunto in 5 minuti. Mollai la Leni, un buon posto a Roma e presi una sberla da mio padre, però sono contento di averlo fatto.

Com’è cambiato Carlo Pernat in questi anni?
Sono sempre lo stesso e combatto contro le novità. Che è sbagliato! Sono rimasto quello che ero: una persona a cui piace la compagnia. Cerco di mettere in tutto simpatia e normalità, per questo bisogna avere carattere. Non cambierò mai, sono quello che ero 30 anni fa.

Chi è Carlo Pernat?
Un fancazzista a cui piace lavorare, o un lavoratore fancazzista. Simpatico, amico di tutti, non incazzoso, brillante.

Come mai dovrebbero comprare il suo libro?
Perché c’è la storia, ci sono aneddoti incredibili di questo mondo che la gente non sa e neanche si immagina. Ogni capitolo è una storia diversa, ma avrete capitoli su personaggi famosi di cose che vi faranno ridere e a volte anche arrabbiare.

C’è un personaggio nel mondo del motociclismo con cui avrebbe voluto che le cose andassero in maniera diversa?
Iannone, con gli altri è andato tutto bene. Ho sempre pensato che Andrea potesse diventare un gran campione, invece ho mezzo fallito. Ho fatto bene con tutti gli altri, da Valentino a Biaggi, Locatelli, Perugini, Gramigni, e con lui non ci sono riuscito. Meno male che questo fallimento è arrivato a 70 anni, se fosse arrivato a 40 anni sarebbe stato peggio.

Valentino Rossi intervistato da Meda ha detto che la scenetta con la bambola gonfiabile non era una risposta a Biaggi.
Lui può dire quello che vuole. Era una risposta a Biaggi perché gli dava molto fastidio che ci fossero le foto con la Cambpell su tutti i giornali e c’era una bella guerra di comunicazione. Confermo assolutamente!

Quali sono i suoi progetti futuri?
Ora seguo Tony Arbolino ed Enea Bastianini, oltre a dare una mano come consulente a Iannone. Spero che questi ragazzini di 18 e 20 anni non diventino orfani del manager quando andranno in MotoGP!

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